Termine per impugnare: la chiarezza dei documenti ufficiali prevale sulle parole
Nel processo penale, il rispetto delle scadenze è un principio cardine. Il termine per impugnare una sentenza non è un mero formalismo, ma un requisito di ammissibilità essenziale per garantire la certezza del diritto e la stabilità delle decisioni giudiziarie. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione ci ricorda in modo inequivocabile che, in caso di dubbio, fanno fede i documenti ufficiali e non le ricostruzioni basate sulla memoria. Analizziamo insieme questo caso emblematico.
I Fatti del Caso
La vicenda ha origine da un ricorso presentato da un imputato avverso un’ordinanza della Corte d’Appello di Roma. Quest’ultima aveva dichiarato inammissibile il suo appello contro la sentenza di primo grado perché proposto in ritardo.
L’imputato, nel suo ricorso in Cassazione, sosteneva una tesi precisa: a suo dire, durante l’udienza di primo grado, il giudice aveva indicato verbalmente un termine di novanta giorni per il deposito della motivazione della sentenza. Di conseguenza, la sua impugnazione, calcolata su questa base, sarebbe stata tempestiva. Questa argomentazione si basava, quindi, sulla presunta prevalenza di un’indicazione orale rispetto a quanto formalizzato per iscritto.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha respinto il ricorso, definendolo “manifestamente infondato”. La decisione è stata netta: l’appello era stato presentato oltre il termine per impugnare e, pertanto, la declaratoria di inammissibilità da parte della Corte d’Appello era corretta. Oltre a dichiarare il ricorso inammissibile, la Corte ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.
Le Motivazioni: la prova scritta batte la memoria
Il cuore della decisione della Cassazione risiede nella gerarchia delle fonti di prova all’interno del processo. I giudici hanno smontato la tesi del ricorrente basandosi su due elementi documentali incontrovertibili:
1. Il Dispositivo della Sentenza di Primo Grado: La Corte ha evidenziato come il dispositivo della sentenza, ovvero la parte finale che contiene la decisione del giudice, riportasse “espressamente” un termine di sessantacinque giorni per il deposito delle motivazioni, e non di novanta.
2. Il Verbale di Udienza: A ulteriore conferma, anche il verbale ufficiale dell’udienza del 6 luglio 2023 attestava lo stesso termine di sessantacinque giorni. Questo documento, che fa fede fino a querela di falso, costituisce la registrazione ufficiale e certificata di quanto accaduto in aula.
La Corte ha quindi ribadito un principio fondamentale: le affermazioni di una parte, basate sulla propria memoria di un’indicazione orale, non possono prevalere sulle risultanze chiare e inequivocabili dei documenti processuali ufficiali. Il termine per impugnare decorre da quanto attestato formalmente, non da quanto si ricorda sia stato detto.
Le Conclusioni: l’importanza della diligenza processuale
Questa ordinanza sottolinea l’importanza cruciale della diligenza per le parti processuali e i loro difensori. Non è possibile affidarsi a percezioni o ricordi di comunicazioni verbali quando esistono atti scritti che definiscono con precisione termini e scadenze. La sentenza e il verbale di udienza sono gli unici riferimenti validi e sicuri. Ignorarli o contestarli sulla base di ricordi personali espone al rischio concreto di veder dichiarata inammissibile la propria impugnazione, con tutte le conseguenze negative del caso, inclusa la condanna a sanzioni pecuniarie. In definitiva, nel rito processuale, la parola scritta e formalizzata ha un peso che la parola parlata non può scalfire.
Cosa succede se un appello viene presentato dopo la scadenza del termine per impugnare?
L’appello viene dichiarato inammissibile. Ciò significa che il giudice non esaminerà il merito della questione e la sentenza precedente diventerà definitiva. L’appellante può inoltre essere condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
In caso di contrasto tra quanto detto a voce dal giudice e quanto scritto nella sentenza, quale prevale?
Secondo questa ordinanza, prevale in modo assoluto quanto riportato nei documenti processuali scritti e ufficiali, come il dispositivo della sentenza e il verbale d’udienza. La prova documentale formale ha un valore superiore rispetto alla memoria di una comunicazione orale.
Come viene stabilito il termine per depositare le motivazioni di una sentenza?
Il giudice, al momento della lettura del dispositivo, indica il termine entro cui depositerà le motivazioni della sentenza. Questo termine viene trascritto sia nel dispositivo stesso sia nel verbale d’udienza. Da questo termine dipendono poi le scadenze successive, come quella per presentare l’appello.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 30892 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 30892 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 21/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a ROMA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 18/01/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di COGNOME NOME;
ritenuto che l’unico motivo di ricorso, con il quale si deduce violazione di legge in ordine alla declaratoria di inammissibilità dell’appello tardivamente proposto, sostenendo che in udienza era stato indicato dal giudice un termine di deposito della motivazione pari a novanta giorni e che, pertanto, l’impugnazione non sarebbe stata tardiva, è manifestamente infondato poiché prospetta violazioni di norme processuali palesemente smentite sia dal dispositivo della sentenza di primo grado, che riporta espressamente il termine riservato di sessantacinque giorni, sia dal verbale di udienza del 6/7/2023;
che la Corte di appello ha correttamente dichiarato inammissibile l’appello presentato dopo il decorso del termine per impugnare previsto dall’art. 585 cod. proc. pen.;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, in data 21 giugno 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente