LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Termine per l’impugnazione: decorrenza e calcolo

La Corte di Cassazione esamina un ricorso in cui è cruciale stabilire la data di decorrenza del termine per l’impugnazione di un’ordinanza penale. La Corte sottolinea che il termine di quindici giorni decorre dalla data dell’effettiva notifica del provvedimento all’imputato detenuto o al suo difensore, e non dalla data indicata erroneamente nel ricorso. La corretta individuazione di questo momento è fondamentale per determinare la tempestività e quindi l’ammissibilità dell’impugnazione stessa.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 26 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Termine per l’impugnazione: la Cassazione fa chiarezza sulla decorrenza

Nel diritto processuale penale, il rispetto dei termini è un principio cardine che garantisce la certezza del diritto e il corretto svolgimento del processo. Un errore nel calcolo del termine per l’impugnazione può avere conseguenze definitive, come l’inammissibilità del ricorso. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre l’occasione per approfondire le regole che governano la decorrenza di questi termini, con particolare riferimento ai provvedimenti notificati all’imputato detenuto.

Il caso in esame: un ricorso e il dubbio sulla data di notifica

Il caso analizzato dalla Suprema Corte riguarda il ricorso presentato da un condannato avverso un’ordinanza della Corte d’appello. Quest’ultima, in qualità di giudice del rinvio, si era pronunciata su un’istanza presentata dal condannato ai sensi dell’art. 611 del codice di procedura penale.

Il punto cruciale della vicenda, tuttavia, non risiede nel merito della richiesta, ma in un aspetto puramente procedurale: la tempestività del ricorso. Il ricorrente sosteneva che la notifica dell’ordinanza fosse avvenuta in una certa data, ma dagli atti risultava una data antecedente. Questa discrepanza temporale era fondamentale per stabilire se il ricorso fosse stato presentato entro i limiti di legge.

Il corretto calcolo del termine per l’impugnazione

Per comprendere la decisione della Corte, è necessario richiamare le norme che regolano il termine per l’impugnazione.

La regola dei quindici giorni

L’articolo 585, comma 1, lettera a), del codice di procedura penale stabilisce che il termine per proporre impugnazione è di quindici giorni per i provvedimenti emessi in seguito a un procedimento in camera di consiglio, come nel caso di specie.

Il momento della decorrenza

Il comma 2 dello stesso articolo specifica da quando inizia a decorrere questo termine. La norma è chiara: il termine decorre «dalla notificazione o comunicazione dell’avviso di deposito del provvedimento». Ciò significa che il conteggio dei quindici giorni non parte dalla data della decisione o del suo deposito in cancelleria, ma dal momento in cui la parte ne ha conoscenza legale tramite notifica.

Le motivazioni della Corte

La Corte di Cassazione, nell’esaminare gli atti, ha rilevato una discrepanza fattuale. L’ordinanza impugnata era stata notificata al difensore tramite Posta Elettronica Certificata (PEC) in una data e, due giorni dopo, era stata notificata a mani proprie al ricorrente, che si trovava in stato di detenzione. Il ricorrente, nel suo atto di impugnazione, aveva indicato come data di notifica il giorno successivo a quello in cui era effettivamente avvenuta.

La Corte, basandosi sulla documentazione processuale, ha accertato la data esatta della notifica a mani proprie. Questo accertamento è stato decisivo. Poiché il termine di quindici giorni per l’impugnazione inizia a decorrere dalla data di notifica effettiva e non da quella erroneamente indicata dalla parte, la Corte ha implicitamente posto le basi per dichiarare il ricorso tardivo e, di conseguenza, inammissibile. Il rispetto scrupoloso dei termini processuali si conferma un presupposto indispensabile per l’esercizio del diritto di difesa.

Conclusioni: le implicazioni pratiche

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: la certezza dei termini processuali non ammette errori o imprecisioni. Per gli operatori del diritto e per i cittadini, la lezione è chiara:

1. Verifica Attenta: È essenziale verificare con la massima attenzione le date riportate nelle relate di notifica, sia quelle ricevute tramite PEC dal difensore sia quelle consegnate direttamente all’interessato.
2. Calcolo Preciso: Il calcolo del termine per l’impugnazione deve partire dalla data di notifica legalmente valida e documentata, indipendentemente da eventuali convinzioni o errori della parte.
3. Conseguenze dell’Errore: Un errore nel calcolo, anche di un solo giorno, può compromettere irrimediabilmente il diritto di impugnare un provvedimento, con conseguenze gravi per l’esito del procedimento.

Da quale momento inizia a decorrere il termine per l’impugnazione di un’ordinanza emessa in camera di consiglio?
Il termine decorre dalla data della notificazione o della comunicazione dell’avviso di deposito del provvedimento alla parte o al suo difensore, come stabilito dall’art. 585, comma 2, lett. a), del codice di procedura penale.

Quanto tempo si ha per impugnare un’ordinanza penale come quella in esame?
Il termine per l’impugnazione, in questo caso, è di quindici giorni, secondo quanto previsto dall’art. 585, comma 1, lett. a), del codice di procedura penale.

La data di notifica indicata dal ricorrente prevale su quella accertata d’ufficio dal giudice?
No, la data che fa fede per il calcolo dei termini è quella che risulta ufficialmente dagli atti processuali (ad esempio, la relata di notifica a mani o la ricevuta di consegna della PEC), non quella indicata, anche se in buona fede, dalla parte nel suo ricorso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati