Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 11737 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 11737 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: TRIPICCIONE DEBORA
Data Udienza: 31/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
I.G. RAGIONE_SOCIALE
I natoa omissis il I omissis avverso l’ordinanza emessa il 7 settembre 2023 dal Tribunale di Bologna
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Generale NOME COGNOME, che ha concluso per l’inamrnissibilità del ricorso.
lette le richieste del difensore, AVV_NOTAIO, che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. COGNOME.G. ricorre per cassazione avverso l’ordinanza del Tribunale di
Bologna con la quale è stata confermata la misura del divieto di avvicinamento alla
persona offesa ed ai luoghi da questa abitualmente frequentati in relazione ai reati di cui agli artt. 572 e 612-bis cod. pen. Deduce due motivi, di seguito riassunti nei termini strettamente necessari per la motivazione.
1.1 Violazione di norma processuale in relazione alla mancanza o all’incompletezza del dispositivo dell’ordinanza impugnata;
1.2 Violazione dell’art. 309, comma 10, cod. proc. pen., nonché degli artt. 125 e 546 cod. proc. pen. in quanto il Tribunale ha indicato il maggiore termine di 45 giorni per il deposito della motivazione senza spiegare le ragioni di maggiore complessità della motivazione, se per il numero degli arrestati o la gravità delle imputazioni.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato. Sebbene l’ordinanza impugnata rinvii irritualmente al contenuto del dispositivo depositato il 7/9/2023, senza trascriverlo, rileva il Collegio che tale tecnica di redazione del provvedimento non è sanzionata da nullità da alcuna disposizione processuale, trattandosi, peraltro, del rinvio ad un atto di cui il ricorrente era a conoscenza (cfr., in tema di legittimità della motivazione per relationem, Sez. U, n. 17 del 21/06/2000, Primavera, Rv. 216664).
Anche il secondo motivo di ricorso non supera il vaglio di ammissibilità in quanto manifestamente infondato.
Va, infatti, ribadito che, in tema di riesame delle ordinanze che dispongono misure coercitive, il tribunale che adotta il termine superiore a trenta giorni previsto dall’art. 309, comma decimo, cod. proc. pen., ha l’onere di indicare tale termine nel dispositivo senza necessità di particolari formule che diano atto della scelta effettuata in relazione alla particolare complessità della motivazione. (Sez. 1, n. 11166 del 22/12/2015, dep. 2016, Pardo, Rv. 266211 ). L’art. 309, comma 10, cod. proc. pen. sanziona, infatti, con la perdita di efficacia dell’ordinanza applicativa di misura coercitiva, la sola inosservanza dei termini prescritti per la decisione (dieci giorni dalla ricezione degli atti) e per il deposito dell’ordinanza del tribunale in cancelleria (trenta giorni o, al massimo, quarantacinque giorni dalla decisione), senza imporre al giudice alcun obbligo motivazionale a sostegno del termine più lungo eventualmente disposto e meramente indicato nel dispositivo della decisione.
3.All’inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila da versare in favore della cassa delle ammende, non potendosi ritenere che lo stesso abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost. n. 186 del 2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 31 gennaio 2024