Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 477 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 477 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 14/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME nato in Albania il 13/01/1986
avverso l’ordinanza del 08/08/2023 della Corte di appello di Genova visti gli atti, l’ordinanza impugnata ed il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso. U
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in data 8 agosto 2023, la Corte di appello di Genova, sulla base di richiesta presentata dalla difesa di NOME COGNOME tesa alla declaratoria di inefficacia ex art. 715, comma 6, cod. proc. pen. della misura cautelare in carcere disposta – a seguito di arresto avvenuto il 13 giugno 2023 – il 15 giugno 2023, in esecuzione di richiesta di estradizione dell’Autorità Giudiziaria albanese per il decorso del termine, ha respinto l’istanza ritenendo che la domanda di estradizione e i documenti previsti dall’art. 700 cod. proc. pen. fossero pervenuti in termini, come da comunicazione del Ministero della Giustizia del 31 luglio 2023.
Con appello proposto ex art. 310 cod. proc. pen. veniva impugnata in data 8 settembre 2023 l’ordinanza reiettiva dinanzi al Tribunale del riesame di Genova
che, con provvedimento reso ex art. 568, comma 5, cod. proc. pen., convertito l’appello in ricorso per cassazione, disponeva trasmettersi gli atti a questa Corte di legittimità.
Con l’impugnazione la difesa di NOME deduce l’inefficacia della misura ex art. 715, comma 6, cod. proc. pen., osservando come la Corte di appello, nel rigettare l’istanza, abbia fatto esclusivo riferimento alla nota de Ministero della Giustizia che / in data 31 luglio 2023 1 ha comunicato di avere ritualmente ricevuto la domanda di estradizione, senza però indicare quando e se la stessa fosse pervenuta presso il Ministero della Giustizia ed il Ministero degli Affari Esteri, unici soggetti individuati dall’art. 715, comma 6, c:od. proc. pen. qual destinatari dell’atto, così omettendo di spiegare quando detto termine potesse ritenersi perento. Dagli atti, infatti, non si evince quale sia la data in cui il Minis della Giustizia ha dato «immediata comunicazione» ex art. 715, comma 5, cod. proc. pen. dell’applicazione della misura coercitiva visto che, secondo quanto previsto dall’art. 16, comma 4, Convenzione Europea in materia di estradizione (del 13 dicembre 1957) il relativo termine deve decorrere dall’arresto provvisorio avvenuto il 13 giugno 2023.
Non dirimente risulta, invero, che il Pubblico Ministero, nella sua requisitoria affermi sia intervenuta in termini essendo al contempo precisato come solo il 2 agosto 2023 la richiesta di estradizione è pervenuta in originale, così confermandosi che alla data ultima, da intendersi quella del 23 luglio 2023, il Ministero di Giustizia e il Ministero degli Affari Esteri non disponessero della documentazione originale.
Disposta la trattazione scritta del procedimento, ai sensi dell’art. 23, comma 8, del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, conv. dalla I. 18 dicembre 2020, e succ. modd., in mancanza di richiesta nei termini ivi previsti di discussione orale, il Procuratore generale ha depositato le conclusioni scritte, come in epigrafe indicate.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, in quanto infondato, deve essere rigettato.
Costituisce principio di diritto consolidato quello secondo cui la soluzione che viene data alle questioni di diritto, siano esse processuali o sostanziali, attraverso la motivazione resa in sentenza, rileva solo se la stessa incide sulla correttezza della decisione e non anche quando non ha alcuna incidenza sulla stessa (v. motivazione Sez. U, n. 155 del 29/09/2011, deo. 2012, Rossi, Rv.
251496), tenuto conto che, qualora sia sottoposta al vaglio del giudice di legittimità la correttezza di una decisione in rito, la Corte stessa è giudice de presupposti della decisione, sulla quale esercita il proprio controllo, quale che sia il ragionamento esibito per giustificarla (Sez. 5, n. 17979 del 05/03/2013, COGNOME, Rv. 255515) e, quindi, anche prescindendo dalle ragioni poste a base della censura del ricorrente sul tema processuale proposto.
Sulla base degli atti r cui questa Corte ha accesso essendo stati dedotti error in procedendo (Sez. U, n. 42792 del 31/10/2001, Policastro, Rv. 220092) con riferimento alla scadenza dei termini della misura cautelare sul presupposto del mancato invio della richiesta di estradizione dal paese richiedente e della documentazione prevista dall’art. 700 cod. proc. pen. entro quaranta giorni dalla esecuzione dell’arresto provvisorio, si osserva che t in data 26 luglio 2023, con nota a firma del Direttore Generale per gli Affari di Giustizia – Direzione Generale degli Affari Internazionali, veniva data comunicazione al Ministero della Giustizia albanese, Al Ministero dell’Interno – Interpol, alla Procura Generale della Repubblica presso la Corte di appello di Genova ed alla Corte di appello di Genova della “presa d’atto” della documentazione trasmessa per via telematica in data 11 luglio 2023, nota in cui il Ministero restava comunque in attesa di ricevere quella in originale.
Ciò premesso, seppure il provvedimento oggetto di impugnazione non abbia indicato la data in cui la richiesta di estradizione fosse pervenuta, limitandosi a rilevare che la stessa fosse giunta, la decisione risulta comunque corretta, visto che la domanda risulta inoltrata per via telematica e pervenuta in data 11 luglio 2023, entro il termine di quaranta giorni, con conseguente inapplicabilità dell’art. 715, comma 6, cod. proc. pen. che prevede la revoca della misura cautelare disposta in detto ambito estradizionale.
Nessuna norma, invece, prevede che il termine indicato dalla citata norma sia riferito alla trasmissione dell’atto in originale, visto l’elevato grado di affidab dei canali diplomatici utilizzati nella trasmissione dei relativi atti, tenuto conto precipua finalità della norma è quella di avere contezza della permanenza dell’interesse dello Stato richiedente alla consegna dell’estradando, finalità certamente evincibile dalla trasmissione, con qualsiasi mezzo, degli atti necessari per la attivazione della procedura.
Costituisce principio di diritto pacifico, infatti, quello secondo cui l’onere invio degli atti nel termine di quaranta giorni, gravante sullo Stato richiedente, secondo quanto previsto dai commi 5 e 6 dell’art. 715, cod. proc. pen. che recepisce le indicazioni dell’art. 16 della Convenzione europea del 13 dicembre
1957, deve ritenersi assolto con qualsiasi modalità che garantisca l’attendibilità e la conformità agli originali dei documenti inoltrati dall’autorità straniera Ministero della Giustizia, quali che siano le forme di trasmissione adottate, salvo che la violazione delle usuali forme di trasmissione sia talmente grave da mettere in serio dubbio la certezza della provenienza della documentazione o la sua autenticità (Sez. 6, n. 51610 del 13/11/2019, NOME COGNOME Rv. 277576; Sez. 2, n. 26588 del 01/04/2011, COGNOME, Rv. 250883).
Già questa Corte aveva evidenziato come gli accordi per la trasmissione delle domande di cooperazione giudiziaria possano essere non solo formali, ma rivelarsi anche attraverso le prassi costanti applicate tra gli Stati (Sez. 6, n. 44830 del 22/09/2004, COGNOME, Rv. 230593; in tal senso anche Corte cost. n. 315 del 2002).
In applicazione di detti principi, si è pertanto ritenuta rituale la comunicazione dei documenti via fax (Sez. 6, n. 22936 del 23/05/2013, P.G. in proc. COGNOME, Rv. 255627) e tramite il Ministero dell’Interno che la faceva pervenire in cancelleria tramite la procura generale e non, come avviene usualmente, attraverso il Ministero della Giustizia (Sez. 2, n. 26588 del 01/04/2011, cit.).
Si precisa, nondimeno, che l’esame delle “usuali forme di trasmissione” previste dalla Convenzione Europea di Estradizione del 1957 e dai suoi protocolli per l’inoltro della domanda estradizionale, consente di affermare che l’art. 12 della Convenzione Europea prevede, accanto all’inoltro per via diplomatica, il ricorso ad altra via di trasmissione convenuta tra le Parti: il Secondo Protocollo del 1978 consente, invero, l’inoltro diretto, mentre il Quarto Protocollo del 2012 (entrato in vigore per l’Italia in data 1 dicembre 2019, G.U. Serie generale, n. 263 del 2019), all’art. 6, nel disciplinare i canali ed i mezzi di comunicazione, prevede che le notificazioni possano «essere trasmesse per via elettronica o con qualsiasi altro mezzo documentabile per iscritto in modo tale da consentire alle Parti di garantirne l’autenticità».
In conclusione, non è escluso dalla normativa convenzionale applicabile alla domanda in esame il ricorso ad “altre forme” di trasmissione convenute tra le parti con particolare riferimento a quelle espressamente citate nella nota del Ministero della Giustizia del 26 luglio 2023 che ha dato atto della ricezione in data 11 luglio 2023 della «documentazione estradizionale inviata telematicamente», entro i quaranta giorni dall’arresto provvisorio del ricorrente intervenuto il 13 giugno 2023.
Infondata, pertanto, risulta la deduzione con cui si afferma che non esisterebbe un documento ufficiale in grado di attestare l’invio della documentazione: proprio la nota del Ministero della Giustizia citata è idonea a documentare detta trasmissione che apoditticamente si afferma essere priva di
valenza tale da neutralizzare gli effetti caducanti dell’art. 715, comma 6, cod. proc. pen..
Irrilevante, in quanto elemento non preso in esame dall’art. 715, comma 6, cod. proc. pen. su cui veniva fondata l’istanza di revoca della misura, è l’omessa indicazione nel provvedimento impugnato della data in cui sarebbe stata data comunicazione all’autorità estera richiedente, visto che l’efficacia della misura restrittiva è collegata alla tempestività della domanda di estradizione computata a partire dalla data di esecuzione dell’arresto provvisorio, regola che lo stesso ricorrente ha espressamente evidenziato nel ricorso.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, secondo quanto previsto dall’art. 616, comma 1, cod. proc. pen.
L’attuale stato cautelare cui è sottoposto il ricorrente impone, ai sensi dell’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen., la trasmissione del presente provvedimento a cura della Cancelleria al direttore dell’Istituto penitenziario per gli adempimenti di cui al comma 1-bis dell’art. cit.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 14/12/2023.