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Termine per impugnare e rinuncia a comparire

La Cassazione chiarisce che il termine per impugnare una sentenza decorre dalla pronuncia, anche se l’imputato non è presente, qualora abbia rinunciato a comparire. In questo caso, non è necessaria alcuna notifica e un ricorso presentato tardivamente è inammissibile. La Corte distingue inoltre tra le regole del giudizio ordinario e quelle del rito abbreviato.

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Pubblicato il 24 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Termine per Impugnare: Nessuna Notifica per l’Imputato che Rinuncia a Comparire

Comprendere quando inizia a decorrere il termine per impugnare una sentenza è cruciale nel diritto processuale penale. Una recente pronuncia della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: se l’imputato, pur detenuto, rinuncia a comparire in udienza, il termine per l’appello decorre dalla lettura della sentenza, senza necessità di notifica. Analizziamo questa decisione per capire le sue implicazioni pratiche.

I Fatti del Caso

Un imputato veniva condannato dal Tribunale di Napoli Nord con una sentenza emessa il 15 settembre 2021. La particolarità del caso risiedeva in due elementi chiave: la sentenza fu pronunciata con ‘motivazione contestuale’, ovvero le ragioni della decisione furono depositate lo stesso giorno della lettura del dispositivo, e l’imputato, detenuto per altra causa, aveva espressamente ‘rinunciato a comparire’ al processo.

Il termine previsto dalla legge per impugnare una sentenza con motivazione contestuale è di quindici giorni. Di conseguenza, la scadenza era fissata per il 30 settembre 2021. Tuttavia, la difesa depositava l’atto di appello solo il 4 ottobre 2021, quindi oltre il termine previsto.

La Corte d’Appello di Napoli, investita del caso, dichiarava l’impugnazione inammissibile per tardività. Contro questa decisione, l’imputato proponeva ricorso per Cassazione.

La questione sul termine per impugnare

Il ricorrente sosteneva che la Corte d’Appello avesse errato nel dichiarare l’inammissibilità. Secondo la sua tesi, la sentenza di primo grado avrebbe dovuto essergli notificata personalmente, poiché non era presente in aula al momento della lettura. A suo avviso, la mancata notifica impediva la decorrenza del termine per impugnare.

In particolare, la difesa richiamava l’articolo 442, comma 3, del codice di procedura penale (nella versione applicabile all’epoca), sostenendo che tale norma prevedesse l’obbligo di notifica all’imputato non presente. L’applicazione di una disciplina successiva più restrittiva, secondo il ricorrente, violava i principi del giusto processo.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha respinto il ricorso, definendolo ‘manifestamente infondato’ e confermando la decisione della Corte d’Appello. La declaratoria di inammissibilità è stata quindi ritenuta corretta.

Le motivazioni

I giudici di legittimità hanno smontato la tesi difensiva con due argomentazioni principali, nette e decisive.

In primo luogo, il riferimento all’art. 442, comma 3, cod.proc.pen. è stato giudicato del tutto inconferente. Quella norma, infatti, disciplina il rito abbreviato, mentre il processo in questione si era svolto secondo il rito ordinario. Già solo questo errore di inquadramento normativo rendeva il motivo di ricorso manifestamente infondato.

In secondo luogo, e questo è il punto centrale della decisione, la Corte ha chiarito che nessuna notifica era dovuta. Dal verbale di udienza e dalla stessa sentenza impugnata emergeva chiaramente che l’imputato era ‘rinunciante a comparire’. La giurisprudenza è consolidata nel ritenere che l’imputato che rinuncia a presenziare al proprio processo viene considerato legalmente presente a tutti gli effetti. Di conseguenza, i termini per l’impugnazione decorrono, per lui come per il difensore presente, dalla lettura in udienza del provvedimento.

La rinuncia a comparire è una scelta volontaria che implica l’accettazione delle conseguenze processuali che ne derivano, tra cui la decorrenza immediata dei termini per l’esercizio dei propri diritti, come quello di impugnazione. Non si può, quindi, invocare la propria assenza (frutto di una scelta libera) per pretendere un trattamento di favore come la notifica della sentenza.

Conclusioni

La sentenza riafferma un principio cardine della procedura penale: la conoscenza legale di un provvedimento non sempre coincide con la conoscenza effettiva. Quando un imputato sceglie consapevolmente di non partecipare al processo, la legge presume che egli sia comunque rappresentato dal suo difensore e che i termini processuali decorrano regolarmente dalla loro pronuncia pubblica in udienza. Pertanto, il termine per impugnare una sentenza con motivazione contestuale di 15 giorni scatta immediatamente dalla data dell’udienza per l’imputato rinunciante, senza attendere alcuna notifica. Questa decisione serve da monito sull’importanza di monitorare attentamente le scadenze processuali, anche e soprattutto quando si sceglie di non essere presenti in aula.

Quando inizia a decorrere il termine per impugnare una sentenza penale per un imputato che ha rinunciato a comparire?
Il termine per impugnare inizia a decorrere dalla data della lettura della sentenza in udienza. La rinuncia a comparire equivale a una presenza legale, quindi non è necessaria alcuna notifica personale all’imputato per far scattare la decorrenza dei termini.

Qual è il termine per impugnare una sentenza con motivazione letta e depositata contestualmente?
Il termine è di quindici giorni, come previsto dagli articoli 585, comma 1, lettera a), e 544, comma 1, del codice di procedura penale.

Perché il richiamo all’articolo 442, comma 3, del codice di procedura penale è stato ritenuto errato in questo caso?
Il richiamo è stato ritenuto errato perché l’articolo 442, comma 3, cod.proc.pen. riguarda le sentenze emesse a seguito di giudizio abbreviato, mentre il processo in questione si era svolto con rito ordinario, a cui si applicano regole diverse in materia di termini e notifiche.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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