Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 19382 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 5 Num. 19382 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 17/04/2025
QUINTA SEZIONE PENALE
– Presidente –
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato in GEORGIA il 30/07/1964 avverso la sentenza del 18/06/2024 della CORTE D’APPELLO di ROMA Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito l’avvocato NOME COGNOME nell’interesse del ricorrente, GLYPHche ha illustrato i motivi di ricorso e ne ha chiesto l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Roma, con la sentenza emessa il 18 giugno 2024, ha confermato la pronunzia del Tribunale capitolino con la quale l’imputato NOME COGNOME era stato ritenuto responsabile del delitto di furto aggravato dall’art. 625 n. 4 e 8bis cod. pen.
Il ricorso per cassazione proposto nell’interesse di NOME COGNOME consta di tre motivi, enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, secondo quanto disposto dall’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
COGNOMEIl primo motivo deduce violazione di legge in relazione agli artt. 451 e 558, in relazione all’art. 521, cod. proc. pen. e conseguente nullità dei giudizi.
Il ricorrente fu tratto in arresto e sottoposto al giudizio direttissimo. All’esito dell’udienza di convalida il difensore di ufficio chiese un rinvio della trattazione, ma il Giudice non lo concesse. Il difensore eccepiva la nullità e il Giudice dispose la discussione. Il motivo di censura ora in esame Ł stato anche proposto in appello, ma la Corte territoriale rilevava come fosse nella discrezionalità del giudicante riconoscere o meno il rinvio richiesto. Il ricorrente lamenta la violazione del proprio diritto al differimento della trattazione del giudizio, tenuto in conto che il difensore era stato nominato d’ufficio, non conosceva gli atti del giudizio.
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
Il secondo motivo deduce violazione dell’art. 606, comma 1, lett. c) cod. proc. pen. in relazione all’art. 625, n. 8-bis, cod. pen.
Lamenta il ricorrente che il tentativo di furto era avvenuto al di fuori del mezzo di trasporto pubblico e nel mentre la persona offesa era solo in fila, il che escluderebbe la sussistenza della circostanza aggravante.
Il terzo motivo deduce vizio di motivazione e violazione di legge in ordine al trattamento sanzionatorio, per l’elevata dosimetria della pena, a fronte di una motivazione d’appello che rigetta il relativo motivo di impugnazione richiamando la mancanza di stabile dimora, in sØ invece valutabile per una pena piø mite. La Corte di appello renderebbe una motivazione apparente a riguardo.
Il ricorso Ł stato trattato con l’intervento delle parti, ai sensi del rinnovato art. 611 cod. proc. pen., come modificato dal d.lgs. n. 150 del 2022 e successive integrazioni.
Le parti hanno concluso come indicato in epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł fondato nei termini che seguono.
GLYPH2. Quanto al primo motivo, il ricorrente lamenta la nullità conseguente alla circostanza che a seguito della convalida dell’arresto, in sede di rito direttissimo, il Giudice negava il termine a difesa.
2.1 Dal verbale di udienza, al quale questa Corte ha accesso trattandosi di deduzione di error in procedendo (cfr. Sez. U. 31 ottobre 2001, Policastro, Rv. 220092), emerge che nØ l’imputato nØ il difensore chiedevano di accedere al rito abbreviato, ma solo che l’imputato rilasciava la procura speciale al difensore per il rito abbreviato.
Dopo che il Giudice, a fronte del rifiuto del difensore di consentire alla elezione di domicilio presso il proprio studio professionale, prendeva atto della elezione di domicilio dell’imputato presso la cancelleria della VIII Sezione penale del Tribunale, il difensore chiedeva termine a difesa.
A quel punto il Giudice dava atto che «si già optato per la definizione mediante rito abbreviato». Il verbale attesta che «l Giudice non accoglie la richiesta del termine e invita le parti a concludere. La difesa insiste per la concessione del termine eccependo l’invalidità dello stesso. Il Giudice conferma l’ordinanza già emessa e invita le parti a concludere».
Va evidenziato che nel caso in esame risulta evidente che la difesa non aveva formalizzato la richiesta di rito alternativo, il che emerge sia letteralmente che logicamente dal tenore del verbale: il rilascio della procura speciale si spiega solo se l’accesso al rito non era stato richiesto, altrimenti sarebbe bastata la richiesta dello stesso imputato, presente al giudizio direttissimo, ai sensi dell’art. 438, commi 1 e 3, cod. proc. pen. richiamato dall’art. 556 comma 1 cod. proc. pen. Invece, il rilascio della procura speciale era funzionale alla formalizzazione dell”istanza di rito abbreviato in un momento successivo, quindi alla
successiva udienza.
Pertanto, nel caso di specie non vi era stata richiesta di giudizio abbreviato, che invece Ł stato comunque celebrato.
2.2 Riguardo alla richiesta del differimento dell’udienza, ex art. 558, comma 7, cod. proc. pen., respinta da parte del Giudice – tema sul quale si incentra il primo motivo di ricorso va evidenziato come vi sia stata tempestiva eccezione di nullità da parte della difesa (che si legge a margine del verbale).
Tale nullità – in conformità al principio per cui la mancata concessione del termine a difesa, previsto dall’art. 108 cod. proc. pen., analogamente al caso in esame, nel quale pure si verte in tema di assistenza dell’imputato – Ł di tipo generale a regime intermedio e deve essere eccepita, a pena di decadenza, entro il termine di cui all’art. 182, comma 2, cod. proc. pen., dal difensore presente, quindi, al piø tardi, immediatamente dopo il compimento dell’atto che nega il termine o lo concede in misura che si sostiene incongrua (Sez. 1, n. 13401 del 05/02/2020, COGNOME, Rv. 278823 – 01; conf. N. 20475 del 2002 Rv. 221905 – 01, N. 19524 del 2007 Rv. 236643 – 01, N. 11030 del 2010 Rv. 246777 – 01). Nel caso in esame vi Ł stata tempestiva eccezione a riguardo e anche motivo di appello sul medesimo punto.
2.3 Tornando, quindi, alla negazione del termine a difesa, va evidenziato che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 243 del 2022, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale degli artt. 451, commi 5 e 6, e 558, commi 7 e 8, cod. proc. pen. in quanto interpretati nel senso che la concessione del termine a difesa nel giudizio direttissimo preclude all’imputato di formulare, nella prima udienza successiva allo spirare del suddetto termine, la richiesta di giudizio abbreviato o di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., proprio riconoscendo la necessità del termine a difesa per optare per uno dei riti alternativi.
La Corte costituzionale, valutando l’ammissibilità della questione posta dal Giudice rimettente, evidenziava come il diritto vivente fosse in prevalenza orientato nel senso della alternatività fra l’accesso ai riti speciali – rito abbreviato o patteggiamento – e la richiesta di termine a difesa, nel senso che quest’ultima impediva poi l’accesso al rito speciale, in quanto presupponeva l’apertura del dibattimento e che la ratio della previsione del giudizio direttissimo – in caso di arresto in flagranza di reato – Ł quella della immediatezza e contestualità del giudizio rispetto alla convalida dell’arresto, di talchØ le opzioni sul rito non possono che essere immediate e contestuali in quanto propedeutiche alla celere celebrazione del processo (in questi termini, fra le altre, Sez. 5, n. 9567 del 16/12/2020, dep. 10/03/2021, COGNOME, Rv. 280624 – 01; Sez. 5, n. 52042 del 30/10/2019, COGNOME, Rv. 278045 – 01; Sez. 6, n. 14129 del 19/02/2019, COGNOME, Rv. 275430 – 01GLYPH; Sez. 5, n. 12778 del 18/02/2010, COGNOME Rv. 246899 – 01; in senso contrario, Sez. 6, n. 13118 del 19/01/2010, COGNOME Rv. 246681 – 01; conf: N. 8032 del 1992, N. 42696 del 2008 Rv. 241626 – 01).
A tal riguardo, la Corte costituzionale ha ritenuto fondata la questione sollevata in riferimento all’art. 24 Cost. In primo luogo, in quanto, secondo l’orientamento costante della Corte delle leggi, la possibilità di accedere a uno dei riti alternativi previsti dal legislatore costituisce «una modalità, tra le piø qualificanti, di esercizio del diritto di difesa» dell’imputato (sentenze n. 174 del 2022, n. 192 del 2020, nonchØ sentenze n. 19 e n. 14 del 2020, n. 131 del 2019, n. 141 del 2018).
Inoltre, la consistenza delle prerogative difensive, secondo la Corte costituzionale, implica, con riferimento alla scelta di valersi del giudizio abbreviato come anche dell’applicazione della pena su richiesta ex art. 444 cod. proc. pen., che «’condizione primaria per l’esercizio del diritto di difesa Ł che l’imputato abbia ben chiari i termini dell’accusa mossa nei suoi confronti’: e ciò particolarmente in rapporto alla ‘scelta di valersi del giudizio
abbreviato’, la quale ‘Ł certamente una delle piø delicate, fra quelle tramite le quali si esplicano le facoltà defensionali’» (sentenza n. 273 del 2014, con riferimento alla sentenza n. 237 del 2012).
Per la Corte delle leggi «a scelta del rito deve, in effetti, poter essere effettuata dall’imputato – assistito dal proprio difensore – con piena consapevolezza delle possibili conseguenze sul piano sanzionatorio connesse all’uno o all’altro rito, in relazione ai reati contestati dal pubblico ministero» (sentenza n. 146 del 2022).
A fronte di tali premesse, la sentenza n. 243 del 2022 afferma che in sede di giudizio direttissimo, la scelta dell’imputato di accedere ai riti speciali deve contemperarsi con la disciplina particolarmente serrata dei tempi di instaurazione del giudizio, ma ciò non deve comportare il sacrificio delle essenziali esigenze difensive dell’imputato sull’altare della speditezza dei tempi processuali.
Infatti, «on può dunque ritenersi che la scelta del rito debba necessariamente avvenire seduta stante e incognita causa , senza cioŁ un’adeguata ponderazione delle implicazioni che derivano da tale strategia processuale. Proprio al fine della salvaguardia di un imprescindibile spatium deliberandi , GLYPHil giudice, ove l’imputato ne faccia richiesta, Ł quindi tenuto a concedere il termine non solo in vista dell’approntamento della migliore difesa nella prosecuzione della fase dibattimentale, ma anche in funzione dell’esercizio consapevole della scelta sull’accesso al giudizio abbreviato e all’applicazione della pena a norma dell’art. 444 cod. proc. pen.».
La Corte costituzionale ha, quindi, evidenziato come occorra garantire all’imputato una adeguata ponderazione della propria strategia processuale attraverso condizioni, materiali e temporali, tali da consentire un consapevole esercizio del diritto di difesa, analogamente a quanto ritenuto con la sentenza n. 113 del 2020, pur con riferimento alla disciplina diversa riguardante l’art. 30ter , comma 7, della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), censurato nella parte in cui prevedeva che il termine per proporre reclamo avverso il provvedimento del magistrato di sorveglianza in tema di permesso premio fosse pari a 24 ore.
Per la Corte delle leggi la compressione del diritto di difesa dell’imputato nel giudizio direttissimo Ł, secondo l’interpretazione prevalente, anche maggiore rispetto al caso deciso dalla sentenza n. 113 del 2020, in considerazione della circostanza che «il rapido susseguirsi delle fasi processuali del giudizio di convalida dell’arresto e dell’instaurazione del giudizio direttissimo, seppure consente di ‘pervenire con immediatezza all’accertamento di responsabilità penale dell’imputato'(sentenza n. 41 del 2022), può risolversi, talvolta, anche in uno spazio di poche ore, il che rende non infrequente che l’imputato non sia assistito dal difensore di fiducia, e che si trovi, inoltre, a dover compiere la scelta sul rito senza disporre di alcun apprezzabile lasso di tempo, quando non in modo addirittura istantaneo».
Pertanto, la Corte costituzionale ha riaffermato il contenuto nell’ordinanza n. 254 del 1993 e preso atto dell’incompatibilità con l’art. 24 Cost. dell’interpretazione delle disposizioni censurate fatta propria dalla «consolidata giurisprudenza di legittimità» (sentenza n. 68 del 2021), ha dichiarato l’illegittimità costituzionale degli artt. 451, commi 5 e 6, e 558, commi 7 e 8, cod. proc. pen. in quanto interpretati nel senso che la concessione del termine a difesa nel giudizio direttissimo preclude all’imputato di formulare, nella prima udienza successiva allo spirare del suddetto termine, la richiesta di giudizio abbreviato o di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen.
2.4 Tornando al caso in esame, quindi, fondata Ł l’eccezione di nullità, in quanto il termine a difesa fu erroneamente negato sul presupposto che l’imputato avesse già optato per
il rito abbreviato, profilo non colto dalla Corte di appello, che non distingue fra il rilascio della procura speciale per richiedere il rito abbreviato e la richiesta di accesso al rito.
D’altro canto, lo stesso rilascio della procura speciale per il rito abbreviato, come anticipato, logicamente presuppone che l’istanza di rito alternativo non sia proposta nella medesima udienza, essendo presente l’imputato che può esercitare personalmente il proprio potere ex art. 438, comma 3, cod. proc. pen. senza mediazione del procuratore speciale.
Pertanto, l’imputato aveva diritto al termine a difesa e da ciò deriva la nullità del giudizio e delle sentenze conseguenti, ai sensi dell’art. 180 cod. proc. pen., cosicchØ va disposto l’annullamento con rinvio ex art. 623, comma 1, lett. b), che richiama l’art. 604, comma 4, seconda parte, cod. proc. pen., con trasmissione degli atti al giudice di primo grado.
NØ può ritenersi che la nullità sia stata sanata dalla trattazione del rito abbreviato, in quanto tale rito non Ł stato richiesto dall’imputato, cosicchØ non trova applicazione la sanatoria prevista dall’art. 438, comma 6-bis, cod. proc. pen.
2.5 Va pertanto affermato il principio per cui, in sede di giudizio direttissimo, a seguito della sentenza della Corte cost. n. 243 del 2022, il giudice, ove l’imputato ne faccia richiesta, Ł tenuto a concedere il termine ex artt. 451, comma 7 e 558, comma 7, cod. proc. pen. anche in funzione dell’esercizio consapevole della scelta difensiva in ordine all’accesso al giudizio abbreviato e all’applicazione della pena a norma dell’art. 444 cod. proc. pen., senza che la richiesta del termine osti all’accesso successivo ai riti alternativi.
3. Gli ulteriori motivi devono ritenersi assorbiti e impregiudicati.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata e quella di primo grado con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Roma.
Così deciso il 17/04/2025