Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 2063 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 2063 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 03/12/2024
SENTENZA
Sui ricorsi presentati da:
NOMECOGNOMEnato in Albania il 09/03/1997;
COGNOME NOMECOGNOME nato a Rapallo il 14/08/1968,
avverso l’ordinanza del Tribunale del riesame di Venezia del 01/08/2024
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dr. NOME COGNOME cui il P.G. si è riportato in udienza, che ha concluso per il rigetto del ricorso. udita, per l’imputato COGNOME l’Avv. NOME COGNOME che ha insistito per l’accoglimento de ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza resa il 01/08/2024, il Tribunale del riesame di Venezia rigettava la richiesta di riesame proposta da NOME COGNOME e NOME COGNOME avverso l’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal GIP presso il Tribunale di Verona in data 12 luglio 2024.
Avverso l’ordinanza gli indagati propongono, tramite il comune difensore di fiducia, separati ricorsi per cassazione (sostanzialmente sovrapponibili, anche graficamente, nel contenuto).
2.1. Con un primo motivo, deducono violazione di legge e vizio di motivazione in riferimento all’articolo 303, comma 2, cod. proc. pen., laddove hanno ritenuto che la restituzione degli atti alla Procura di Verona, disposta dal GUP di Venezia in data 8 luglio 2024, fosse motivata da ragioni di incompetenza territoriale e che, di conseguenza, operi l’ipotesi di «rinvio ad altro giudice» prevista dalla norma invocata come presupposto del nuovo decorso dei termini di fase.
Evidenziano sul punto i ricorrenti come la giurisprudenza citata dai giudici del riesame sia inconferente al caso in esame, in cui non si discetta di competenza per territorio, ma di competenza «funzionale», quale quella attribuita per ragioni di connessione (nel caso di specie con il delitto associativo).
2.2. Con una seconda censura lamentano violazione di legge processuale nella parte in cui la nuova ordinanza giustifica la motivazione per relationem, cui non sarebbe consentito fare riferimento in presenza – come nel caso in esame – di uno spostamento del procedimento per competenza ai sensi dell’articolo 27 cod. proc. pen..
2.3. Con una terza doglianza lamentano violazione degli articoli 191 e 407 cod. proc. pen., violazione di legge processuale e vizio di motivazione.
Evidenziano i ricorrenti come i termini delle indagini fossero scaduti nel dicembre 2021 e che l’iscrizione del 31 maggio 2022 non fosse una nuova iscrizione, ma solo un “aggiornamento” di precedenti iscrizioni, riferendosi a quella giurisprudenza che ritiene necessario che i fatti ch hanno determinato la nuova iscrizione siano connotati da caratteri di “novità”, con conseguente inutilizzabilità di tutti gli atti di indagine successivi alla scadenza dei termini, specificame indicati nelle note di udienza, in cui si chiariva altresì la cronologia delle iscrizioni.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono inammissibili.
2. Il primo motivo è manifestamente infondato.
Questa Corte, come correttamente evidenziato dall’ordinanza impugnata, ritiene che, «in tema di termini di durata massima della custodia cautelare, la trasmissione degli atti del procedimento ad altro giudice per ragioni di competenza territoriale comporta il nuovo decorso dei termini di fase della custodia cautelare» (Sez. 4, n. 28741 del 16/06/2021, COGNOME, Rv. 281696 – 01; conformi: Sez. 1, n. 21412 del 03/04/2007, Kazafer, Rv. 236791; Sez. 6, n. 3167 del 21/10/1998, COGNOME, Rv. 212689; Sez. 6, n. 29059 del 11/04/2001, COGNOME, Rv. 220769, Rv. 220770; Sez. 4, n. 24084 del 22/05/2002, COGNOME, Rv. 222008; Sez. 1, n. 13007 del 13/12/2002, dep. 2003, COGNOME, Rv. 223794; Sez. 5, n. 4602 del 25/10/1996, COGNOME, Rv. 206551),
Si è anche affermato (Sez. 1, n. 5896 del 01/02/2012, COGNOME, Rv. 251866 – 01) che «il provvedimento di custodia cautelare disposto dal giudice che, contestualmente, si dichiari incompetente, viene, a tutti gli effetti, sostituito dalla ordinanza pronunciata nei termini di leg dal giudice competente, sicché i termini di durata della custodia cautelare decorrono ex novo dall’emissione di quest’ultima» (per l’applicabilità del principio anche in caso di rinnovazione della misura ai sensi dell’articolo 27 cod. proc. pen., per la completa autonomia che caratterizza il nuovo provvedimento cautelare rispetto al precedente, v. Sez. 1, n. 17931 del 12/03/2004, Balzano, Rv. 228288 – 01).
Non vi è quindi dubbio che il principio, reiteratamente affermato da questa Corte, debba intendersi riferito a tutte le ipotesi di spostamento determinato da incompetenza (per territorio, per materia e per connessione) in quanto trattasi, in ogni caso, di ipotesi in cui, per «altr causa», il procedimento viene rinviato «ad altro giudice», come statuito dall’articolo 303, comma 2, del codice di rito.
Il motivo, che propone una interpretazione difforme alla sedimentata giurisprudenza della Corte senza addurre elementi di novità, è pertanto manifestamente infondato.
Esso è anche generico (e quindi inammissibile), in quanto non considera che, nel caso di specie, il fascicolo era stato ritrasmesso dalla sede distrettuale di Venezia a quella circondariale di Verona proprio per ragioni di competenza per territorio e non di connessione, come era invece avvenuto in occasione della prima trasmissione a parti inverse.
La seconda doglianza, relativa alla motivazione per relationem, è inammissibile.
In proposito, questa Corte ritiene che in tema di misure cautelari emesse ex art. 27 cod. proc. pen., il giudice competente ben può motivare per relationem con riferimento all’ordinanza emessa dal giudice dichiaratosi incompetente, a condizione che:
non sia mutata la contestazione in diritto o la rappresentazione degli elementi di fatto nella richiesta del pubblico ministero (Sez. 6, n. 56455 del 04/12/2018, COGNOME, Rv. 274779 01 ),
la motivazione di quest’ultima risulti congrua rispetto alle esigenze giustificative del nuovo provvedimento, che deve dar conto, in motivazione, della predetta congruità (Sez. 2, n. 11460 del 02/02/2016, COGNOME, Rv. 266557 – 01);
il rinvio alle valutazioni già espresse dal primo giudice risulti consapevole e consenta il controllo dell’iter logico – giuridico alla base dell’adozione del titolo restrittivo (Sez. 3, n. 2 del 29/01/2015, Verdone, Rv. 263744 – 01).
Nel caso di specie, il provvedimento impugnato precisa (pag. 4) che, per un verso, le difese erano perfettamente a conoscenza del contenuto della precedente ordinanza (rispetto alla quale le contestazioni non erano mutate), e, per altro verso, che la seconda ordinanza non si è limitata ad un acritico rinvio al provvedimento precedente, procedendo ad un «chiaro riferimento alle circostanze fattuali sulla base delle quali era stata disposta la cautela», e ad esaminare autonomamente il profilo delle esigenze cautelari.
I ricorrenti, nel contestare l’utilizzo della tecnica della motivazione per relationem, a fronte di una identità di contestazione, omettono di indicare quali profili di valutazione risultano omessi e in quali parti il nuovo provvedimento non consente una verifica di congruità rispetto alle esigenze giustificative del nuovo provvedimento, così difettando della necessaria specificità, con conseguente inammissibilità per genericità.
La doglianza relativa alla inutilizzabilità degli atti di indagine successivi al 14/12/2021 inammissibile.
Il Tribunale del riesame, a fronte di analoga doglianza sollevata con i motivi di riesame, evidenzia (pag. 4-5) come l’unico periodo non “coperto” da iscrizione risulta essere tra il 21/12/2021 e il 31/05/2022, data in cui fu effettuata l’iscrizione per il delitto di cui all’a d.P.R. 309/1990, periodo in cui – peraltro – non furono effettuate attività captative; i provvedimento evidenzia poi che gli indagati non hanno indicato in modo specifico alcun atto di indagine che sarebbe stato colpito da inutilizzabilità.
I ricorrenti, in sede di ricorso, ritengono che l’iscrizione del 31 maggio 2022 non fosse una nuova iscrizione ma solo un “aggiornamento” di precedenti iscrizioni, riferendosi a quella giurisprudenza che ritiene necessario che i fatti che hanno determinato la nuova iscrizione siano connotati da caratteri di “novità”.
Tale deduzione, tuttavia, appare assolutamente generica.
La giurisprudenza di questa Corte ritiene che «nel corso delle indagini preliminari, il pubblico ministero, salvi i casi di aggiornamento dell’iscrizione per il mutamento della qualificazione giuridica del fatto e per l’accertamento di circostanze aggravanti, deve procedere a nuova iscrizione nel registro delle notizie di reato sia quando acquisisce, nei confronti della stessa persona, elementi in ordine a fatti ulteriori costituenti reato, sia quando raccoglie, a carico d persone diverse dall’originario indagato, elementi in relazione al medesimo o ad un nuovo reato» (Sez. 5, n. 37169 del 20/07/2022, S., Rv. 283874 – 01); ne consegue che «il termine per le indagini preliminari decorre in modo autonomo per ciascun indagato dal momento dell’iscrizione del suo nominativo nel registro delle notizie di reato e, per la persona originariamente sottoposta ad indagini, da ciascuna successiva iscrizione» (Sez. 2, n. 22016 del 06/03/2019, COGNOME, Rv. 276965 – 01).
Nel caso di specie, come evidenziato nelle stesse note di udienza allegate al ricorso, vi era stata una prima iscrizione del 14/06/2021 per il reato di cui all’articolo 73 d.P.R. 309/1990, cui ha fatto seguito una iscrizione in data 31/05/2022 per il reato di cui all’articolo 74 d.P.R 309/1990.
Evidenzia il ricorrente (allegando il relativo atto) come, alla medesima data del 31 maggio 2022, il pubblico ministero avesse chiesto la proroga del termine delle indagini preliminari anche per il reato associativo.
Tuttavia, da come lo stesso ricorrente prospetta la sequenza delle iscrizioni, si deduce che è la richiesta di proroga delle indagini preliminari che è stata erroneamente riferita anche al
delitto di cui all’articolo 74 d.P.R. 309/1990, laddove l’iniziale iscrizione era stata effett esclusivamente per il reato di cui all’articolo 73.
Pertanto, correttamente, il Tribunale del riesame ha evidenziato la presenza di una “finestra” di inutilizzabilità di sei mesi, ossia dalla scadenza del termine semestrale previsto per le indagini relative al delitto di cui all’articolo 73, alla iscrizione, avvenuta nel maggio 2022, per il r associativo, che in precedenza non risultava iscritto, motivazione con cui i ricorrenti non si confrontano se non riproponendo una loro particolare lettura della scansione procedimentale.
Ad abundantiam, i ricorrenti neppure indicano quale sarebbe, al di là del dato formale, quella “identità di fatto” che giustificherebbe il ritenere la “nuova iscrizione” per il reato associativo 31 maggio 2022) un mero “aggiornamento” della precedente, effettuata il 14 giugno 2021.
Inoltre, omettono di indicare quale sia stata la efficacia “scardinante” della inutilizzabili degli atti di indagine asseritannente tardivi sulla misura imposta.
La doglianza è quindi triplamente inammissibile per genericità, sia in quanto non si confronta con la motivazione del provvedimento impugnato, sia in quanto omette di dedurre elementi di specifica “non novità” dei fatti contestati, sia, infine, in quanto nulla deduce sulla efficac scardinante sul fumus commissi delicti della eventuale inutilizzabilità di atti di indagine.
5. I ricorsi vanno in conclusione dichiarati inammissibili.
Alla declaratoria dell’inammissibilità consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento. Tenuto altresì conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro 3.000,00 per ciascun ricorrente.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 03/12/2024.