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Termine indagini ignoti: quando il GIP può fissarlo?

La Corte di Cassazione ha stabilito che non è abnorme l’ordinanza con cui il GIP, in un procedimento contro ignoti, ordina ulteriori indagini e fissa un termine per il loro compimento. La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso di un Pubblico Ministero, chiarendo che la sanzione dell’inutilizzabilità degli atti compiuti oltre la scadenza non si applica ai procedimenti contro ignoti. Di conseguenza, fissare un termine indagini ignoti non crea alcun pregiudizio per l’accusa e rientra nei poteri del giudice.

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Pubblicato il 30 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Termine indagini ignoti: la Cassazione conferma i poteri del GIP

La fissazione di un termine indagini ignoti da parte del Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) è da considerarsi un atto legittimo o una violazione delle prerogative del Pubblico Ministero? Con la sentenza n. 5313/2024, la Corte di Cassazione ha offerto un chiarimento fondamentale, stabilendo che, nei procedimenti a carico di persone non identificate, l’ordine del GIP di svolgere ulteriori indagini entro un termine prestabilito non costituisce un atto abnorme e, pertanto, non è impugnabile.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da un procedimento penale a carico di ignoti per violazione dell’art. 2634 del codice penale. Il Pubblico Ministero (PM) aveva richiesto l’archiviazione del caso, ma la persona offesa si era opposta. All’esito dell’udienza, il GIP del Tribunale, anziché accogliere la richiesta di archiviazione, ha disposto lo svolgimento di ulteriori indagini per un diverso reato, quello di tentata indebita percezione di erogazioni pubbliche (artt. 56 e 316-ter c.p.).

Elemento cruciale della decisione del GIP è stata la fissazione di un termine di sei mesi per il compimento di tali nuove indagini, con successiva restituzione degli atti al PM.

Il Ricorso del PM e la questione del termine indagini ignoti

Ritenendo tale provvedimento lesivo delle proprie prerogative, il PM ha presentato ricorso per cassazione, sostenendo che l’ordinanza del GIP costituisse un “atto abnorme”. Secondo la Procura, la fissazione di un termine vincolante per indagini relative a nuove ipotesi di reato, peraltro inferiore a quello ordinario previsto dalla legge, violava l’autonomia del PM nell’esercizio dell’azione penale. La giurisprudenza di legittimità, infatti, considera abnorme il provvedimento con cui il giudice, ordinando l’iscrizione di nuovi indagati o nuove imputazioni, impone al PM un termine per le indagini, poiché in tali casi si applicano le regole ordinarie.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso del PM inammissibile, operando una distinzione fondamentale basata sulla natura del procedimento: quello in esame era contro ignoti.

La Corte ha chiarito che il provvedimento del GIP non era un ordine di iscrizione di una persona specifica nel registro degli indagati, ma un impulso a compiere accertamenti prodromici a verificare se emergessero elementi idonei per una futura iscrizione. L’elemento decisivo, tuttavia, risiede nelle conseguenze del superamento del termine.

Citando un proprio precedente (Sez. 6, n. 20064 del 25/03/2014), la Cassazione ha ribadito un principio cruciale: la previsione normativa sull’inutilizzabilità degli atti di indagine compiuti oltre il termine di durata non trova applicazione nei procedimenti contro ignoti. Questo significa che, anche se il PM avesse superato il termine di sei mesi fissato dal GIP, gli atti investigativi compiuti successivamente sarebbero rimasti pienamente validi e utilizzabili.

Poiché dal superamento del termine non deriva alcun pregiudizio concreto per l’attività del Pubblico Ministero, l’ordinanza del GIP non può essere considerata “abnorme”. Essa si inserisce legittimamente nel potere di controllo del giudice sul corretto esercizio dell’azione penale, volto a evitare la stasi del procedimento.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

La sentenza consolida un importante principio di procedura penale. In un procedimento contro ignoti, il GIP può legittimamente ordinare al PM di svolgere ulteriori indagini, fissando anche un termine per il loro espletamento. Tale potere non lede l’autonomia del PM, poiché l’eventuale sforamento del termine non comporta l’inutilizzabilità degli atti. La decisione della Corte mira a bilanciare l’autonomia investigativa della Procura con l’esigenza di garantire un controllo giurisdizionale effettivo sulla progressione delle indagini, specialmente quando queste rischiano di arenarsi senza un impulso esterno.

Un Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) può fissare un termine al Pubblico Ministero per compiere nuove indagini?
Sì, l’art. 409, comma 4, del codice di procedura penale conferisce al GIP il potere di indicare ulteriori indagini necessarie e di fissare un termine per il loro compimento. Le conseguenze di tale ordine, però, variano a seconda che il procedimento sia contro noti o ignoti.

Perché l’ordine di fissare un termine per le indagini contro ignoti non è considerato un ‘atto abnorme’?
Non è considerato un atto abnorme perché, come chiarito dalla Cassazione, la sanzione processuale dell’inutilizzabilità degli atti compiuti dopo la scadenza del termine non si applica ai procedimenti contro ignoti. Di conseguenza, il Pubblico Ministero non subisce alcun pregiudizio concreto dalla fissazione di tale termine.

Cosa succede se il Pubblico Ministero non rispetta il termine fissato dal GIP in un’indagine contro ignoti?
Secondo quanto stabilito dalla sentenza, il mancato rispetto del termine non comporta alcuna conseguenza negativa sulla validità o utilizzabilità degli atti di indagine compiuti successivamente. Gli atti rimangono pienamente efficaci ai fini del procedimento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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