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Termini impugnazione e tempus regit actum: il caso

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso, confermando che i termini di impugnazione sono regolati dal principio “tempus regit actum”. Il caso riguardava un appello depositato tardivamente, per il quale l’imputato invocava erroneamente l’applicazione di una nuova norma più favorevole, introdotta successivamente alla data della sentenza. La Corte ha chiarito che le modifiche procedurali non hanno effetto retroattivo.

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Pubblicato il 26 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Termini Impugnazione: La Cassazione e il Principio “Tempus Regit Actum”

Il rispetto dei termini impugnazione è un pilastro fondamentale del processo penale. Un recente provvedimento della Corte di Cassazione, l’Ordinanza n. 2458/2024, offre un’importante lezione sulla non retroattività delle norme processuali e sulla prevalenza del principio tempus regit actum. La decisione chiarisce perché le nuove, e a volte più favorevoli, disposizioni normative non possono salvare un’impugnazione presentata tardivamente se la sentenza è stata emessa prima della loro entrata in vigore.

I Fatti del Caso: Un Appello Depositato Fuori Termine

Il caso ha origine da un’ordinanza della Corte d’Appello di Roma, che aveva dichiarato inammissibile l’appello di un imputato. Il motivo? L’atto era stato depositato oltre il termine perentorio stabilito dalla legge.

Il Tribunale di primo grado aveva pronunciato la sentenza il 14 luglio 2022, riservandosi 90 giorni per il deposito delle motivazioni. Tale termine scadeva il 26 novembre 2022. L’imputato, invece, aveva depositato il suo atto di appello solo il 7 dicembre 2022, ben oltre la scadenza.

L’imputato ha quindi proposto ricorso in Cassazione, basandolo su tre motivi principali, nel tentativo di giustificare il ritardo e ottenere l’ammissibilità del suo appello.

La Decisione della Corte di Cassazione e i Termini di Impugnazione

La Suprema Corte ha esaminato e rigettato tutti i motivi del ricorso, dichiarandolo manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. Vediamo nel dettaglio le argomentazioni della Corte.

Primo Motivo: Il Calcolo del Termine per il Deposito della Motivazione

L’imputato sosteneva una violazione nell’indicazione dei termini. La Cassazione ha rapidamente smentito questa tesi, confermando che, come risultava dall’ordinanza impugnata, il Tribunale aveva correttamente fissato un termine di 90 giorni. La scadenza era quindi il 26 novembre 2022, un termine non rispettato dall’appellante.

Secondo Motivo: La Disciplina dell’Assenza e la Notifica della Sentenza

Il ricorrente lamentava la mancata notifica dell’estratto della sentenza, un adempimento previsto dalla vecchia disciplina della contumacia. La Corte ha precisato che il processo si era svolto secondo le nuove regole sull’assenza dell’imputato, che non prevedono alcuna notifica dell’estratto di sentenza all’imputato assente, essendo sufficiente la rituale dichiarazione di assenza all’inizio del procedimento.

Terzo Motivo: L’Inapplicabilità della Nuova Normativa sui Termini Impugnazione

Questo è il punto centrale della decisione. L’imputato invocava l’applicazione del principio del favor rei per beneficiare dell’art. 585, comma 1-bis, c.p.p. (introdotto dal D.Lgs. 150/2022, la “Riforma Cartabia”), che concede un termine aggiuntivo di 15 giorni per l’impugnazione. La Cassazione ha respinto con forza questa argomentazione.

Le Motivazioni della Corte

La Suprema Corte ha chiarito un principio fondamentale del diritto processuale: tempus regit actum (il tempo regola l’atto). Le norme che disciplinano il processo sono quelle in vigore nel momento in cui l’atto processuale viene compiuto. La norma invocata dal ricorrente, che estende i termini impugnazione, è entrata in vigore il 31 dicembre 2022.

Poiché la sentenza di primo grado era stata pronunciata il 14 luglio 2022, essa ricadeva interamente sotto l’imperio della normativa precedente. La nuova disposizione non poteva essere applicata retroattivamente. Il principio del favor rei, che impone di applicare la legge più favorevole all’imputato, riguarda le norme di diritto penale sostanziale (quelle che definiscono i reati e le pene), ma non si estende, se non in casi eccezionali, alle norme processuali.

Conclusioni: L’Importanza del Principio “Tempus Regit Actum” in Procedura Penale

La decisione della Cassazione è un monito cruciale per tutti gli operatori del diritto. I termini impugnazione sono perentori e la loro violazione comporta la sanzione irrimediabile dell’inammissibilità. Non si può fare affidamento su modifiche normative successive per sanare un errore procedurale. Il principio tempus regit actum garantisce la certezza del diritto e l’ordinato svolgimento del processo, stabilendo che ogni fase è regolata dalle norme vigenti in quel preciso momento. La speranza di un’applicazione retroattiva di norme processuali più vantaggiose è, come dimostra questo caso, infondata e destinata al fallimento.

Quando si applica il nuovo termine di 15 giorni aggiuntivi per l’impugnazione previsto dalla Riforma Cartabia (art. 585, co. 1-bis, c.p.p.)?
Si applica esclusivamente alle impugnazioni proposte contro sentenze emesse in data successiva all’entrata in vigore della riforma, ovvero dopo il 31 dicembre 2022.

Se un imputato è assente al processo, ha diritto a ricevere la notifica dell’estratto della sentenza di condanna?
No. Secondo la disciplina dell’assenza attualmente in vigore, che ha sostituito quella della contumacia, non è prevista alcuna notifica dell’estratto della sentenza all’imputato dichiarato assente.

Il principio del favor rei (applicazione della norma più favorevole all’imputato) si applica alle norme processuali che modificano i termini per l’impugnazione?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che per le norme processuali vige il principio tempus regit actum (il tempo regola l’atto). Di conseguenza, si applica la legge in vigore al momento del compimento dell’atto (in questo caso, la data di pronuncia della sentenza), non una legge successiva, anche se più favorevole.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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