Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 20543 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 20543 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 30/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nato in Romania il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 21/09/2023 del Tribunale di Verona
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto la dichiarazione di inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale di Verona, in funzione di giudice dell’esecuzione, rigettava l’istanza avanzata da NOME COGNOME, intesa alla declaratoria di non esecutività della sentenza pronunciata a suo carico, dal medesimo Tribunale, in data 10 maggio 2023 (e ricompresa nel provvedimento di esecuzione di pene concorrenti, emesso il 10 agosto 2023 dalla Procura della Repubblica di Verona).
Osservava il giudice dell’esecuzione che la sentenza in questione era stata appellata tardivamente e che essa, pertanto, doveva considerarsi già in giudicato, risultando come tale perfettamente eseguibile.
Ricorre il condannato per cassazione, con il ministero del suo difensore di fiducia.
Mediante unico motivo il ricorrente denuncia l’inosservanza e l’erronea applicazione degli artt. 420, 420-bis, 420-ter e 670 cod. proc. pen., nonché la carenza, illogicità e contraddittorietà della motivazione.
Secondo il ricorrente, l’appello contro la sentenza non poteva affatto giudicarsi tardivo, in quanto esso era stato presentato, nell’interesse di soggetto «giudicato» in assenza, entro il maggior termine in tal caso concesso dall’art. 585, comma 1bis, cod. proc. pen., introdotto dall’art. 33, comma 1, lett. f)’ d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150. NOME COGNOME, d’altra parte, doveva considerarsi giudicato in assenza, perché a suo tempo non presenziante all’intero corso del giudizio di primo grado, non avendo in particolare assistito alla lettura del dispositivo. Rispetto ad un giudicabile di questo tipo, non a conoscenza dello sviluppo del procedimento e del suo esito, il previsto prolungamento di quindici giorni dell’ordinario termine di impugnazione, a disposizione del difensore, sarebbe giustificato dai maggiori oneri informativi incombenti sul difensore medesimo, il cui soddisfacimento giustificherebbe in sé, nell’ottica del legislatore della riforma, la concessa dilazione.
Sotto altro aspetto, la conclusiva valutazione circa la tempestività del gravame sarebbe spettata alla Corte di appelio di Venezia, nelle more della cui decisione il titolo non sarebbe risultato eseguibile.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato.
Quanto al primo profilo, il termine aggiuntivo di quindici giorni, previsto dall’art. 585, comma 1-bis, cod. proc. pen. (introdotto dal d.lgs. n. 150 del 2022)
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per l’impugnazione delle sentenze, si applica solo ed esclusivamente agli imputati dichiarati tecnicamente assenti in giudizio, secondo le previsioni di cui agli artt. 420 ss. dello stesso codice (Sez. 7, n. 1585 del 07/12/2023, clep. 2024, Procida, Rv. 285606-01; Sez. 3, n. 43835 del 12/10/2023, C., Rv. 285332-01, § 1.8. del Considerato in diritto).
Tale lettura ermeneutica, conforme al dato letterale, è sistematicamente inoppugnabile.
È noto infatti che, in base al testo vigente dell’art. 581 cod. proc. pen. (parimenti riformulato dal d.lgs. n. 150 del 2022), l’atto di impugnazione in seno al processo di cognizione è soggetto a specifici oneri di allegazione, che ne condizionano l’ammissibilità; oneri che divengono particolarmente stringenti allorché si sia proceduto in assenza, allorché il difensore impugnante è tenuto a depositare uno specifico mandato a proporre l’appello (o il ricorso per cassazione: Sez. 2, n. 47327 del 03/11/2023, NOME, Rv. 285444-01), rilasciato dall’imputato dopo la pronuncia della sentenza e contenente altresì (tranne che in sede di legittimità, ove sia presente il difensore fiduciario: Sez. 6, n. 2323 del 07/12/2023, dep. 2024, COGNOME, Rv. 285891-01) la dichiarazione o l’elezione di domicilio dell’imputato stesso.
L’adempimento formale del deposito dello specifico mandato ad impugnare, rilasciato successivamente alla sentenza, previsto dal vigente art. 581, comma 1quater, cod. proc. pen., risponde all’esigenza che il giudizio di impugnazione si svolga nei confronti di un assente “consapevole”, il quale conosca e voglia la prosecuzione del processo nel grado ulteriore, in modo che resti delimitato, specularmente, l’ambito di applicazione delle impugnazioni straordinarie, quali la rescissione del giudicato e i rimedi restitutori ex art. 175 cod. pen. (Sez. 1, n. 7169 del 12/01/2024, COGNOME).
Ed è proprio in funzione del rilascio di un tale rinnovato mandato, che comporta la necessità di un nuovo contatto personale tra professionista e cliente, che il novellato comma 1-bis dell’art. 585 ha esteso di quindici giorni, rispetto all’assente, il termine d’impugnazione del suo difensore. Nel momento in cui gravava quest’ultimo di oneri professionali aggiuntivi, ed impegnativi, il legislatore della riforma è stato attento a garantirgli un tempo aggiuntivo, ex ante predefinito e ragionevolmente adeguato a permettere l’assolvimento degli oneri stessi, evitando di frustrare le esigenze difensive nello svolgimento di attività cruciali per la vita del processo.
Lo stretto collegamento esistente tra la rinnodulazione dei termini di impugnazione in favore del difensore dell’assente, operata dall’art. 585, comma 1-bis, del codice di rito, e i nuovi oneri di allegazione posti a carico del medesimo difensore dal successivo art. 581, comma 1-quater, risulta , già dalla legge di
delegazione n. 134 del 2021, posto che le relative previsioni codicistiche attuano criteri direttivi strettamente consequenziali, compendiati nell’unitaria formulazione di cui all’art. 1, comma 7, lett. h) della legge citata («prevedere che il difensor dell’imputato assente possa impugnare la sentenza solo se munito di specifico mandato, rilasciato dopo la pronuncia della sentenza; prevedere che con lo specifico mandato a impugnare l’imputato dichiari o elegga il domicilio per il giudizio di impugnazione; prevedere, per il difensore dell’imputato assente, un ampliamento del termine per impugnare»).
Non è tecnicamente assente, però, l’imputato che, dopo essere comparso, si allontana dall’aula di udienza, o che, presente ad una udienza, non compare alle successive.
Costui, viceversa, «è considerato presente ed è rappresentato dal difensore», a norma dell’art. 420, comma 2-ter, cod. proc. pen. (al pari dell’imputato che abbia ritualmente richiesto per iscritto di essere ammesso ad un procedimento speciale, o sia stato rappresentato in udienza da un procuratore speciale nominato ai fini della stessa richiesta: Sez. 3, n. 43835 del 2023, cit.), richiamato per il giudizio dall’art. 484, comma 2-bis, dello stesso codice.
L’impugnazione proposta nell’interesse di un tale imputato, «giudicato» in presenza e non in assenza, non deve essere accompagnata da mandato speciale e alla sua proposizione si applicano, coerentemente, gli usuali termini stabiliti dal comma 1 dell’art. 585 del codice di rito.
Il prolungamento di quindici giorni, nel caso invece previsto dal comma 1-bis, non intende infatti genericamente compensare un’eventuale maggiore latitudine di impegno informativo del professionista verso il cliente, dovuta alle contingenze del processo, ma è specificamente volta a “sterilizzare”, impedendone il computo ai fini del rispetto del termine di impugnazione, un tempo stantard necessario ad assolvere i maggiori oneri formali che l’esercizio del diritta di impugnazione comporta nel predeterminato caso di processo celebrato secondo lo statuto dell’assenza (oneri non presenti, ove questo statuto non si applichi).
In mancanza, dunque, nel caso di specie, di una situazione processuale di assenza, che è la sola cui l’art. 585, comma 1-bis, cod. proc. pen. collega la dilazione del termine per impugnare, la tempestività dell’appello proposto da NOME COGNOME non poteva che essere misurata sul termine ordinario, figurando al cospetto l’impugnazione irrimediabilmente tardiva.
In presenza di un’impugnazione tardiva, il pubblico ministero era tenuto a mettere in esecuzione la sentenza, anche prima della pronuncia dichiarativa
dell’inammissibilità del mezzo, essendosi prodotto il giudicato formale (Sez. U, n. 47766 del 26/06/2015, COGNOME, Rv. 265107-01).
Né il giudice dell’esecuzione, in attesa sempre che il giudice dell’impugnazione si pronunciasse sull’ammissibilità, aveva il dovere di sospenderE , l’esecuzione della pena, essendo tale attribuzione conferita direttamente, se del caso, dall’art. 670, comma 2, cod. proc. pen., al giudice ad quem (Sez. 1, n. 4891 del 28/11/2012, dep. 2013, COGNOME, Rv. 254700-01; Sez. 1, n. 37354 del 28/09/2005, COGNOME, Rv. 232512-01; Sez. 1, n. 11665 del 27/02/2008, COGNOME, Rv. 239520-01).
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso, indotta dalla sua manifesta infondatezza, segue la condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali e – per i profili di colpa correlati all’irritualità dell’impugnazione (Corte cost., sentenza n. 186 del 2000) – di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in tremila euro.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 30/01/2024