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Termine a difesa: non sempre blocca il processo

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato che lamentava la violazione del diritto di difesa. Il suo nuovo legale aveva ottenuto un termine a difesa, ma il Tribunale aveva proceduto con l’audizione dei testimoni con l’assistenza del precedente difensore d’ufficio. La Corte ha stabilito che la concessione del termine a difesa non implica un automatico rinvio dell’udienza, poiché il diritto deve essere bilanciato con il principio della ragionevole durata del processo, garantito in questo caso dalla continuità assicurata dal precedente legale.

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Pubblicato il 3 dicembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Termine a difesa: quando il diritto non ferma il processo

La nomina di un nuovo avvocato difensore a ridosso di un’udienza cruciale garantisce sempre il rinvio della stessa? La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 27167/2024, offre un’importante chiave di lettura sul bilanciamento tra il diritto di difesa e il principio della ragionevole durata del processo. La concessione di un termine a difesa al nuovo legale, infatti, non significa necessariamente paralizzare l’attività istruttoria, specialmente se la continuità difensiva è comunque garantita.

I fatti di causa

Il caso origina dal ricorso di un imputato, condannato in primo e secondo grado per reato continuato di truffa e sostituzione di persona. Il ricorrente lamentava una presunta violazione del suo diritto di difesa avvenuta durante il processo di primo grado.

In particolare, il giorno prima di un’udienza dibattimentale fissata per l’escussione di alcuni testimoni, l’imputato aveva nominato un nuovo difensore di fiducia. Quest’ultimo, impossibilitato a partecipare per la distanza e la nomina tardiva, aveva richiesto un termine a difesa ai sensi dell’art. 108 del codice di procedura penale. Il Tribunale accoglieva l’istanza, ma decideva di procedere comunque con l’attività istruttoria prevista, avvalendosi della presenza del precedente difensore d’ufficio, che aveva seguito il caso fino a quel momento e ne conosceva pienamente gli atti. Secondo il ricorrente, questa decisione avrebbe leso il suo diritto ad essere difeso dal legale prescelto.

Il giusto bilanciamento nel termine a difesa

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo manifestamente infondato. Gli Ermellini hanno chiarito un principio fondamentale: il diritto dell’imputato a ottenere un termine a difesa non è assoluto e incondizionato, ma deve essere bilanciato con l’altrettanto importante principio costituzionale della ragionevole durata del processo.

La nomina di un nuovo difensore in limine litis, ovvero all’ultimo momento, non può diventare uno strumento per ottenere sistematicamente rinvii, specialmente quando l’attività processuale può proseguire senza pregiudizio per l’imputato.

La continuità della difesa come garanzia

La decisione della Cassazione si fonda sul concetto di continuità difensiva. Il Tribunale, nel caso di specie, ha agito correttamente perché, pur concedendo il tempo necessario al nuovo legale per prepararsi, ha garantito che l’imputato fosse assistito durante l’audizione dei testimoni. Questa assistenza è stata fornita dal precedente difensore d’ufficio, il quale era già a conoscenza della vicenda processuale e, per legge, è tenuto a prestare il proprio patrocinio fino a quando il nuovo difensore non assume effettivamente il suo ruolo.

In questo modo, non si è verificato alcun vulnus (lesione) al diritto di difesa. L’imputato ha sempre avuto un legale al suo fianco durante una fase delicata come l’assunzione della prova. La Corte ha ribadito che il diritto di difesa è garantito dalla partecipazione del precedente difensore fino alla decorrenza del termine concesso al nuovo.

Le motivazioni

La Suprema Corte ha motivato la sua decisione di inammissibilità sulla base di un orientamento giurisprudenziale consolidato. Il termine a difesa, pur essendo funzionale ad assicurare una difesa effettiva, non si traduce in un diritto automatico al rinvio dell’udienza. Il giudice ha il dovere di valutare le circostanze concrete, bilanciando le esigenze della difesa con quelle di celere definizione del processo.

Nel caso specifico, la scelta del Tribunale di procedere con l’istruttoria è stata ritenuta legittima perché:
1. È stato concesso il termine richiesto dal nuovo difensore di fiducia.
2. La difesa dell’imputato è stata assicurata senza interruzioni dal difensore d’ufficio precedente, pienamente a conoscenza degli atti.

Inoltre, la Corte ha rilevato che una memoria difensiva presentata dal nuovo legale era stata depositata tardivamente, in violazione del termine di quindici giorni liberi prima dell’udienza previsto dall’art. 611 c.p.p., e quindi non poteva essere presa in considerazione. Di conseguenza, dichiarando inammissibile il ricorso per manifesta infondatezza e ravvisando profili di colpa, la Corte ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle Ammende.

Le conclusioni

Questa sentenza riafferma un principio cruciale nella gestione del processo penale: il diritto di difesa, pur essendo inviolabile, non può essere esercitato in modo strumentale o dilatorio. La richiesta di un termine a difesa a seguito di una nuova nomina legale non blocca automaticamente l’iter processuale. I giudici devono operare un attento bilanciamento degli interessi in gioco, e la continuità dell’assistenza legale, garantita dal precedente difensore, è uno strumento idoneo a salvaguardare sia i diritti dell’imputato sia l’efficienza della giustizia.

La richiesta di un termine a difesa da parte di un nuovo avvocato comporta sempre il rinvio dell’udienza?
No, la richiesta non comporta automaticamente il rinvio. Il giudice deve bilanciare il diritto di difesa con il principio della ragionevole durata del processo e può decidere di proseguire con l’attività istruttoria se la difesa dell’imputato è comunque garantita.

Come viene tutelato il diritto di difesa se il processo prosegue nonostante la concessione del termine a difesa?
Il diritto di difesa è garantito dalla partecipazione del difensore precedente (d’ufficio o di fiducia), il quale è tenuto per legge a continuare a prestare la propria assistenza fino a quando il nuovo difensore non è effettivamente operativo, assicurando così la continuità del patrocinio.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso per Cassazione?
Secondo l’art. 616 del codice di procedura penale, quando un ricorso è dichiarato inammissibile, la parte che lo ha proposto viene condannata al pagamento delle spese del procedimento. Se, come in questo caso, si ravvisano profili di colpa nella proposizione del ricorso (ad esempio, perché manifestamente infondato), il ricorrente è condannato anche al pagamento di una somma pecuniaria in favore della Cassa delle Ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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