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Termine impugnazione appello: quando è inammissibile

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso per tardività. Il caso chiarisce che nel calcolo del termine impugnazione appello, non si applica la proroga di 15 giorni se il giudizio di secondo grado si è svolto con rito camerale non partecipato, poiché non equiparabile a un giudizio in assenza. Le ricorrenti, condannate per tentato furto, avendo depositato il ricorso oltre la scadenza dei 45 giorni, sono state condannate al pagamento delle spese e di un’ammenda.

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Pubblicato il 12 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Termine impugnazione appello: quando un giorno di ritardo costa caro

Il rispetto dei termini processuali è un pilastro fondamentale del nostro sistema giudiziario. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce con forza questo principio, chiarendo un aspetto cruciale relativo al calcolo del termine impugnazione appello nei casi di procedimenti camerali non partecipati. La decisione sottolinea come una svista nel calcolo delle scadenze possa portare a conseguenze irreversibili, come la declaratoria di inammissibilità del ricorso e la condanna a sanzioni pecuniarie.

I Fatti del Caso

Due persone, a seguito di una condanna per tentato furto aggravato emessa dalla Corte d’Appello, decidevano di presentare ricorso per Cassazione. La sentenza di secondo grado era stata pronunciata a seguito di un procedimento in camera di consiglio, svolto senza la partecipazione fisica delle parti, una modalità processuale specifica prevista da normative emergenziali. Il dispositivo della sentenza era stato comunicato il 13 maggio 2024, mentre le motivazioni erano state depositate l’8 agosto 2024. I legali delle ricorrenti presentavano il ricorso il 22 ottobre 2024, convinti di aver agito tempestivamente.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un’analisi rigorosa della tempistica processuale. Secondo i giudici, il ricorso era stato depositato oltre il termine massimo consentito dalla legge, risultando quindi tardivo. Di conseguenza, oltre a non poter esaminare le ragioni di merito del ricorso, la Corte ha condannato le ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una somma di quattromila euro in favore della Cassa delle ammende.

Le Motivazioni: Il Calcolo del Termine Impugnazione Appello

Il punto centrale della pronuncia risiede nell’interpretazione delle norme che regolano il termine impugnazione appello. La legge prevede un termine di quarantacinque giorni per impugnare una sentenza quando la motivazione viene depositata oltre il termine ordinario. Questo termine, nel caso specifico, iniziava a decorrere dal 1° settembre 2024, data di fine della sospensione feriale dei termini processuali. La scadenza era quindi fissata per il 16 ottobre 2024.

L’errore delle ricorrenti è stato presumere di poter beneficiare di un’estensione di quindici giorni, prevista dall’articolo 585, comma 1-bis, del codice di procedura penale. Questa estensione, tuttavia, si applica solo quando l’imputato è stato giudicato “in assenza”.

La Cassazione ha chiarito un punto fondamentale: un procedimento camerale “non partecipato” non è equiparabile a un giudizio in assenza. In quest’ultimo caso, si tiene un’udienza alla quale l’imputato ha diritto di partecipare ma sceglie di non farlo. Nel procedimento camerale non partecipato, invece, non è prevista alcuna udienza fisica. Pertanto, l’imputato non può essere considerato “assente” in senso tecnico e non ha diritto alla proroga di quindici giorni. Il ricorso, depositato il 22 ottobre, era quindi inesorabilmente tardivo.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza serve come un importante monito per tutti gli operatori del diritto. La distinzione tra le diverse forme procedurali ha implicazioni dirette e non trascurabili sul calcolo dei termini per le impugnazioni. La decisione evidenzia la necessità di una scrupolosa attenzione nella verifica delle scadenze, specialmente in un quadro normativo che ha visto l’introduzione di riti processuali semplificati. L’inammissibilità per tardività non solo preclude ogni possibilità di far valere le proprie ragioni nel merito, ma comporta anche significative conseguenze economiche, come la condanna al pagamento di spese e sanzioni. La colpa grave nel commettere un errore di questo tipo viene sanzionata, ribadendo che la diligenza professionale è un dovere imprescindibile.

Come si calcola il termine per l’impugnazione se la motivazione della sentenza è depositata dopo la pronuncia del dispositivo?
Il termine per l’impugnazione (in questo caso, 45 giorni) decorre dalla data di comunicazione o notificazione del provvedimento che deposita la motivazione. Se questa data cade durante il periodo di sospensione feriale (1-31 agosto), il conteggio inizia dal termine di tale periodo, ovvero dal 1° settembre.

Perché nel caso di un giudizio d’appello svoltosi con rito camerale non partecipato non si applica l’estensione di 15 giorni al termine di impugnazione?
L’estensione di 15 giorni si applica solo ai casi in cui l’imputato è giudicato “in assenza”. La Corte di Cassazione ha chiarito che un procedimento camerale dove la partecipazione delle parti non è prevista non equivale a un giudizio in assenza, poiché non esiste un’udienza alla quale l’imputato abbia il diritto di partecipare e da cui possa, appunto, assentarsi. Di conseguenza, la proroga non è applicabile.

Quali sono le conseguenze di un ricorso presentato oltre i termini?
Un ricorso presentato tardivamente viene dichiarato inammissibile. Ciò significa che la Corte non può esaminare le questioni di merito sollevate. Inoltre, la legge prevede che la parte che ha presentato il ricorso inammissibile sia condannata al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, il cui importo è determinato dal giudice in base alla colpa nella determinazione della causa di inammissibilità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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