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Termine a difesa Daspo: 48 ore non rispettate

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 38809/2024, ha annullato un’ordinanza di convalida di un Daspo perché emessa prima dello scadere del termine a difesa Daspo di 48 ore. La sentenza sottolinea l’importanza del diritto al contraddittorio, anche cartolare, per la persona interessata, la cui violazione comporta la nullità del provvedimento e l’inefficacia della misura.

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Pubblicato il 26 dicembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Daspo e Diritto di Difesa: La Cassazione Sancisce la Nullità per Violazione del Termine di 48 Ore

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 38809/2024) riafferma un principio fondamentale a tutela del diritto di difesa: il provvedimento di convalida di un Daspo con obbligo di presentazione è nullo se emesso prima che siano trascorse 48 ore dalla notifica al destinatario. Questo caso evidenzia l’importanza del termine a difesa Daspo, un presidio invalicabile per garantire il contraddittorio, seppur in forma scritta. Analizziamo insieme i dettagli della vicenda e le motivazioni della Suprema Corte.

I Fatti del Caso: L’Estensione del Daspo e il Ricorso

La vicenda trae origine da un provvedimento del Questore che estendeva un Daspo già esistente a carico di un tifoso. L’estensione era stata motivata dalla sostituzione della squadra di calcio originaria con una nuova compagine sportiva. Il provvedimento, che imponeva al soggetto l’obbligo di presentarsi in questura due volte durante le partite della nuova squadra, veniva notificato in data 07/11/2023 alle ore 9:15.

Il Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) convalidava la misura il 09/11/2023 alle ore 9:05, depositando l’ordinanza alle 9:10 dello stesso giorno. Il difensore del tifoso proponeva ricorso per Cassazione lamentando, tra le altre cose, proprio la violazione del termine a difesa, poiché la convalida era intervenuta prima della scadenza delle 48 ore dalla notifica.

Il Principio sul Termine a Difesa Daspo: 48 Ore Intoccabili

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, ritenendo questo primo motivo fondato e assorbente rispetto a tutti gli altri. La giurisprudenza di legittimità è infatti granitica nel ritenere che il termine concesso all’interessato per depositare memorie e deduzioni al GIP competente non può essere inferiore a quarantotto ore.

Questo termine decorre dal momento esatto della notifica del provvedimento del Questore e serve a garantire il principio del contraddittorio e della parità delle armi. L’interessato deve avere lo stesso tempo a disposizione del Pubblico Ministero, che ha a sua volta 48 ore per richiedere la convalida. Si tratta di un vero e proprio diritto al “contraddittorio cartolare”, che permette al destinatario della misura di esporre le proprie ragioni al giudice.

Le motivazioni della Corte

La Corte ha spiegato che la violazione del termine a difesa Daspo di 48 ore costituisce una causa di nullità ai sensi dell’art. 178, lett. c), del codice di procedura penale, in quanto incide direttamente sul diritto di intervento e assistenza dell’interessato. Nel caso specifico, il calcolo era inequivocabile: la notifica era avvenuta il 7 novembre alle 9:15, quindi il termine sarebbe scaduto il 9 novembre alle 9:15. La convalida, disposta alle 9:05, era palesemente prematura, anche se per soli dieci minuti.

Questa violazione, secondo la Suprema Corte, non è sanabile e comporta l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza di convalida. Di conseguenza, viene dichiarata l’inefficacia della misura dell’obbligo di presentazione imposta dal Questore. La Corte ha stabilito che il mancato rispetto di questo intervallo temporale lede in modo insanabile il diritto di difesa del cittadino, rendendo l’intero procedimento di convalida viziato.

Le conclusioni

La sentenza in esame rappresenta un’importante conferma della centralità del diritto di difesa anche nei procedimenti di prevenzione. Stabilisce con chiarezza che la fretta procedurale non può mai prevalere sulle garanzie fondamentali. Per gli operatori del diritto e per i cittadini, il messaggio è chiaro: ogni provvedimento restrittivo della libertà personale, anche se emesso in via d’urgenza da un’autorità di pubblica sicurezza, deve essere sottoposto a un vaglio giurisdizionale che rispetti pienamente il diritto dell’interessato a essere sentito. La scadenza delle 48 ore non è un mero formalismo, ma la sostanza di una garanzia democratica.

Qual è il termine minimo che il giudice deve rispettare prima di convalidare un Daspo con obbligo di presentazione?
Il giudice deve attendere che siano trascorse almeno 48 ore dal momento esatto in cui il provvedimento del Questore è stato notificato alla persona interessata. Questo per consentirle di presentare memorie difensive.

Cosa succede se il giudice convalida il Daspo prima che siano trascorse le 48 ore dalla notifica?
L’ordinanza di convalida è affetta da nullità, come stabilito dall’art. 178, lett. c), cod. proc. pen. La Corte di Cassazione, in tal caso, annulla senza rinvio l’ordinanza e dichiara l’inefficacia della misura restrittiva.

Perché è così importante il rispetto del termine a difesa Daspo di 48 ore?
È fondamentale perché garantisce il diritto al contraddittorio, seppure in forma scritta (“cartolare”). Assicura la “parità delle armi” tra il destinatario della misura e il Pubblico Ministero, che dispone dello stesso tempo per chiedere la convalida, tutelando così un principio cardine del giusto processo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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