Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 2838 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 2838 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 01/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME COGNOME nata in Cina il 12/08/1972
avverso l’ordinanza emessa il 05/03/2024 dal Tribunale di Catanzaro;
udita la relazione svolta dal Consigliere, NOME COGNOME udito il Sostituto Procuratore Generale, dott.ssa NOME COGNOME che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile; udita l’Avv.ta NOME COGNOME difensore di fiducia dell’indagata, che ha concluso insistendo per l’accoglimento del motivo di ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Catanzaro ha confermato l’ordinanza con cui è stata applicata la misura della custodia in carcere nei confronti di NOME COGNOME ritenuta gravemente indiziata dei delitti di cui agli artt. 74 (con ruolo apicale) e 73 d.P.R. 9 ottobre 199 309.
Ha proposto ricorso per cassazione l’indagata articolando un unico motivo con cui deduce violazione di legge e vizio di motivazione.
Si premette che in sede di convalida del fermo il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Salerno, con provvedimento del 19.1.2014, aveva ritenuto sussistenti i gravi indizi di colpevolezza e disposto la misura cautelare, ma aveva declinato la propria competenza territoriale, procedendosi per reati di cui all’art 51, comma 3 bis, cod. proc. pen.; trasmessi gli atti alla Autorità competente (Catanzaro), il Pubblico Ministero aveva chiesto la rinnovazione della misura cautelare che il Giudice disponeva con provvedimento del 1.2.2024, depositato il 15.2.2024.
Sostiene la ricorrente che il “nuovo” provvedimento sarebbe stato emesso oltre il termine di venti giorni di cui all’art. 27 cod. proc. pen.
Il Tribunale, si argomenta, avrebbe erroneamente affermato che il provvedimento sarebbe datato 1.2.2024 e che ciò sarebbe attestato non solo dalla firma dell’ausiliario apposta di seguito ma, soprattutto, dal verbale con cui lo stesso Giudice in data 2.2.2024 aveva conferito incarico all’interprete per procedere, entro il 14.2.2024, alla traduzione della ordinanza e della richiesta cautelare entro il 14.2.2024.
Sostiene invece l’indagata che:
la firma dell’ausiliario sarebbe “di accompagno ad un timbro di cancelleria con cui è attestata la conformità della copia all’originale datata 15.2.20204 (e non 1.2.2024)” (così il ricorso);
nel frontespizio della ordinanza vi sarebbe un timbro di ricezione della Procura da parte del Cancelliere datato 15.2.2024, con firma di questi;
quanto all’incarico peritale, non sarebbe configurabile l’esistenza di un provvedimento prima del suo deposito.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1,11 ricorso è inammissibile per più ragioni.
La prima attiene al conferimento da parte del Tribunale dell’incarico peritale in data 2.2.2024 avente ad oggetto la traduzione dell’ordinanza e della richiesta cautelare che, diversamente dagli assunti difensivi, rivela sostanzialmente l’esistenza del nuovo titolo cautelare.
Sotto altro profilo, le Sezioni unite hanno chiarito come dall’inutile decorso del termine di venti giorni previsto dall’art. 27 cod. proc. pen. non derivi una sanzione processuale per l’inerzia dell’organo giudiziario competente, né discenda la perdita del potere da parte di questo di emettere l’ordinanza cautelare, in ragione di una sorta di decadenza che si verificherebbe per l’inosservanza di un termine perentorio.
Si è notato infatti come le ipotesi di decadenza espressamente previste dal codice riguardino le attività di parte, a cui sole è riconosciuta la facoltà di chiedere
restituzione nei termini stabiliti a pena di decadenza, e si è osservato quanto al Giudice, che questi può incorrere solo negli effetti derivanti dalle preclusioni.
Da tale premessa si è fatta discendere l’affermazione secondo cui la inosservanza del termine di venti giorni, di cui all’art. 27 cod. proc. pen., non origina né una sanzion processuale – che colpirebbe la sfera dei poteri del giudice rimasto inerte – e neppure una preclusione, ovvero la perdita di un potere processuale, non potendo affermarsi nella specie che il giudice abbia già esercitato, consumandolo, detto potere.
Il termine di venti giorni, di cui all’art. 27 cod. proc. pen., si è spiegato, attiene all’esecutività della misura già adottata ma non concerne il potere – dovere del giudice competente di emettere l’ordinanza cautelare, non essendovi una preclusione sul punto.
Il giudice a cui sono trasmessi gli atti ha dunque facoltà di emettere, sulla base di un’autonoma valutazione delle condizioni legittimanti, ancorché desunte dagli stessi fatti, un provvedimento cautelare che ha una autonomia strutturale rispetto al precedente ad effetti interinali e che in realtà solo impropriamente può considerarsi di “conferma” o di “reiterazione” di quello precedente (Sez. U., n. 15 del 18/06/1993, COGNOME, Rv. 194315; Sez. 2, n. 4045 del 10/01/2013, COGNOME, Rv. 254306; più di recente, sez. 6, n. 12609 del 17/12/2020 – dep. 01/04/2021 – Rv. 281146).
Si tratta, dunque, di un nuovo provvedimento, autonomo rispetto al precedente.
Sul punto il ricorso rivela la sua strutturale genericità non essendo state specificate le ragioni per le quali l’ordinanza impugnata non potrebbe essere considerata un provvedimento diverso, impugnabile in sede di riesame, contenente una autonoma e nuova valutazione dei requisiti di legittimità.
L’inammissibilità del ricorso determina, a norma dell’articolo 616 cod. proc. pen., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed al versamento a favore della Cassa delle Ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma ritenuta equa di C 3.000,00 a titolo di sanzione pecuniaria
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
cod. proc. pen. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att.
Così deciso in Roma I’l ottobre 2024
re estensore Il Consi
Il Presipenyp