Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 47730 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 47730 Anno 2024
Presidente: IMPERIALI NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 14/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di
COGNOME NOMECOGNOME nata a Licata il 9.9.2002;
relativa all’istanza di revoca dell’ordinanza del GIP del Tribunale di Agrigento del 14.6.2024;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con istanza datata 25.6.2024 e trasmessa, tramite PEC, in data 30.6.2024, il difensore di NOME COGNOME aveva chiesto al GIP del Tribunale di Agrigento la revoca o, in subordine, la sostituzione, con altra meno afflittiva, della
misura cautelare dell’obbligo di dimora che era stata adottata nei confronti di costei in data 14.6.2024 nell’ambito del procedimento 2287/2024 RGNR, sul rilievo della insussistenza di elementi indiziari idonei a giustificare la limitazione della libertà personale in termini tali da non precludere la paventata reiterazione delittuosa;
in data 1.10.2024 il difensore della COGNOME ha proposto ricorso per cassazione deducendo violazione di legge con riguardo all’inosservanza, da parte del GIP, dell’obbligo di provvedere sull’istanza entro il termine di cinque giorni previsto dall’art. 299 cod. proc. pen., la cui violazione si rifletterebbe sulla stessa validità dell’ordinanza genetica.
Va in primo luogo precisato che, dall’esame degli atti, risulta che il GIP ha provveduto sull’istanza di revoca con provvedimento del 2.10.2024 e, perciò, in data successiva al ricorso per cassazione che, difatti, ha riguardato ed avuto ad oggetto la sola violazione – di per sé – del termine di cinque giorni previsto dall’art. 299 cod. proc. pen..
A prescindere dalla impossibilità di configurare una impugnazione che non abbia avuto di mira un provvedimento ma la mera inerzia nella sua adozione, è sufficiente ad ogni modo richiamare la risalente ed uniforme giurisprudenza di questa Corte che, da sempre, ha affermato che il termine di cinque giorni previsto dall’art. 299, comma 3, cod. proc. pen., per la decisione sull’istanza di revoca o sostituzione delle misure coercitive ha natura ordinatoria, con la conseguenza per cui nessuna invalidità processuale, sanzionabile in questa sede e, comunque, nel caso di specie nemmeno configurabile, può derivare dalla sua inosservanza (cfr., Sez. 1 – , n. 479 del 08/10/2020, dep. 08/01/2021, Elia, Rv. 280215 – 0; Sez. 6, n. 44092 del 14/10/2014, COGNOME, Rv. :260719-01; Sez. 6, n. 7319 del 11/02/2009, COGNOME, Rv. 242925-01; Sez. 6, n. 3546 del 07/12/1991, dep. 05/03/1991, Rv. 190039; Sez. 1, n. 3 587 del 05/03/1990, Sortino, Rv. 18374001).
L’inammissibilità del ricorso comporta la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., della somma – che si stima equa – di euro 3.000 in favore della Cassa delle Ammende, non sussistendo ragioni che consentano di escludere profili di colpevolezza nell’attivare l’impugnazione.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 14.11.2024