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Termine ordinatorio: Cassazione su revoca misure

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso contro l’inerzia del Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) nel decidere sulla revoca di una misura cautelare. La Corte ha confermato che il termine di cinque giorni previsto dalla legge ha natura di termine ordinatorio e la sua violazione non comporta alcuna nullità o invalidità del provvedimento tardivo.

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Pubblicato il 12 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Termine Ordinatorio: Cosa Succede se il Giudice Decide in Ritardo?

Il concetto di termine ordinatorio è cruciale nel diritto processuale penale e distingue le scadenze la cui violazione ha conseguenze giuridiche da quelle che fungono solo da indicazione. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha chiarito le conseguenze del mancato rispetto del termine di cinque giorni che il giudice ha per decidere sulla revoca di una misura cautelare. Analizziamo insieme questo caso per capire perché non sempre un ritardo del giudice invalida un atto.

I Fatti del Caso: Una Richiesta di Revoca e l’Attesa

Il caso riguarda una persona sottoposta alla misura cautelare dell’obbligo di dimora. Il suo difensore aveva presentato un’istanza al Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) per chiedere la revoca o la sostituzione della misura con una meno restrittiva. La legge, precisamente l’articolo 299 del codice di procedura penale, prevede che il giudice debba decidere su tale richiesta entro cinque giorni.

Tuttavia, trascorso questo lasso di tempo, il GIP non aveva ancora emesso alcun provvedimento. Di fronte a questa inerzia, il difensore ha deciso di presentare ricorso direttamente alla Corte di Cassazione, lamentando la violazione della norma a causa del superamento del termine.

La Decisione della Corte e il Principio del Termine Ordinatorio

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, basando la sua decisione su un principio consolidato nella giurisprudenza. I giudici supremi hanno chiarito due punti fondamentali.

L’Inammissibilità del Ricorso Contro l’Inerzia

In primo luogo, il ricorso è stato considerato inammissibile perché era diretto non contro un provvedimento specifico, ma contro la semplice inerzia del GIP. L’impugnazione, per sua natura, deve avere ad oggetto un atto giuridico esistente, non la sua assenza.

La Natura del Termine di Cinque Giorni

Il punto centrale della sentenza riguarda la natura del termine di cinque giorni. La Corte ha ribadito che questo termine è ordinatorio e non perentorio. Ciò significa che funge da indicazione per sollecitare una decisione rapida, ma il suo superamento non produce alcuna nullità o invalidità del provvedimento che viene eventualmente emesso in ritardo.

Le Motivazioni della Sentenza

Le motivazioni della Corte si fondano su una giurisprudenza uniforme e risalente. I giudici hanno spiegato che il legislatore ha scelto di non associare conseguenze processuali drastiche, come la nullità, alla violazione di questo specifico termine. L’obiettivo è garantire che la decisione sulla libertà personale sia ponderata, anche se ciò richiede un tempo leggermente superiore a quello indicato. Se il termine fosse perentorio, un provvedimento emesso al sesto giorno sarebbe nullo, una conseguenza ritenuta sproporzionata. La Corte ha quindi confermato che nessuna sanzione processuale può derivare dalla sua inosservanza. Poiché il ricorso era manifestamente infondato, la ricorrente è stata condannata al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle Ammende.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa sentenza conferma un importante principio di procedura penale: non tutte le scadenze processuali sono uguali. La distinzione tra termine ordinatorio e termine perentorio è fondamentale. Per gli avvocati e i loro assistiti, ciò significa che il ritardo di un giudice nel decidere su un’istanza di revoca di una misura cautelare non costituisce, di per sé, un motivo valido per impugnare l’atto. Sebbene la celerità sia un valore, la validità del provvedimento finale non è compromessa dal suo superamento. La decisione sottolinea la stabilità degli atti giudiziari e la necessità di basare le impugnazioni su vizi sostanziali o violazioni di termini esplicitamente definiti come perentori dalla legge.

Il termine di cinque giorni che il GIP ha per decidere sulla revoca di una misura cautelare è perentorio?
No, la Corte di Cassazione ha ribadito, in linea con la sua giurisprudenza consolidata, che questo termine ha natura “ordinatoria”, ovvero funge da indicazione ma non è vincolante ai fini della validità dell’atto.

Cosa succede se il giudice non rispetta il termine ordinatorio di cinque giorni?
La sua inosservanza non comporta alcuna invalidità processuale né rende nullo il provvedimento che viene adottato successivamente, oltre il termine stabilito. L’atto tardivo resta pienamente valido ed efficace.

È possibile presentare ricorso per cassazione contro la semplice inerzia del giudice che non ha ancora deciso?
No, la Corte ha specificato che non è possibile configurare un’impugnazione che non abbia ad oggetto un provvedimento specifico, ma solo la mera inerzia nella sua adozione. Il ricorso deve essere diretto contro un atto esistente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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