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Termine per impugnare: quando il ricorso è tardivo

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso perché presentato oltre il termine per impugnare di 45 giorni previsto dalla legge. L’analisi si concentra sul calcolo del termine per impugnare e sulle conseguenze economiche di un deposito tardivo, come la condanna al pagamento delle spese e di una sanzione.

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Pubblicato il 5 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Termine per Impugnare: La Cassazione Sottolinea l’Importanza dei Tempi

Nel processo penale, il rispetto delle scadenze è un pilastro fondamentale. Un recente provvedimento della Corte di Cassazione ha ribadito con forza questo principio, dichiarando inammissibile un ricorso presentato oltre il termine per impugnare stabilito dalla legge. Questa decisione offre un’importante lezione sulle conseguenze procedurali ed economiche che derivano dal mancato rispetto dei tempi processuali, evidenziando come la precisione sia essenziale per la tutela dei diritti.

I Fatti del Caso

Un imputato, a seguito di una sentenza di condanna emessa dalla Corte d’Appello di L’Aquila in data 25 novembre 2024, decideva di presentare ricorso per cassazione tramite il proprio legale. Era stato accertato che l’imputato era presente durante la deliberazione della sentenza di secondo grado, un dettaglio cruciale per il calcolo dei termini.

L’Importanza del Calcolo del Termine per Impugnare

Il Codice di procedura penale, all’articolo 585, stabilisce chiaramente i termini per proporre impugnazione. Nel caso di specie, essendo l’imputato presente in aula, il termine per impugnare la sentenza d’appello con ricorso per cassazione era di quarantacinque giorni. Questo termine iniziava a decorrere dal 1° gennaio 2025, con una scadenza fissata per il 14 febbraio 2025. Tuttavia, il ricorso veniva depositato solo il 18 febbraio 2025, ovvero quattro giorni oltre il limite massimo consentito.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione, investita del caso, ha proceduto con un esame preliminare degli atti attraverso una procedura semplificata, detta de plano, riservata ai casi di manifesta inammissibilità. Gli Ermellini non hanno avuto dubbi: il ricorso era stato presentato tardivamente. Di conseguenza, la Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, senza entrare nel merito delle questioni sollevate dalla difesa.

Le Motivazioni

La motivazione della Corte è stata lineare e fondata su un principio cardine del diritto processuale: la perentorietà dei termini. Il legislatore stabilisce scadenze precise per garantire la certezza del diritto e la ragionevole durata del processo. Superare tali termini comporta la decadenza dal diritto di esercitare l’azione. La Corte ha semplicemente applicato la norma (art. 585, comma 1, lett. c, c.p.p.), constatando l’avvenuto superamento del termine di 45 giorni. La tardività del deposito ha reso l’impugnazione irricevibile, precludendo ogni possibilità di esame nel merito.

Conclusioni

La dichiarazione di inammissibilità non è priva di conseguenze. Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali. Inoltre, la Corte ha disposto la condanna al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Questa ordinanza serve da monito sull’importanza di monitorare con la massima attenzione le scadenze processuali. Un errore nel calcolo o un ritardo nel deposito, anche di pochi giorni, può compromettere irrimediabilmente l’esito di un giudizio e comportare significative sanzioni economiche.

Qual è il termine per impugnare una sentenza d’appello se l’imputato era presente al processo?
Secondo l’art. 585, comma 1, lett. c) del codice di procedura penale, citato nel provvedimento, il termine per impugnare con ricorso per cassazione è di quarantacinque giorni quando l’imputato era presente alla deliberazione della sentenza.

Cosa succede se un ricorso per cassazione viene presentato dopo la scadenza del termine?
Se il ricorso viene presentato oltre il termine stabilito dalla legge, la Corte di Cassazione lo dichiara inammissibile. Ciò significa che la Corte non esaminerà il merito delle questioni sollevate, e il ricorso verrà respinto per una ragione puramente procedurale.

Quali sono le conseguenze economiche per il ricorrente in caso di inammissibilità del ricorso?
In base all’art. 616 del codice di procedura penale, la dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma pecuniaria alla Cassa delle ammende. Nel caso specifico, la somma è stata fissata in tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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