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Termine impugnazione sequestro: unico per indagato e difensore

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un indagato, confermando che il termine per l’impugnazione del sequestro preventivo è unico e decorre dalla conoscenza dell’atto da parte dell’interessato, non dalla notifica al difensore. La Corte ha ritenuto manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale, sottolineando che la specificità delle misure cautelari reali giustifica la concentrazione dei termini per garantire la celerità del procedimento.

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Pubblicato il 28 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Termine Impugnazione Sequestro: la Cassazione conferma il termine unico per indagato e difensore

Nel processo penale, i termini sono perentori e il loro mancato rispetto può avere conseguenze irreversibili, come la perdita del diritto di contestare un provvedimento. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio cruciale riguardo il termine impugnazione sequestro preventivo, chiarendo che esso è unico sia per l’indagato che per il suo difensore e decorre dalla conoscenza dell’atto da parte del primo. Analizziamo questa importante decisione.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine dalla decisione del Tribunale del riesame di Roma, che aveva dichiarato inammissibile un ricorso contro un’ordinanza di sequestro preventivo. Il motivo dell’inammissibilità era la tardività: l’impugnazione era stata proposta oltre il termine di dieci giorni previsto dalla legge.

La difesa dell’indagato sosteneva che tale termine dovesse decorrere non dal momento in cui l’interessato aveva avuto conoscenza dell’esecuzione del sequestro, ma dalla data in cui il difensore ne era stato formalmente informato. A sostegno di questa tesi, il ricorrente sollevava una questione di legittimità costituzionale dell’art. 324 del codice di procedura penale, per presunto contrasto con i principi di uguaglianza e del diritto di difesa.

La Questione Giuridica sul Termine Impugnazione Sequestro

Il cuore della controversia era l’interpretazione dell’art. 324, comma 1, c.p.p., che stabilisce la decorrenza del termine per la richiesta di riesame “dalla data di esecuzione del provvedimento che ha disposto il sequestro o dalla diversa data in cui l’interessato ha avuto conoscenza dell’avvenuto sequestro”.

La difesa invocava come termine di paragone (c.d. tertium comparationis) la disciplina per la richiesta di giudizio abbreviato a seguito di decreto di giudizio immediato, per la quale la Corte Costituzionale aveva già stabilito termini di decorrenza differenziati per l’imputato e il difensore. L’argomento era che, anche nel caso del sequestro, una decorrenza unica penalizzerebbe il diritto di difesa, non garantendo al legale un tempo autonomo per valutare e proporre l’impugnazione.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha respinto il ricorso, ritenendolo infondato e confermando l’orientamento consolidato delle Sezioni Unite (sentenza n. 27777/2006). I giudici hanno chiarito che la disciplina del termine impugnazione sequestro è esaustiva e individua un unico momento iniziale per la decorrenza, valido per tutti i soggetti legittimati a impugnare.

La Corte ha spiegato che questa scelta del legislatore è giustificata dalla natura stessa della misura cautelare reale. A differenza delle scelte strategiche del processo di merito (come la richiesta di un rito alternativo), la fase cautelare è caratterizzata da cadenze rapide e dalla necessità di definire celermente la sorte dei beni sequestrati. La concentrazione dei termini di impugnazione in un unico momento risponde a questa esigenza di celerità.

Inoltre, la Corte ha smontato il paragone con il giudizio abbreviato. In quel contesto, la scelta tra rito ordinario e abbreviato è complessa e richiede un adeguato spatium deliberandi (spazio di riflessione) sia per l’imputato che per il difensore, giustificando termini differenziati. Nel caso del sequestro, invece, la contestazione riguarda un provvedimento incidentale e la contrazione dei tempi non determina una lesione insanabile del diritto di difesa.

Secondo la Cassazione, la modulazione dei termini processuali rientra nella discrezionalità del legislatore. Finché tale scelta non viola in modo palese ed irragionevole il diritto di difesa, essa è da considerarsi legittima. Nel caso specifico, l’unificazione del termine non è stata ritenuta tale da compromettere l’effettività della difesa, rendendo la questione di legittimità costituzionale manifestamente infondata.

Conclusioni

La sentenza riafferma un principio fondamentale per chi opera nel diritto penale: il termine per impugnare un sequestro è di dieci giorni e decorre, inesorabilmente, dal momento in cui l’indagato ha conoscenza dell’avvenuta esecuzione della misura. Non esiste un termine autonomo e successivo per il difensore. Questa decisione sottolinea l’importanza per il legale di agire con la massima tempestività, coordinandosi strettamente con il proprio assistito fin dai primissimi momenti successivi all’esecuzione di un sequestro, al fine di non incorrere in decadenze che precluderebbero la possibilità di contestare il provvedimento.

Da quando decorre il termine di dieci giorni per impugnare un sequestro preventivo?
Il termine decorre dalla data di esecuzione del provvedimento o dalla diversa data in cui l’interessato (l’indagato) ha avuto effettiva conoscenza dell’avvenuto sequestro.

Il termine per l’impugnazione del sequestro è diverso per l’indagato e per il suo avvocato?
No, la Corte di Cassazione ha confermato che il termine è unico sia per l’indagato che per il suo difensore e inizia a decorrere dallo stesso momento, ovvero dalla conoscenza del sequestro da parte dell’interessato.

Perché la Corte ha ritenuto non valida la comparazione con il termine per la richiesta di giudizio abbreviato?
La Corte ha ritenuto la comparazione non valida perché le due situazioni hanno esigenze diverse. La fase cautelare reale richiede celerità e concentrazione dei termini, mentre la scelta di un rito processuale come il giudizio abbreviato necessita di un adeguato tempo di riflessione (spatium deliberandi) sia per l’imputato che per il difensore, giustificando termini di decorrenza differenziati.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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