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Termine impugnazione penale: quando non si applica

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso per bancarotta fraudolenta perché presentato fuori tempo massimo. Il caso chiarisce che il termine impugnazione penale non beneficia dell’estensione di 15 giorni prevista per l’imputato assente quando il giudizio d’appello si è svolto con rito camerale non partecipato, poiché in tale contesto non si configura un giudizio in assenza.

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Pubblicato il 12 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Termine Impugnazione Penale: Scadenze Rigide nei Processi Camerali

Il rispetto del termine impugnazione penale è un pilastro fondamentale della procedura penale, la cui violazione comporta conseguenze drastiche come l’inammissibilità del ricorso. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha offerto un importante chiarimento su come calcolare tale termine, in particolare quando il giudizio di secondo grado si svolge con rito camerale non partecipato. Questa decisione sottolinea la necessità di una scrupolosa attenzione da parte dei difensori alle modalità procedurali adottate, poiché da esse dipendono scadenze non prorogabili.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da una condanna per il reato di bancarotta fraudolenta per distrazione, confermata dalla Corte d’Appello. L’imputato, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso per Cassazione avverso tale sentenza. Tuttavia, il punto cruciale non riguardava il merito della condanna, ma una questione puramente procedurale: la tempestività del ricorso stesso. Il giudizio d’appello si era infatti svolto secondo le modalità del procedimento camerale non partecipato, una procedura basata su atti scritti e senza la presenza delle parti, introdotta per snellire i processi.

La Questione sul Termine Impugnazione Penale

La difesa sosteneva, implicitamente, di poter beneficiare di un’estensione del termine per l’impugnazione. La legge prevede, infatti, che il termine standard di 45 giorni possa essere aumentato di ulteriori 15 giorni per l’imputato giudicato in assenza. Il quesito giuridico sottoposto alla Suprema Corte era quindi il seguente: un imputato il cui processo d’appello si è celebrato con rito camerale non partecipato può essere considerato “giudicato in assenza” e, di conseguenza, usufruire della proroga del termine impugnazione penale?

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha respinto categoricamente questa interpretazione, dichiarando il ricorso inammissibile per tardività. Le motivazioni della decisione si fondano su una precisa distinzione tra il concetto di “assenza” e la natura del rito camerale non partecipato.

I giudici hanno chiarito che il termine per impugnare la sentenza di appello, depositata il 20 marzo 2024, era di 45 giorni e scadeva quindi il 5 maggio 2024. Il ricorso, presentato il 13 maggio 2024, era palesemente tardivo.

Il punto centrale della motivazione risiede nella negazione della proroga di 15 giorni (prevista dall’art. 585, comma 1-bis, c.p.p.). La Corte ha spiegato che tale estensione si applica solo all’imputato “giudicato in assenza”. Tuttavia, nel procedimento camerale non partecipato (disciplinato dall’art. 23-bis del D.L. 137/2020), il processo si celebra senza la fissazione di un’udienza alla quale le parti hanno diritto di partecipare fisicamente. Di conseguenza, l’imputato appellante non può essere considerato “assente” da un’udienza che, per legge, non prevede la sua partecipazione. Viene meno il presupposto stesso per l’applicazione della norma di favore. La Corte ha richiamato precedenti conformi, consolidando un orientamento giurisprudenziale ormai chiaro.

Conclusioni

L’ordinanza in esame ribadisce un principio procedurale di fondamentale importanza: il calcolo del termine impugnazione penale richiede un’analisi attenta del rito con cui si è svolto il grado precedente. La proroga di 15 giorni per l’imputato assente non è un automatismo, ma è strettamente legata alla natura del giudizio. Nei casi di procedimento camerale non partecipato, la scadenza per il ricorso è perentoria e non ammette estensioni. Questa pronuncia serve da monito per gli operatori del diritto, evidenziando come la mancata osservanza dei termini processuali, anche a causa di un’errata interpretazione delle norme, conduca all’inammissibilità dell’impugnazione e alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, rendendo definitiva la sentenza di condanna.

Qual è il termine ordinario per presentare ricorso in Cassazione dopo il deposito delle motivazioni della sentenza d’appello?
Il termine ordinario, nel caso di specie, è di quarantacinque giorni dalla data di deposito della motivazione della sentenza, come previsto dall’art. 585, comma 1, lettera c), del codice di procedura penale.

L’estensione di 15 giorni del termine per l’impugnazione si applica se il processo d’appello si è svolto con rito camerale non partecipato?
No. Secondo questa ordinanza, l’estensione non si applica perché in un procedimento camerale non partecipato, che si celebra senza un’udienza fisica, l’imputato non può essere considerato “giudicato in assenza”, condizione necessaria per beneficiare della proroga.

Cosa comporta la presentazione di un ricorso oltre il termine stabilito dalla legge?
La presentazione di un ricorso tardivo ne determina l’inammissibilità. Di conseguenza, il giudice non esamina il merito dell’impugnazione e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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