Termine per Impugnare: Le Conseguenze di un Ricorso Tardivo
Nel mondo del diritto, le scadenze non sono semplici suggerimenti, ma pilastri fondamentali che garantiscono certezza e ordine. Il termine per impugnare un provvedimento giudiziario è uno di questi pilastri, e la sua violazione, anche per pochi giorni, può avere conseguenze definitive. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione lo dimostra chiaramente, dichiarando inammissibile un ricorso depositato solo tre giorni dopo la scadenza e condannando il ricorrente a severe sanzioni economiche.
Il Caso in Esame: Un Appello Depositato Fuori Tempo Massimo
La vicenda processuale ha origine da una sentenza della Corte d’Appello di Roma, emessa il 4 aprile 2023, che confermava una condanna per violazione della normativa sugli stupefacenti (art. 73, comma 5, d.P.R. 309/1990). La Corte si era riservata 90 giorni per il deposito delle motivazioni, che sono state effettivamente depositate in cancelleria il 19 giugno 2023, nel pieno rispetto dei tempi.
Da quel momento, per l’imputato scattava il termine per impugnare di 45 giorni per proporre ricorso in Cassazione. Il calcolo di questa scadenza, però, non è sempre lineare. Bisogna infatti considerare la sospensione feriale dei termini, che va dal 1° al 31 agosto di ogni anno. Tenendo conto di questa pausa, la Corte ha stabilito che il termine ultimo per il deposito del ricorso era il 17 settembre 2023. Tuttavia, il ricorso è stato depositato solo il 20 settembre 2023, tre giorni oltre il limite massimo consentito.
La Decisione della Cassazione sul Termine per Impugnare
Di fronte a un ritardo, seppur minimo, la Corte di Cassazione non ha potuto fare altro che applicare rigorosamente la legge. Il ricorso è stato dichiarato inammissibile. Questa decisione non entra nel merito delle ragioni dell’imputato, ma si ferma al dato puramente procedurale: il mancato rispetto del termine per impugnare stabilito dalla legge.
La Suprema Corte ha sottolineato che non sussistevano elementi per ritenere che l’imputato avesse proposto il ricorso in ritardo ‘senza versare in colpa’. In assenza di una giustificazione valida e provata che dimostri l’impossibilità di rispettare la scadenza per cause di forza maggiore, la tardività del deposito comporta automaticamente l’inammissibilità dell’atto.
Le Motivazioni della Decisione
Le motivazioni dell’ordinanza sono lapidarie e si fondano su un principio cardine della procedura penale: la perentorietà dei termini. La legge stabilisce scadenze precise per garantire la stabilità delle decisioni giudiziarie e la ragionevole durata del processo. Il calcolo effettuato dalla Corte è stato puramente matematico: la data di decorrenza, la durata di 45 giorni e l’interruzione dovuta al periodo feriale hanno portato in modo inequivocabile alla scadenza del 17 settembre 2023. Il deposito successivo è, per legge, un atto tardivo e quindi inefficace. La Corte non ha discrezionalità nel sanare un ritardo di questo tipo, a meno che non ricorrano circostanze eccezionali e non colpevoli, che in questo caso non sono state ravvisate.
Le Conclusioni
Le conseguenze pratiche di questa declaratoria di inammissibilità sono state significative per il ricorrente. In base all’art. 616 del codice di procedura penale, quando un ricorso è dichiarato inammissibile, il proponente viene condannato non solo al pagamento delle spese del procedimento, ma anche al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende. In questa specifica ordinanza, la Corte ha quantificato tale somma in tremila euro. Questa sanzione non è una multa legata al reato, ma una penalità per aver attivato inutilmente il sistema giudiziario con un ricorso proceduralmente viziato. La decisione ribadisce quindi un monito fondamentale: nel processo penale, la forma è sostanza e il rispetto dei termini è un dovere non negoziabile.
Cosa succede se si deposita un ricorso per cassazione dopo la scadenza del termine?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Ciò significa che la Corte non esamina il merito della questione, ma si limita a constatare il vizio procedurale del ritardo, rendendo la sentenza precedente definitiva.
La sospensione feriale dei termini (1-31 agosto) si applica sempre nel calcolo delle scadenze?
Sì, la sospensione feriale è una regola generale che ‘congela’ il decorso dei termini processuali durante il mese di agosto. Come dimostra il caso, essa deve essere sempre considerata nel calcolo preciso della data di scadenza per un’impugnazione.
Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso dichiarato inammissibile per ritardo?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una sanzione pecuniaria in favore della Cassa delle ammende. In questa specifica vicenda, la somma è stata equitativamente fissata in 3.000 euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 27184 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 27184 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 15/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 04/04/2023 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RAGIONE_SOCIALE ricorre per cassazione avverso la sentenza in epigrafe indicata con la qual condannato per il reato di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R.309/1990.
Il ricorso è inammissibile in quanto proposto senza l’osservanza del termine per impu stabilito dalla legge, posto che il termine per il deposito del ricorso per cassazione data 17/09/2023, e lo stesso è stato depositato in data 20/09/2023. Infatti, la s secondo grado è stata emessa il 04/04/2023, con termine di giorni novanta per il deposit motivazione. Poiché la sentenza è stata depositata in cancelleria entro il predett (19/06/2023), il termine di quarantacinque giorni a disposizione dell’imputato per p ricorso per cassazione decorreva dal 03/07/2023. Considerata la sospensione dei termini periodo feriale ( dal 01/08/2023 al 31/08/2023) il predetto termine per impugnare è sc 17/09/2023.
Tenuto altresì conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzi rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abb il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilit declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. pro l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore Cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese pro ed al versamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 15 marzo 2024
Il onsigliere estensore
Il Presidente