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Termine per impugnare: quando l’appello è tardivo

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso perché l’appello originario era stato presentato oltre il termine per impugnare. L’imputato sosteneva che il giudice avesse concesso verbalmente un termine di 90 giorni, ma la Suprema Corte ha stabilito che i documenti scritti, come il dispositivo della sentenza e il verbale d’udienza, che indicavano un termine di 65 giorni, prevalgono su qualsiasi affermazione contraria. Di conseguenza, il ricorso è stato respinto con condanna alle spese e a una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 8 dicembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Termine per impugnare: la chiarezza dei documenti ufficiali prevale sulle parole

Nel processo penale, il rispetto delle scadenze è un principio cardine. Il termine per impugnare una sentenza non è un mero formalismo, ma un requisito di ammissibilità essenziale per garantire la certezza del diritto e la stabilità delle decisioni giudiziarie. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione ci ricorda in modo inequivocabile che, in caso di dubbio, fanno fede i documenti ufficiali e non le ricostruzioni basate sulla memoria. Analizziamo insieme questo caso emblematico.

I Fatti del Caso

La vicenda ha origine da un ricorso presentato da un imputato avverso un’ordinanza della Corte d’Appello di Roma. Quest’ultima aveva dichiarato inammissibile il suo appello contro la sentenza di primo grado perché proposto in ritardo.

L’imputato, nel suo ricorso in Cassazione, sosteneva una tesi precisa: a suo dire, durante l’udienza di primo grado, il giudice aveva indicato verbalmente un termine di novanta giorni per il deposito della motivazione della sentenza. Di conseguenza, la sua impugnazione, calcolata su questa base, sarebbe stata tempestiva. Questa argomentazione si basava, quindi, sulla presunta prevalenza di un’indicazione orale rispetto a quanto formalizzato per iscritto.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha respinto il ricorso, definendolo “manifestamente infondato”. La decisione è stata netta: l’appello era stato presentato oltre il termine per impugnare e, pertanto, la declaratoria di inammissibilità da parte della Corte d’Appello era corretta. Oltre a dichiarare il ricorso inammissibile, la Corte ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.

Le Motivazioni: la prova scritta batte la memoria

Il cuore della decisione della Cassazione risiede nella gerarchia delle fonti di prova all’interno del processo. I giudici hanno smontato la tesi del ricorrente basandosi su due elementi documentali incontrovertibili:

1. Il Dispositivo della Sentenza di Primo Grado: La Corte ha evidenziato come il dispositivo della sentenza, ovvero la parte finale che contiene la decisione del giudice, riportasse “espressamente” un termine di sessantacinque giorni per il deposito delle motivazioni, e non di novanta.

2. Il Verbale di Udienza: A ulteriore conferma, anche il verbale ufficiale dell’udienza del 6 luglio 2023 attestava lo stesso termine di sessantacinque giorni. Questo documento, che fa fede fino a querela di falso, costituisce la registrazione ufficiale e certificata di quanto accaduto in aula.

La Corte ha quindi ribadito un principio fondamentale: le affermazioni di una parte, basate sulla propria memoria di un’indicazione orale, non possono prevalere sulle risultanze chiare e inequivocabili dei documenti processuali ufficiali. Il termine per impugnare decorre da quanto attestato formalmente, non da quanto si ricorda sia stato detto.

Le Conclusioni: l’importanza della diligenza processuale

Questa ordinanza sottolinea l’importanza cruciale della diligenza per le parti processuali e i loro difensori. Non è possibile affidarsi a percezioni o ricordi di comunicazioni verbali quando esistono atti scritti che definiscono con precisione termini e scadenze. La sentenza e il verbale di udienza sono gli unici riferimenti validi e sicuri. Ignorarli o contestarli sulla base di ricordi personali espone al rischio concreto di veder dichiarata inammissibile la propria impugnazione, con tutte le conseguenze negative del caso, inclusa la condanna a sanzioni pecuniarie. In definitiva, nel rito processuale, la parola scritta e formalizzata ha un peso che la parola parlata non può scalfire.

Cosa succede se un appello viene presentato dopo la scadenza del termine per impugnare?
L’appello viene dichiarato inammissibile. Ciò significa che il giudice non esaminerà il merito della questione e la sentenza precedente diventerà definitiva. L’appellante può inoltre essere condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

In caso di contrasto tra quanto detto a voce dal giudice e quanto scritto nella sentenza, quale prevale?
Secondo questa ordinanza, prevale in modo assoluto quanto riportato nei documenti processuali scritti e ufficiali, come il dispositivo della sentenza e il verbale d’udienza. La prova documentale formale ha un valore superiore rispetto alla memoria di una comunicazione orale.

Come viene stabilito il termine per depositare le motivazioni di una sentenza?
Il giudice, al momento della lettura del dispositivo, indica il termine entro cui depositerà le motivazioni della sentenza. Questo termine viene trascritto sia nel dispositivo stesso sia nel verbale d’udienza. Da questo termine dipendono poi le scadenze successive, come quella per presentare l’appello.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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