Termine per Impugnazione: Quando la Tarda Presentazione Rende il Ricorso Inammissibile
Nel mondo del diritto, il tempo è un fattore cruciale. I termini processuali non sono semplici indicazioni, ma veri e propri requisiti di ammissibilità che, se non rispettati, possono precludere l’esercizio di un diritto. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione ribadisce con fermezza questo principio, chiarendo le conseguenze del mancato rispetto del termine per impugnazione. Analizziamo insieme questo caso per comprendere l’importanza fondamentale della tempestività nell’azione legale.
Il Caso in Esame: Un Ricorso Presentato Fuori Tempo Massimo
La vicenda trae origine da una sentenza emessa dalla Corte di Appello di Torino. La decisione era stata depositata in cancelleria il 10 luglio e notificata al difensore l’11 luglio e alla parte interessata il 12 luglio. La legge, in casi come questo, prevede un termine molto stretto di cinque giorni per poter presentare ricorso.
Nonostante ciò, l’atto di impugnazione veniva depositato solo il 24 luglio, ben oltre la scadenza fissata per il 17 luglio (per il difensore) e il 18 luglio (per la parte). Questo ritardo è diventato il punto focale della successiva decisione della Corte di Cassazione.
Il Rispetto del Termine per Impugnazione e la Decisione della Corte
La legge n. 69 del 2005, all’articolo 22, stabilisce chiaramente il termine di cinque giorni per proporre ricorso. La Corte di Cassazione, rilevato il superamento di tale termine, non ha potuto fare altro che dichiarare il ricorso inammissibile.
La decisione è stata presa attraverso una procedura semplificata, nota come de plano, prevista dall’art. 610, comma 5-bis del codice di procedura penale. Questa modalità viene utilizzata quando la causa di inammissibilità è così evidente da non richiedere alcuna discussione in udienza, permettendo così di definire rapidamente la questione.
Le Motivazioni della Cassazione
Le motivazioni della Corte sono state lineari e inequivocabili. Il mancato rispetto del termine per impugnazione non è una mera irregolarità formale, ma un vizio che impedisce l’instaurazione di un valido rapporto processuale. In altre parole, se il ricorso arriva in ritardo, è come se non fosse mai stato presentato ai fini della sua valutazione nel merito. Il giudice non può entrare nel vivo della questione perché il diritto di contestare la decisione precedente è stato perso a causa della tardività.
Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, una sanzione prevista per i ricorsi dichiarati inammissibili per colpa del proponente.
Conclusioni
Questa ordinanza è un monito sull’importanza cruciale della diligenza e della tempestività nel processo penale. I termini perentori stabiliti dal legislatore hanno la funzione di garantire la certezza del diritto e la ragionevole durata dei processi. La loro violazione comporta conseguenze severe e definitive, come l’inammissibilità dell’impugnazione. Per i cittadini e i loro difensori, ciò significa che la vigilanza sulle scadenze è un elemento tanto importante quanto la solidità delle argomentazioni legali. Perdere un termine significa, molto spesso, perdere la causa prima ancora di aver iniziato a discuterla.
Qual è la conseguenza principale di un ricorso presentato oltre il termine previsto dalla legge?
Un ricorso presentato oltre il termine perentorio viene dichiarato inammissibile. Ciò significa che il giudice non esaminerà il merito delle questioni sollevate, ma si limiterà a constatare il vizio procedurale, chiudendo di fatto la possibilità di contestare la decisione impugnata.
Cosa significa che un ricorso viene dichiarato inammissibile con procedura de plano?
Significa che la Corte di Cassazione decide la questione in modo accelerato, senza fissare un’udienza pubblica, poiché la causa di inammissibilità (in questo caso, il ritardo) è palese e non richiede alcun approfondimento o contraddittorio tra le parti. È una procedura volta all’efficienza processuale.
Oltre alla dichiarazione di inammissibilità, quali altre sanzioni sono previste per chi presenta un ricorso in ritardo?
La parte che ha presentato il ricorso tardivo viene condannata al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro, stabilita dal giudice, in favore della Cassa delle ammende come sanzione per aver introdotto un ricorso inammissibile.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. F Num. 32675 Anno 2024
Penale Sent. Sez. F Num. 32675 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 13/08/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da
NOME NOME, nato ad Angera il DATA_NASCITA
avverso la sentenza della Corte di appello di Torino del 05/07/2024;
visti gli atti e la sentenza impugnata; esaminati i motivi del ricorso;
udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
rilevato che il ricorso è stato proposto il 24 luglio 2024, senza il rispetto del termine di giorni previsto dall’art. 22 legge n. 69 del 2005, considerato che la sentenza impugnata è sta depositata il 10 luglio 2024 e notificata al difensore del consegnando, AVV_NOTAIO in data 11 luglio 2024 e il successivo 12 luglio a NOME NOME: sicché il suddetto term scadeva il 17 luglio per il difensore e il 18 luglio per l’interessato;
ritenuto che ciò ha impedito in via originaria l’instaurazione di un valido rappor impugnazione e che il ricorso deve essere quindi dichiarato inammissibile con procedura de plano, ai sensi dell’art. 610, comma 5-bis, cod. proc. pen., con condanna del ricorrente pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
te.
ritenuto che alla Cancelleria vanno demandati gli adempimenti di cui all’art. 22, comma 5 della legge n. 69 del 2005.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spes processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 22, comma 5, legge n. 69/2005.
Così deciso il 13 agosto 2024
Il sigliere