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Termine impugnazione: calcolo senza riserva di giorni

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso perché tardivo, chiarendo le regole per il calcolo del termine impugnazione. L’errore dell’imputato è stato presumere una riserva di 30 giorni per il deposito della motivazione da parte del giudice, riserva mai avvenuta. La Corte ribadisce che, in assenza di tale riserva, il termine per impugnare è di 30 giorni dal deposito della sentenza, rendendo l’appello presentato oltre tale scadenza (pur considerando la sospensione per Covid-19) irricevibile.

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Pubblicato il 8 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Termine Impugnazione: Errore Fatale nel Calcolo dei Giorni

Nel processo penale, il rispetto delle scadenze è un pilastro fondamentale che garantisce certezza e ordine. Il termine impugnazione rappresenta il limite temporale entro cui è possibile contestare una sentenza. Un errore nel suo calcolo può avere conseguenze drastiche, come l’inammissibilità dell’atto, che preclude ogni ulteriore esame nel merito. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ci offre un chiaro esempio di come un’errata presunzione sui tempi di deposito della motivazione possa rivelarsi fatale, rendendo l’appello tardivo e, di conseguenza, nullo.

I Fatti del Caso

La vicenda processuale ha origine da una sentenza di condanna per appropriazione indebita aggravata, emessa dal Tribunale di Catania. L’imputato, attraverso il suo difensore, proponeva appello avverso tale decisione. Tuttavia, la Corte di Appello di Catania dichiarava l’impugnazione inammissibile perché presentata fuori tempo massimo.

Contro questa decisione, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, sostenendo un’errata interpretazione delle norme che regolano il termine impugnazione. La difesa riteneva che il giudice di primo grado si fosse riservato un termine di trenta giorni per il deposito della motivazione della sentenza. Partendo da questo presupposto, il termine per appellare sarebbe stato di quarantacinque giorni, che, tenendo conto anche della sospensione dei termini processuali per la pandemia Covid-19, sarebbe scaduto dopo la data in cui l’appello era stato effettivamente depositato.

L’Errore nel Calcolo del Termine Impugnazione

L’argomentazione della difesa si basava su una premessa di fatto che la Corte di Cassazione ha riscontrato essere inesistente. Gli Ermellini hanno infatti verificato che né nel dispositivo della sentenza di primo grado, né nella sua motivazione, vi era traccia alcuna della presunta riserva di trenta giorni per il deposito.

Al contrario, la sentenza era stata depositata in cancelleria solo due giorni dopo la lettura del dispositivo in udienza. Questa circostanza cambia radicalmente il quadro normativo di riferimento per il calcolo dei termini.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, quindi, inammissibile, confermando la decisione della Corte di Appello.

Le motivazioni

I giudici hanno chiarito un punto cruciale della procedura penale. In assenza di una specifica riserva di un termine più lungo da parte del giudice per il deposito della motivazione (come previsto dall’art. 544, comma 3, c.p.p.), si applica la regola generale. L’art. 585, comma 1, lett. b) del codice di procedura penale stabilisce che, quando la motivazione viene depositata entro il quindicesimo giorno dalla pronuncia, il termine impugnazione è di trenta giorni.

Nel caso specifico, la sentenza di primo grado era stata depositata il 15 febbraio 2020. Il termine di trenta giorni per proporre appello decorreva quindi dal 29 febbraio 2020. Anche considerando il periodo di sospensione dei termini processuali dovuto all’emergenza sanitaria (dall’8 marzo all’11 maggio 2020), la scadenza ultima per l’impugnazione era fissata al 1° giugno 2020. Poiché l’appello era stato presentato solo il 25 giugno 2020, risultava inequivocabilmente tardivo.

Le conclusioni

Questa sentenza ribadisce l’importanza di una rigorosa verifica degli atti processuali prima di calcolare qualsiasi scadenza. Non è possibile basarsi su supposizioni o prassi non formalizzate. La mancata riserva di un termine per il deposito della motivazione da parte del giudice attiva automaticamente i termini più brevi previsti dalla legge. La conseguenza della tardività è l’inammissibilità dell’impugnazione, che cristallizza la sentenza di primo grado e preclude al ricorrente la possibilità di far valere le proprie ragioni nel merito, con la conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Come si calcola il termine per impugnare una sentenza penale se il giudice non fissa un termine per depositare la motivazione?
In assenza di una specifica riserva di giorni per il deposito della motivazione, se questa viene depositata entro 15 giorni dalla pronuncia, il termine per impugnare è di 30 giorni, come stabilito dall’art. 585, comma 1, lett. b) del codice di procedura penale.

Cosa accade se un appello viene presentato dopo la scadenza del termine?
L’appello viene dichiarato inammissibile. Ciò significa che il giudice non può esaminare il merito della questione e la sentenza impugnata diventa definitiva.

La sospensione dei termini per la pandemia COVID-19 poteva sanare un appello tardivo?
No. La sospensione dei termini allungava il periodo a disposizione, ma non poteva sanare un ritardo. Se, anche tenendo conto del periodo di sospensione, l’appello risulta depositato oltre la scadenza finale, esso è comunque inammissibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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