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Termine per impugnare: quando il ricorso è tardivo

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso avverso una condanna per truffa aggravata. La decisione si fonda sul mancato rispetto del termine per impugnare, in quanto il ricorso è stato presentato oltre la scadenza di 45 giorni. La sentenza chiarisce inoltre che la proroga di 15 giorni per l’imputato assente non si applica nei casi di trattazione cartolare del giudizio d’appello, poiché tale modalità non configura un ‘giudizio in assenza’ ai fini della proroga stessa.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Termine per impugnare: quando un ritardo rende il ricorso inammissibile

Il rispetto del termine per impugnare è un pilastro fondamentale della procedura penale. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 5205/2025) ha ribadito l’assoluta perentorietà di queste scadenze, dichiarando inammissibile un ricorso presentato anche solo pochi giorni dopo il limite massimo. Questo caso offre spunti cruciali sul calcolo dei termini e sulla non applicabilità di alcune proroghe in contesti specifici, come quello della trattazione cartolare.

I Fatti del Processo

Il caso nasce dal ricorso di un individuo condannato in primo e secondo grado per il reato di truffa aggravata. La difesa aveva presentato ricorso per cassazione, sollevando diverse questioni relative a presunti vizi di motivazione e travisamento della prova da parte della Corte d’Appello. In particolare, si contestava l’interpretazione delle dichiarazioni testimoniali e l’utilizzo di informazioni raccolte dall’imputato quando, secondo la difesa, avrebbe già dovuto essere considerato indagato.

La Decisione della Corte: Ricorso Inammissibile per Tardività

Tuttavia, la Corte di Cassazione non è mai entrata nel merito delle questioni sollevate. L’attenzione dei giudici si è concentrata su un aspetto puramente procedurale: la data di presentazione del ricorso. La sentenza impugnata era stata pronunciata il 6 febbraio 2024, con un termine di 90 giorni per il deposito delle motivazioni. Le motivazioni sono state depositate tempestivamente il 16 aprile 2024. Da quel momento, la difesa aveva 45 giorni per presentare il ricorso, con scadenza fissata per il 20 giugno 2024. Il ricorso, invece, è stato depositato solo il 5 luglio 2024, ben oltre il limite consentito. Di conseguenza, la Corte lo ha dichiarato inammissibile per tardività, senza esaminarne il contenuto.

Le Motivazioni: Calcolo del termine per impugnare e l’assenza

Le motivazioni della Corte sono di natura strettamente processuale e si articolano su due punti principali.

Il primo è il calcolo matematico del termine per impugnare. Ai sensi dell’art. 585, comma 1, lett. c), del codice di procedura penale, quando il termine per depositare la motivazione della sentenza è di 90 giorni, il termine per l’impugnazione è di 45 giorni. Questo termine decorre dalla scadenza del termine per il deposito delle motivazioni. Nel caso specifico, la scadenza era il 20 giugno 2024, e il ricorso presentato il 5 luglio era irrimediabilmente tardivo.

Il secondo punto, ancora più significativo, riguarda il tentativo di applicare la proroga di 15 giorni prevista dall’art. 598-bis, comma 2, c.p.p. per l’imputato giudicato in assenza. La Corte ha chiarito che tale proroga non era applicabile. Il giudizio d’appello si era infatti svolto con ‘trattazione cartolare’, ovvero senza udienza in presenza, a causa della mancata richiesta di trattazione orale da parte della difesa. In un simile contesto, il processo si celebra senza la fissazione di un’udienza a cui l’imputato abbia diritto di partecipare. Per questo motivo, l’appellante non può essere considerato ‘giudicato in assenza’ ai fini della norma che concede la proroga. Questo principio, supportato da consolidata giurisprudenza, esclude la possibilità di beneficiare del tempo aggiuntivo quando il rito scelto o subito è quello non partecipato.

Conclusioni

La sentenza riafferma con forza la perentorietà dei termini processuali nel sistema penale. L’inammissibilità del ricorso per tardività comporta conseguenze gravissime: la decisione impugnata diventa definitiva e l’imputato viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria. La pronuncia evidenzia come la scelta del rito processuale in appello (trattazione orale o cartolare) possa avere ripercussioni dirette sui termini per l’impugnazione successiva. Per gli operatori del diritto, questo serve come un monito cruciale sull’importanza di un calcolo meticoloso delle scadenze e sulla necessità di comprendere a fondo le implicazioni di ogni scelta procedurale, poiché un errore formale può precludere definitivamente la possibilità di far valere le proprie ragioni nel merito.

Quando un ricorso per cassazione viene considerato tardivo?
Un ricorso è considerato tardivo quando viene depositato oltre la scadenza prevista dalla legge. In questo caso, il termine era di 45 giorni decorrenti dalla scadenza del termine di 90 giorni concesso alla corte d’appello per depositare le motivazioni, come stabilito dall’art. 585 del codice di procedura penale.

La proroga di 15 giorni per l’imputato assente si applica sempre?
No. La Corte di Cassazione ha specificato che la proroga non si applica se il giudizio d’appello è stato trattato con rito ‘cartolare’ (cioè basato solo su atti scritti) e non è stata avanzata richiesta di partecipazione. In tale scenario, l’imputato non è considerato ‘giudicato in assenza’ ai fini della concessione di tale proroga.

Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile per tardività?
La conseguenza principale è che il ricorso non viene esaminato nel merito e la sentenza impugnata diventa definitiva. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e di una somma in favore della cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata fissata in tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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