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Termini custodia cautelare: no nuovo decorso per nullità

La Corte di Cassazione ha stabilito che la dichiarazione di nullità di un atto durante l’udienza preliminare non causa una ‘regressione’ del procedimento e, pertanto, non fa decorrere nuovamente i termini di custodia cautelare. Nel caso esaminato, un giudice aveva erroneamente resettato il termine di un anno per la detenzione, ma la Suprema Corte ha annullato tale decisione, ordinando l’immediata liberazione dell’imputato per decorrenza dei termini.

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Pubblicato il 26 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Termini Custodia Cautelare: la Cassazione Chiarisce Quando Non Riparte il Conto alla Rovescia

La durata della custodia cautelare rappresenta uno dei pilastri fondamentali a garanzia della libertà personale dell’individuo nel sistema processuale penale. La legge stabilisce limiti temporali precisi, superati i quali la misura restrittiva perde efficacia. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sent. N. 2750/2024) offre un chiarimento cruciale su come interpretare i termini custodia cautelare in caso di nullità processuali, specificando che non ogni vizio procedurale fa ripartire da capo il conteggio del tempo.

I Fatti del Caso: Una Nullità e i Suoi Effetti

Il caso ha origine da una decisione del Giudice dell’udienza preliminare (GUP) del Tribunale di Lucca. Durante l’udienza, il GUP ha rilevato la nullità della notifica dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari. Di conseguenza, ha disposto la restituzione degli atti al Pubblico Ministero. Contestualmente, però, ha stabilito che il termine massimo di durata di un anno della custodia cautelare in carcere, applicata all’imputato, dovesse decorrere nuovamente a partire dalla data di quella stessa udienza.

Questa decisione si basava sull’idea che la dichiarazione di nullità avesse causato una ‘regressione’ del procedimento, giustificando così il ‘reset’ del cronometro della detenzione.

La Questione Giuridica: I termini custodia cautelare e la regressione del processo

L’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, sostenendo che la decisione del GUP violasse l’art. 303 del codice di procedura penale. Il punto centrale del ricorso era semplice ma fondamentale: la nullità era stata dichiarata all’interno della medesima fase processuale, quella che inizia con l’applicazione della misura cautelare e si conclude con l’emissione del decreto che dispone il giudizio. Pertanto, secondo la difesa, non si era verificata alcuna ‘regressione’ a una fase diversa che potesse giustificare una nuova decorrenza dei termini.

L’art. 303, comma 2, cod. proc. pen. è chiaro: i termini di fase decorrono nuovamente solo se, a seguito di annullamento o per altra causa, ‘il procedimento regredisca a una fase o a un grado di giudizio diversi’.

L’Analisi della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto pienamente la tesi difensiva, definendo il ragionamento del GUP ‘non condivisibile’. Gli Ermellini hanno ribadito un principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità.

Il Concetto di ‘Fase’ Processuale Unica

La Corte ha chiarito che la prima fase della custodia cautelare è un blocco unico che include sia le indagini preliminari sia l’udienza preliminare. Questa fase si conclude solo con l’emissione del provvedimento che dispone il giudizio. Non è possibile, ai fini del calcolo dei termini custodia cautelare, suddividere questo lasso temporale in ‘sotto-fasi’ distinte.

La dichiaratoria di nullità dell’avviso di conclusione indagini, avvenuta durante l’udienza preliminare, interviene quindi ‘nell’unica fase ancora non conclusa’. Non determina, pertanto, il passaggio a una fase diversa o precedente.

Le Motivazioni della Sentenza

Le motivazioni della Corte si fondano su una lettura rigorosa dell’art. 303 cod. proc. pen., posta in connessione con la giurisprudenza precedente. I giudici hanno affermato che per aversi una regressione rilevante ai fini della nuova decorrenza dei termini, è necessario un ritorno a un ‘grado di giudizio diverso’ o a una ‘fase diversa’. Poiché l’udienza preliminare fa parte della stessa macro-fase delle indagini, la nullità dichiarata al suo interno non innesca il meccanismo previsto dal comma 2 dell’art. 303. La fase cautelare, decorrente dall’esecuzione della misura, non si era mai interrotta né era regredita; semplicemente, non si era ancora conclusa con l’emissione del decreto di rinvio a giudizio.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia

In conclusione, la Corte di Cassazione ha annullato senza rinvio l’ordinanza impugnata. Ha dichiarato la cessazione dell’efficacia della misura cautelare poiché il termine massimo di un anno, calcolato a partire dalla data dell’arresto, era ormai decorso. Questa sentenza rafforza il principio di stretta legalità nella gestione dei termini custodia cautelare, impedendo interpretazioni estensive che possano pregiudicare la libertà personale dell’imputato. Stabilisce in modo inequivocabile che i vizi procedurali interni a una singola fase non possono essere utilizzati per prolungare indebitamente la detenzione preventiva.

Una nullità dichiarata durante l’udienza preliminare fa ripartire i termini della custodia cautelare?
No. Secondo la sentenza, se la nullità viene dichiarata all’interno della stessa fase processuale (quella che va dall’inizio della detenzione fino al provvedimento che dispone il giudizio), non si verifica una ‘regressione’ del procedimento e, di conseguenza, i termini di durata massima della custodia cautelare non decorrono nuovamente.

Cosa si intende per ‘regressione del procedimento’ ai fini della durata della custodia cautelare?
Per ‘regressione del procedimento’ si intende il ritorno del processo a una fase o a un grado di giudizio diversi e precedenti. Un esempio tipico è l’annullamento con rinvio deciso dalla Corte di Cassazione. Una semplice nullità dichiarata e sanata all’interno della stessa fase (come quella dall’indagine all’udienza preliminare) non costituisce regressione.

Qual era il termine massimo di custodia cautelare applicabile in questo caso?
Nel caso specifico, trattandosi di un reato previsto dall’art. 73 del d.P.R. 309/1990, il termine di durata della custodia cautelare per la fase che precede il rinvio a giudizio era di un anno, come stabilito dall’art. 303, comma 1, del codice di procedura penale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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