Termine per impugnare: il ricorso tardivo è inammissibile
Nel processo penale, il rispetto delle scadenze è un principio cardine che garantisce certezza e ordine. Il termine per impugnare una sentenza rappresenta uno di questi paletti invalicabili. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci ricorda in modo inequivocabile le conseguenze del deposito di un ricorso anche un solo giorno oltre la scadenza: l’inammissibilità e la condanna a sanzioni pecuniarie. Analizziamo insieme questo caso emblematico.
I Fatti del Caso
La vicenda processuale ha origine da una sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Catania il 20 marzo 2023. I giudici di secondo grado avevano stabilito un termine di 60 giorni per il deposito delle motivazioni della loro decisione. Questo termine è scaduto il 19 maggio 2023.
Dal giorno successivo alla scadenza del termine per il deposito delle motivazioni, ha iniziato a decorrere il termine per impugnare la sentenza in Cassazione. Ai sensi dell’art. 585, comma 1, lett. c) del codice di procedura penale, tale termine è di quarantacinque giorni.
Facendo un rapido calcolo, la scadenza ultima per presentare il ricorso era fissata per il 3 luglio 2023. Tuttavia, la difesa del ricorrente ha depositato l’atto di impugnazione il 4 luglio 2023, ovvero un giorno dopo il limite massimo consentito dalla legge.
La Decisione della Corte: il rispetto del termine per impugnare
La Corte di Cassazione, chiamata a pronunciarsi, non ha potuto fare altro che constatare la tardività del ricorso. I giudici hanno rilevato che l’impugnazione era stata proposta “senza l’osservanza del termine per impugnare stabilito dalla legge”.
Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile. Questa declaratoria impedisce alla Corte di entrare nel merito delle questioni sollevate dal ricorrente, bloccando di fatto ogni possibilità di revisione della sentenza di secondo grado. La decisione si fonda su un’applicazione rigorosa delle norme procedurali, che non ammettono deroghe o ritardi, neanche minimi.
Le Motivazioni della Decisione
La motivazione dell’ordinanza è netta e si basa sull’applicazione dell’art. 616 del codice di procedura penale. Questa norma stabilisce che, in caso di inammissibilità del ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento.
Inoltre, la Corte ha condannato il ricorrente al pagamento di una sanzione pecuniaria di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende. Tale sanzione è giustificata dal fatto che non sono emersi elementi per ritenere che la tardività del ricorso fosse dovuta a una causa non imputabile al ricorrente (assenza di colpa), come chiarito da una precedente sentenza della Corte Costituzionale (n. 186/2000). Il mancato rispetto del termine per impugnare è, salvo prove contrarie, considerato una negligenza che merita una sanzione.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa pronuncia ribadisce un principio fondamentale: i termini processuali sono perentori e il loro mancato rispetto ha conseguenze gravi e irreversibili. Un errore di calcolo o una semplice disattenzione possono vanificare un intero percorso difensivo. Per gli avvocati e i loro assistiti, ciò si traduce nella necessità di un’attenzione meticolosa alla gestione delle scadenze. La decisione sottolinea che la giustizia non attende i ritardatari; anche un solo giorno può fare la differenza tra la possibilità di vedere esaminate le proprie ragioni e una declaratoria di inammissibilità con relative sanzioni economiche.
 
Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene depositato un giorno dopo la scadenza?
Secondo l’ordinanza, il ricorso viene dichiarato inammissibile. Ciò significa che la Corte non esamina le ragioni e i motivi del ricorso, ma si ferma alla verifica del rispetto del termine procedurale.
Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso inammissibile?
La parte che ha proposto il ricorso inammissibile è condannata al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, in questo caso quantificata in 3.000 euro, da versare alla Cassa delle ammende.
Come si calcola il termine per impugnare una sentenza penale in questo caso?
Il termine di 45 giorni per l’impugnazione è iniziato a decorrere dalla scadenza del termine di 60 giorni che la Corte d’Appello si era data per depositare le motivazioni della sentenza, come previsto dall’art. 585, comma 1, lett. c) del codice di procedura penale.
 
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 7603 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7   Num. 7603  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME COGNOME nato a CATANIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 20/03/2023 della CORTE APPELLO di CATANIA
dlto avviso alle par
“— til udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
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Rilevato che il ricorso proposto da NOME COGNOME è inammissibile essendo stato proposto senza l’osservanza del termine per impugnare stabilito dalla legge; la sentenza, infatti, è stata deliberata il 20 marzo 2023 con indicazione di 60 giorni per il deposito della motivazione, termine che è decorso il 19 maggio 2023; da tale data, pertanto, ha iniziato a decorrere il termine di quarantacinque giorni per proporre impugnazione, previsto dall’art. 585, comma 1, lett. c) cod. proc. pen., che è scaduto il 3 luglio 2023 (giorno non festivo), mentre il ricorso è stato depositato il 4 luglio 2023;
stante l’inammissibilità del ricorso e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causai di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13/06/2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 9 febbraio 2024.