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Termine impugnazione appello: quando è inammissibile

La Cassazione dichiara inammissibile un ricorso perché presentato oltre il termine impugnazione appello. Si chiarisce che nella procedura scritta ex art. 23-bis d.l. 137/2020, l’appellante non è considerato assente e non ha diritto alla proroga di 15 giorni del termine. La tardività comporta la condanna alle spese e a una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 4 dicembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Termine Impugnazione Appello: La Cassazione Sulla Tardività nel Rito Scritto

Il rispetto del termine impugnazione appello è un pilastro fondamentale del processo penale. Un errore nel calcolo può avere conseguenze irreversibili, come la dichiarazione di inammissibilità del ricorso, che impedisce al giudice di esaminare il merito della questione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento su come calcolare tale termine nel contesto della procedura scritta, introdotta per far fronte a esigenze emergenziali.

Il Caso: Un Ricorso Presentato Oltre i Termini

Il caso analizzato dalla Suprema Corte riguarda un ricorso presentato contro una sentenza della Corte d’Appello di Firenze. La sentenza di secondo grado era stata emessa il 7 marzo 2023, con motivazione depositata contestualmente in udienza. L’imputato aveva depositato il proprio ricorso per cassazione il 21 aprile 2023, ritenendo di poter usufruire di un termine più lungo.

Tuttavia, la Corte di Cassazione ha rilevato che il ricorso era stato proposto oltre il termine perentorio previsto dalla legge, dichiarandolo quindi inammissibile.

Termine Impugnazione Appello e Procedura Scritta: L’Analisi della Corte

La decisione della Corte si fonda su due punti cardine: la decorrenza del termine per impugnare e l’inapplicabilità della proroga prevista per l’imputato assente nel caso di trattazione scritta dell’appello.

La Decorrenza del Termine di 15 Giorni

Il Codice di procedura penale stabilisce che, quando la motivazione di una sentenza è redatta e depositata contestualmente alla lettura del dispositivo in udienza, il termine per presentare impugnazione è di quindici giorni. Nel caso di specie, essendo la sentenza della Corte d’Appello datata 7 marzo 2023 con motivazione contestuale, il termine per ricorrere in Cassazione scadeva quindici giorni dopo tale data.

L’Esclusione della Proroga per l’Imputato “non Assente”

Il difensore del ricorrente contava, erroneamente, sulla proroga di quindici giorni prevista dall’art. 585, comma 1-bis, del codice di procedura penale, riservata all’imputato assente. La Corte di Cassazione ha però chiarito un aspetto cruciale: quando l’appello viene trattato con la procedura scritta, disciplinata dall’art. 23-bis del D.L. n. 137/2020, l’imputato appellante non può essere considerato “assente”.

Questa procedura, che prevede la partecipazione delle parti tramite il deposito di memorie scritte anziché la presenza fisica in udienza, non equivale a un’assenza processuale. Di conseguenza, l’appellante non ha diritto all’estensione del termine, e il calcolo deve rimanere ancorato alla scadenza ordinaria di quindici giorni.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha motivato la sua decisione di inammissibilità sulla base di un calcolo rigoroso dei tempi. Il ricorso, depositato il 21 aprile 2023, era palesemente tardivo rispetto a un termine che scadeva intorno al 22 marzo 2023. I giudici hanno richiamato un precedente specifico (Sez. 7, n. 1585 del 07/12/2024), che consolida l’interpretazione secondo cui la procedura scritta non abilita alla proroga dei termini per assenza. La ratio della norma è chiara: la proroga è una garanzia per chi non è stato presente e potrebbe non avere avuto immediata conoscenza della decisione, una condizione che non si verifica nel rito scritto dove la partecipazione, sebbene cartolare, è piena. L’inammissibilità è stata quindi dichiarata ‘de plano’, cioè senza udienza, ai sensi dell’art. 610, comma 5-bis c.p.p., data l’evidenza della causa ostativa.

Le Conclusioni: Conseguenze Pratiche della Pronuncia

Le implicazioni di questa ordinanza sono significative. In primo luogo, essa ribadisce l’importanza cruciale per gli avvocati di calcolare con la massima precisione il termine impugnazione appello, specialmente in presenza di procedure speciali. In secondo luogo, stabilisce che la partecipazione a un giudizio tramite rito scritto è a tutti gli effetti una forma di presenza processuale, che esclude l’applicazione di tutele pensate per la contumacia o l’assenza. La conseguenza diretta per il ricorrente è stata non solo la chiusura definitiva del suo caso senza un esame nel merito, ma anche la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione di 3.000 euro a favore della Cassa delle ammende. Una lezione severa sull’importanza della diligenza processuale.

Da quando decorre il termine per impugnare una sentenza d’appello la cui motivazione è depositata contestualmente alla decisione?
Risposta: Il termine per impugnare, in questo caso di quindici giorni, decorre dalla data dell’udienza in cui la sentenza è stata emessa e contestualmente motivata, come avvenuto il 7 marzo 2023 nel caso di specie.

L’imputato ha diritto a una proroga del termine di impugnazione se l’appello è stato trattato con la procedura scritta prevista dall’art. 23-bis del d.l. 137/2020?
Risposta: No, la Corte di Cassazione ha stabilito che nella procedura scritta l’imputato appellante non può essere considerato “assente” e, pertanto, non può beneficiare dell’aumento di quindici giorni del termine previsto dall’art. 585, comma 1-bis, cod. proc. pen.

Quali sono le conseguenze di un ricorso presentato oltre il termine stabilito?
Risposta: Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Ciò comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma pecuniaria in favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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