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Termine dilatorio: Cassazione annulla condanna civile

Un tecnico, condannato al risarcimento danni per un presunto falso, ottiene l’annullamento della sentenza d’appello. La Cassazione ha accolto il ricorso per la violazione del termine dilatorio a comparire, non rispettato dalla Corte d’Appello. La causa viene rinviata al giudice civile per un nuovo esame, sottolineando l’importanza dei termini procedurali anche quando il reato è prescritto.

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Pubblicato il 24 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Termine dilatorio e diritto di difesa: la Cassazione annulla la condanna

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio fondamentale del diritto processuale: il rispetto del termine dilatorio a comparire è una garanzia irrinunciabile del diritto di difesa. Anche quando il reato è ormai prescritto, un vizio procedurale di questa natura può portare all’annullamento della condanna al risarcimento dei danni, con rinvio della causa al giudice civile. Analizziamo insieme questo interessante caso.

I fatti di causa

Un professionista tecnico veniva accusato di falso per aver, secondo l’accusa, formato una finta domanda di rilascio del certificato di agibilità per un immobile, al fine di favorire la stipula di un contratto di locazione. In primo grado, il Tribunale lo riteneva colpevole e lo condannava al risarcimento dei danni in favore delle parti civili, ovvero i conduttori dell’immobile.

Successivamente, la Corte d’Appello dichiarava il reato estinto per prescrizione, ma confermava le statuizioni civili, ovvero l’obbligo del professionista di risarcire il danno. L’imputato, non rassegnandosi alla condanna civile, proponeva ricorso in Cassazione.

I motivi del ricorso: il focus sul termine dilatorio

La difesa presentava cinque motivi di ricorso, ma quello decisivo si concentrava su un vizio puramente procedurale. Si eccepiva la nullità della sentenza d’appello per la violazione del termine dilatorio a comparire, previsto dall’art. 601 del codice di procedura penale.

In pratica, il decreto di citazione per l’udienza d’appello era stato notificato all’imputato senza rispettare il termine minimo di venti giorni liberi che deve intercorrere tra la notifica e la data dell’udienza, tenendo anche conto della sospensione feriale dei termini. La difesa aveva tempestivamente segnalato questa irregolarità alla Corte d’Appello tramite una memoria inviata via PEC prima dell’udienza, ma i giudici l’avevano completamente ignorata, procedendo comunque alla decisione.

La violazione del termine dilatorio e la decisione della Corte

La Corte di Cassazione ha ritenuto fondato proprio questo primo motivo, assorbendo tutti gli altri. I giudici supremi hanno stabilito che la mancata concessione del termine a comparire costituisce una “nullità di ordine generale a regime intermedio”. Questo significa che, sebbene non sia una nullità assoluta, deve essere eccepita dalla parte interessata prima della deliberazione della sentenza del grado in cui si è verificata.

Nel caso di specie, la difesa aveva fatto esattamente questo: aveva inviato una memoria via PEC, all’indirizzo indicato dalla stessa Corte d’Appello, sollevando l’eccezione nei tempi corretti. La mancata considerazione di tale memoria da parte dei giudici di secondo grado ha reso la loro sentenza invalida.

Le motivazioni

La motivazione della Cassazione si fonda sulla tutela del diritto di difesa. Il termine dilatorio non è una mera formalità, ma uno strumento essenziale per consentire all’imputato e al suo difensore di preparare adeguatamente la strategia processuale. La sua violazione lede concretamente questo diritto fondamentale.

La Corte ha richiamato un’importante pronuncia delle Sezioni Unite (n. 42125/2024), che ha consolidato il principio secondo cui la violazione del termine a comparire nel giudizio di appello integra una nullità che, se tempestivamente eccepita, non può essere ignorata. L’aver proceduto ugualmente alla decisione, senza sanare il vizio o disporre un rinvio, ha reso la sentenza d’appello inevitabilmente nulla.

Le conclusioni

Di conseguenza, la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza impugnata. Poiché il reato era già stato dichiarato prescritto, l’annullamento ha riguardato unicamente le statuizioni civili. La causa è stata quindi rinviata al giudice civile competente in grado di appello, che dovrà procedere a un nuovo giudizio sulla richiesta di risarcimento del danno, questa volta nel pieno rispetto delle regole processuali. Questa sentenza ribadisce con forza che la correttezza della procedura è un presupposto imprescindibile per una giusta decisione, anche quando si discute solo delle conseguenze economiche di un fatto penalmente non più perseguibile.

Cosa succede se il termine dilatorio per comparire in appello non viene rispettato?
Se il termine minimo di venti giorni tra la notifica della citazione e l’udienza non viene rispettato, si verifica una nullità. Se la difesa eccepisce tempestivamente questa violazione prima della decisione, la sentenza emessa è invalida e può essere annullata.

Una condanna al risarcimento danni può essere annullata per un vizio di procedura anche se il reato è prescritto?
Sì. Come dimostra questo caso, anche se il reato è estinto per prescrizione, le statuizioni civili (la condanna al risarcimento) possono essere annullate se il procedimento che ha portato alla loro conferma è viziato da una nullità, come la violazione del termine dilatorio.

Come deve essere sollevata la nullità per la violazione del termine a comparire?
La nullità derivante dalla violazione del termine a comparire è definita “a regime intermedio”. Deve essere eccepita dalla parte interessata prima della deliberazione della sentenza nel grado di giudizio in cui si è verificata. Nel caso specifico, la difesa lo ha fatto correttamente tramite una memoria inviata prima dell’udienza d’appello.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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