Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 16099 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 16099 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
G.R.
nato a omissis
avverso l’ordinanza del 01/09/2023 del TRIBUNALE di RAGUSA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito il difensore, avvocato NOME COGNOME difensore di fiducia dell’imputato GLYPH G.R. GLYPH I, che si è riportato ai mol:ivi di ricorso e ha insistito per l’accoglimento dello stesso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con provvedimento del 1 settembre 2023 il Tribunale di Ragusa, in funzione di giudice di appello, ha dichiarato inammissibile per tardività l’impugnazione proposta nell’interesse di G.R. avverso la pronuncia con motivazione contestuale
emessa dal Giudice di Pace in data il 20 febbraio 2023, che aveva condannato il predetto imputato per il reato di lesioni.
Avverso il suindicato provvedimento ricorre per cassazione l’imputato, tramite il difensore di fiducia, deducendo, con l’unico motivo articolato, la violazione dell’art. comma 4, d.lgs. n. 274/2000 e dell’art. 585 del codice di rito.
Osserva la difesa che, in tema di motivazione contestuale, la disciplina generale contenuta nell’art. 544, comma 1, cod. proc. peri. prevede che la motivazione sia redatta subito dopo la redazione e sottoscrizione del dispositivo. L’articolo 32, comma 4, del decret legislativo n. 274/2000 prevede invece che la motivazione sia depositata entro 15 giorni dalla lettura del dispositivo di sentenza; in alternativa, il giudice può dettare la motiva direttamente a verbale.
Come affermato da questa Corte, tale disciplina riveste caraCere derogatorio rispetto all’art. 544 cod.proc.pen. e ciò significa che tale articolo non può trovare applicazione materia di sentenze emesse dal Giudice di pace.
In ragione di ciò, sostiene la difesa che, a tenore dell’art. 32, comma 4, del decret legislativo n. 274/2000, l’unica ipotesi di motivazione contestuale di una sentenza de giudice di pace si ha quando la motivazione viene dettata a verbale, ipotesi questa non ricorrente nel caso di specie.
Ne consegue che il Tribunale ha erroneamente ritenuto ricorrere nel caso di specie l’ipotesi della motivazione contestuale.
Peraltro, questa Corte ha già affermato che in tema di sentenze del giudice di pace, a prescindere dalla circostanza che la motivazione sia stata dettata a verbale oppure depositata nel termine di giorni 15 dalla lettura del dispositivo, il termine per prop impugnazione è in ogni caso quello di giorni 30 di cui all’art. 585, comma 2 lett. cod.proc.pen., decorrente per le parti presenti dal quindicesimo giorno successivo all’emissione della sentenza. Dall’applicazione di tale principio consegue che nel caso d specie il termine per proporre appello, decorrente dal 8 marzo 2023 (essendo stata la sentenza emessa in data 20 febbraio 2023) era quello di giorni 30, aumentato di giorni 15 ex articolo 585, comma 1-bis, e veniva pertanto a scadenza in data 21 aprile 2023, sicché l’appello depositato il 20 aprile 2023 era certamente tempestivo.
Le parti hanno concluso in pubblica udienza come riportato in epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
1.1. Dagli atti processuali – aì quali questa Corte ha accesso trattandosi di valutare un questione processuale – emerge che nella specie il Giudice di pace aveva proceduto al deposito del provvedimento, redatto con cd. motivazione contestuale, in udienza – come da verbale in atti del 20.2.2023, al quale era allegato – sicché il termine per impugnare secondo la ricostruzione interpretativa qui propugnata che verrà di seguito illustrata base al combinato disposto di cui agli artt, 544, comma 1, e 585, comma 1, lett. a), cod. proc. pen. era quello di giorni quindici, decorrente, ai sensi dell’art. 585, comma 2, lett cod. proc. pen., dalla lettura del provvedimento in udienza.
Peraltro, rispetto a tale termine non era neppure applicabile l’allungamento di ulterior quindici giorni di cui all’art. 585, comma 1-bis, cod. proc. pen. – introdotto dall’a comma 1, lett. f), d.lgs. 150/2022, applicabile, ai sensi dell’art. 89, comma 3, dello ste decreto legislativo, alla sentenza pronunciata, come quella del caso di specie, dopo l’entrat in vigore della riforma e pertanto a partire dal 30.12.2022 (secondo quanto previsto dall’art.99-bis dl. 162/2022 convertito nella legge 199/2022) – dal momento che l’imputato era comparso all’udienza del 13 gennaio 2020, in cui era esperito il tentativo di conciliazio (non andato a buon fine); dunque difettava il presupposto applicativo della nuova citata disposizione, che espressamente prevede che il termine lungo per !mpugnare si applica nel solo caso in cui l’imputato è stato giudicato in assenza.
Correttamente, quindi, il Tribunale ha rilevato la tardività dell’appello propos avverso la sentenza pronunciata e depositata all’udienza del 20 febbraio 2023, solo in data 20 aprile 2023, mentre il termine per impugnare di quindici giorni era decorso in data 7 marzo 2023, ultimo giorno utile per l’impugnazione (termine per impugnare comunque decorso in data 22 marzo 2023, pure a tener conto dei quindici giorni di cui alla nuova disposizione dell’art. 585, comma 1-bis, del codice di rito).
1.2. Diversamente da quanto assume la difesa, la disciplina di cui all’art. 32 d.lgs. 274/2000 non comporta una deroga alla disciplina generale codicistica riguardo al termine breve per impugnare previsto per le sentenze redatte con cd. motivazione contestuale.
Ed invero, non vi sono ragioni per derogare alla regola generale dettata dal combinato disposto degli artt. 544, comma 1 e 585, comma 1, lett. a) e comma 2 lett. b), cod.proc.pen.
Né il tenore dell’art. 32, comma 4, d.lgs. n. 274/2000 depone per tale deroga: con l’espressione “Il giudice può dettare la motivazione direttamente a verbale” il legislatore non ha inteso assegnare a tale ipotesi una valenza derogatoria rispetto alla regola generale di cui all’art. 544, comma 1, cod.proc.pen., che prevede la possibilità di redigere una concisa esposizione dei motivi di fatto e di diritto subito dopo la sottoscrizione del disposi Invero, tenuto conto anche delle materie di competenza del Giudice di Pace, è stata prevista la possibilità di redigere la motivazione contestuale – anche – mediante la dettatura diret a verbale.
Si tratta di un’ipotesi non contemplata dal codice di rito, ma il legislatore introdotta con previsione specifica – non speciale – nell’ambito della disciplina procedimento presso il Giudice di pace, nel quale – è il caso di rammentare – si osservano, per tutto quanto non è previsto dal d.lgs. n. 274/2000, le norme del codice di rito, o applicabili, ai sensi dell’art. 2 del medesimo d.lgs. (che fa salve alcune eccezioni tra le q non figura la fattispecie in esame).
E che questa sia la ratio della disposizione di cui all’art. 32 in argomento balza evidente se si considera la complessiva disciplina del procedimento dinanzi al Giudice di pace, improntata a conferire maggiore celerità a tale rito in considerazione della non complessità delle materie trattate, che può giustificare una motivazione in forma semplificata o abbreviata.
Certamente compatibile con tale forma è non solo la stesura della motivazione mediante dettatura direttamente a verbale, ma anche la cd. redazione contestuale che implica l’adozione di atto separato rispetto al verbale al quale comunque è allegato.
Trattasi, all’evidenza, di modalità redazionale non affatto incompatibile con la ratio di celerità insita nella disciplina del procedimento del Giudice di pace, consentendo essa, a pari di quella della dettatura a verbale, comunque una maggiore semplificazione del rito che in tal modo si conclude col deposito immediato della motivazione alla stessa udienza deliberativa – rispetto all’ipotesi del deposito della motivazione entro il termine standard di quindici giorni.
Essa, per altro verso, si risolve unicamente in una diversa modalità di esecuzione della motivazione dettata a verbale, che per le sue caratteristiche – dettatura contestuale a dispositivo – è comunque riconducibile al novero della cd. motivazione contestuale.
Ciò che deve invece ritenersi incompatibile con tale disciplina è la possibilità allungamento del termine di deposito della motivazione di cui all’art. 544, comma 3, cod. proc. pen., previsto nel caso di particolare complessità del procedimento, ipotesi a priori non configurabile in relazione al procedimento del Giudice di pace.
Tale impostazione interpretativa trova precisi addentellati in quella giurisprudenza d questa Corte – qui condivisa per il rigore interpretativo aderente al dettato normativo e a ratio che lo sostiene – secondo cui in tema di impugnazioni, la previsione di cui all’art. del D.Lgs. 28 agosto 2000, n. 274 – per la quale il Giudice di pace deve depositare la motivazione entro quindici giorni qualora non la detti a verbale – implica che quest’ulti non possa autoassegnarsi un termine diverso e maggiore, non consentito dal predetto art. 32, che in parte qua, è il caso di aggiungere – riveste carattere derogatorio rispetto all’art 544 cod. proc. pen. (cfr. da ultimo Sez. 4, n. 36767 del 17/11/2020, Rv. 280163 – 01; Sez. 5, Sentenza n. 9832 del 08/01/2014, Rv. 262737 01).
Né alla stregua di tali pronunce, che hanno precisato che il termine per impugnare è in ogni caso quello di giorni trenta decorrente, per le parti presenti, dal quindicesimo gio
successivo all’emissione della sentenza qualora tale termine sia stato rispettato nonostante l’assegnazione di uno maggiore e, per le parti non presenti e comunque nel caso di deposito della sentenza oltre il quindicesimo giorno, dall’epoca della notificazione ex art. 548 co proc. pen., si potrebbe avallare l’assunto che il termine per impugnare la sentenza del Giudice di pace sarebbe sempre quello di giorni trenta – anche in caso di motivazione cd. contestuale o dettata a verbale – trattandosi di principio, quello di cui alle citate sent affermato in relazione allo specifico caso dell’assegnazione da parte del Giudice di pace di un termine superiore a quindici giorni.
1.3. Ciò posto si deve ritenere che, in assenza di una regolamentazione specifica riguardo ai termini per impugnare le sentenze del Giudice di pace, non possano che trovare applicazione, ex art. 2 d.lgs. 274/2000, quelle di cui all’art. 585 del codice di rito, agganciano alle diverse modalità di formulazione della motivazione ritenute compatibili col rito del Giudice di pace.
Sicché, prevedendo il combinato disposto di cui ai commi 1 lett. a) e 2 lett. b) dell’a 585 cod. proc. pen. per l’impugnazione delle sentenze con cd. motivazione contestuale che sono, come detto, equiparabili a quelle del Giudice di pace dettate a verbale -, termine di giorni quindici per impugnare, è tale termine che avrebbe dovuto essere rispettato nel caso di specie.
Una deroga, peraltro non espressa, a tale previsione, che vorrebbe nell’impostazione difensiva l’applicazione del termine di giorni trenta in ogni caso, sarebbe palesemente i contrasto con la ratio di tendenziale semplicità delle decisioni del giudice di pace e con l’esigenza di celerità della giurisdizione ad esse relativa.
Né può ritenersi decisione di segno contrario quella indicata in ricorso (Sez. 5 n 42057/2017 del 13.6.2017 n.m.) dal momento che essa non affronta specificamente la questione in argomento, afferendo il suo caso ad una vicenda processuale in cui il giudice aveva considerato, errando, ai fini della determinazione del termine per impugnare, la data dell’effettivo deposito – anticipato – della sentenza in luogo di quello coincidente co scadenza del termine di deposito.
Dalle ragioni sin qui esposte deriva il rigetto del ricorso, cui consegue, per legge, art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese di procedimento.
In caso di diffusione del presente provvedimento devono essere omesse le generalità e gli altri dati identificativi a norma dell’art. 52 d.lgs. 196/03 in quanto imposto legge.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere le generalità e gli al identificativi a norma dell’art. 52 d.lgs. 196/03 in quanto imposto dalla legge.
Così deciso il 9/1/2024.