Termine Impugnazione Penale: la Tardività Costa Cara
Nel labirinto delle procedure legali, il tempo non è solo denaro, è giustizia. Il rispetto del termine impugnazione penale è una delle colonne portanti del nostro sistema processuale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci ricorda in modo inequivocabile che ignorare le scadenze procedurali ha conseguenze definitive e onerose. Analizziamo come un ricorso, pur potenzialmente fondato nel merito, possa naufragare contro lo scoglio insormontabile della tardività.
I Fatti del Caso
La vicenda processuale ha origine dal ricorso presentato da un individuo avverso un’ordinanza emessa dalla Corte d’Appello di Palermo. Il provvedimento impugnato era stato regolarmente notificato alla parte interessata in data 22 giugno 2023. Tuttavia, l’atto di ricorso per cassazione veniva depositato solo il 10 luglio 2023.
A prima vista, potrebbe sembrare un ritardo di pochi giorni, ma nel rigido quadro della procedura penale, anche un solo giorno può fare la differenza tra poter far valere le proprie ragioni e vedersi chiudere la porta della giustizia.
La Decisione della Corte e il Termine Impugnazione Penale
La Corte di Cassazione, investita della questione, non è nemmeno entrata nel merito delle doglianze del ricorrente (vizio di motivazione e violazione di legge). La sua attenzione si è concentrata su un aspetto preliminare e assorbente: la tempestività del ricorso.
I giudici hanno rilevato che il ricorso era irrimediabilmente inammissibile per tardività. La legge, infatti, stabilisce regole precise. Per i provvedimenti emessi all’esito di un procedimento camerale, come nel caso di specie, l’articolo 585, comma 1, lettera a), del codice di procedura penale fissa il termine impugnazione penale in 15 giorni. Questo termine decorre dalla notificazione del provvedimento alla parte. Essendo stato notificato il 22 giugno 2023, il termine ultimo per impugnare scadeva ben prima del 10 luglio 2023, data in cui il ricorso è stato effettivamente depositato.
Le Motivazioni della Decisione
La motivazione della Corte è lineare e fondata su principi cardine della procedura. Il termine di 15 giorni non è un semplice suggerimento, ma una scadenza prevista a pena di decadenza. Ciò significa che il suo mancato rispetto comporta la perdita irrimediabile del diritto di impugnare. Non esistono scusanti o proroghe, salvo casi eccezionali non ravvisati nella fattispecie.
Di fronte a una causa di inammissibilità così evidente, la Corte ha applicato la procedura semplificata “de plano”, prevista dall’articolo 610, comma 5-bis, del codice di procedura penale. Questa procedura consente ai giudici di decidere senza un’udienza formale, basandosi esclusivamente sugli atti, accelerando così la definizione del procedimento quando l’esito è scontato.
Inoltre, la Corte ha condannato il ricorrente non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma di quattromila euro in favore della Cassa delle ammende. Questa sanzione pecuniaria è una conseguenza diretta della dichiarazione di inammissibilità. I giudici hanno richiamato una fondamentale sentenza della Corte Costituzionale (n. 186/2000), la quale stabilisce che tale condanna è legittima quando non si ravvisi un’assenza di colpa da parte del ricorrente nel determinare la causa di inammissibilità. In questo caso, il ritardo nel deposito dell’atto è stato considerato un errore procedurale imputabile.
Le Conclusioni
Questa ordinanza ribadisce una lezione fondamentale per chiunque si approcci a un contenzioso legale: la forma e i tempi sono sostanza. La perentorietà del termine impugnazione penale non ammette deroghe. La decisione della Cassazione sottolinea come la diligenza nel rispetto delle scadenze procedurali sia un presupposto indispensabile per l’esercizio del diritto di difesa. Un errore su questo punto non solo vanifica le ragioni di merito, ma comporta anche significative conseguenze economiche, trasformando un tentativo di ottenere giustizia in un ulteriore onere per il cittadino.
Qual è il termine per impugnare un’ordinanza emessa in un procedimento camerale penale?
Secondo l’art. 585, comma 1, lettera a), del codice di procedura penale, il termine per l’impugnazione in questi casi è di 15 giorni, decorrenti dalla notificazione del provvedimento.
Cosa accade se un ricorso viene depositato dopo la scadenza del termine previsto dalla legge?
Se il ricorso viene depositato oltre il termine perentorio, viene dichiarato inammissibile per tardività. Questo impedisce alla corte di esaminare le ragioni di merito dell’impugnazione.
Quali sono le conseguenze economiche per chi presenta un ricorso dichiarato inammissibile?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende (nel caso specifico, quattromila euro), a meno che non si dimostri un’assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 13883 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 13883 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 20/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a SCIACCA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 18/05/2022 della CORTE APPELLO di PALERMO
d9aviso, 9fl parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
Visto il ricorso proposto da COGNOME NOME, a mezzo del difensore, avverso l’ordinanza in epigrafe indicata;
rilevato che, a motivi di ricorso, la difesa deduce: vizio di motivazione, inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 314 cod. pen.
Rilevato che il ricorso é inammissibile per tardività. Invero, il termine per impugnare i provvedimenti emessi all’esito di procedimento camerale è pari a 15 giorni, ai sensi dell’art. 585, comma 1, lettera a), cod.proc.pen.; e che tale termine nella specie decorreva dalla notificazione dell’avviso di deposito del provvedimento impugnato. Quest’ultimo è stato notificato alla parte il 22 giugno 2023, mentre il ricorso è stato depositato il 10 luglio 2023, ossia dopo lo spirare del termine per impugnare, previsto a pena di decadenza.
Ritenuto che deve adottarsi la procedura “de plano” ai sensi dell’art. 610, comma 5-bis, cod. proc. pen. (cfr. Sez. 5, n. 30117 del 14/03/2018, Cannone e a., Rv. 273488).
Ritenuto che il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali e della somma di euro quattromila in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa d’inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro quattromila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 20 marzo 2024
Il Consigliere estensore
Il PesiJeitte