Termine a comparire appello: la Cassazione fa luce sulla Riforma Cartabia
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito un chiarimento fondamentale sull’applicazione temporale delle nuove norme procedurali introdotte dalla Riforma Cartabia, con specifico riferimento al termine a comparire nel giudizio di appello. La decisione risolve un’incertezza interpretativa che ha generato numerose questioni processuali, stabilendo un preciso spartiacque temporale per l’applicazione del nuovo termine di 40 giorni.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello. Il ricorrente lamentava la violazione del suo diritto di difesa, sostenendo il mancato rispetto del termine minimo di 40 giorni tra la notifica dell’avviso di citazione per il giudizio di appello e la data dell’udienza. Nello specifico, la notifica era avvenuta il 19 gennaio 2024 per un’udienza fissata per l’8 febbraio 2024. Secondo la difesa, questa tempistica violava la nuova disciplina introdotta dal D.Lgs. n. 150/2022 (Riforma Cartabia), che ha esteso appunto a 40 giorni il termine a comparire in appello.
La Decisione della Corte e il nuovo termine a comparire in appello
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno ritenuto il motivo di ricorso superato e infondato alla luce di un intervento risolutore delle Sezioni Unite della stessa Corte. La questione non era più oggetto di dibattito, essendo stata definita dalla più alta istanza nomofilattica del nostro ordinamento.
Le Motivazioni: l’intervento delle Sezioni Unite sul termine a comparire in appello
Il cuore della motivazione risiede nel richiamo a una sentenza delle Sezioni Unite del 27 giugno 2024. Con tale pronuncia, è stato chiarito in via definitiva l’ambito di applicazione temporale della nuova formulazione dell’art. 601, comma 3, del codice di procedura penale. Le Sezioni Unite hanno stabilito che il nuovo termine a comparire in appello di 40 giorni è applicabile esclusivamente agli atti di impugnazione proposti a far data dal 1° luglio 2024.
Nel caso di specie, l’appello era stato proposto in un momento antecedente a tale data, come dimostrato dal fatto che il decreto di citazione in appello risaliva al 28 novembre 2023. Di conseguenza, alla fattispecie si applicava ancora la disciplina previgente, che prevedeva un termine più breve. La notifica, pertanto, era da considerarsi pienamente valida e il diritto di difesa non era stato leso. La Corte ha inoltre specificato che, nonostante l’inammissibilità del ricorso, non sussistevano i presupposti per condannare il ricorrente al pagamento di una somma alla cassa delle ammende. Questa decisione è stata motivata dall’assenza di colpa nel proporre il ricorso, dato che l’incertezza interpretativa sulla norma era reale e ha richiesto un intervento delle Sezioni Unite per essere dipanata.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza consolida un principio di diritto di fondamentale importanza pratica per gli operatori del diritto. Stabilisce con certezza che tutte le impugnazioni presentate prima del 1° luglio 2024 restano soggette alle vecchie regole sui termini a comparire. Al contrario, per gli appelli proposti da quella data in poi, il rispetto del nuovo termine di 40 giorni diventa un requisito imprescindibile a pena di nullità. La decisione sottolinea ancora una volta la centralità del principio tempus regit actum nel diritto processuale, secondo cui la validità di un atto giuridico deve essere valutata sulla base della legge in vigore al momento del suo compimento.
Qual è stata la questione giuridica principale affrontata dalla Corte?
La questione principale riguardava l’applicabilità temporale del nuovo termine a comparire di 40 giorni nel giudizio di appello penale, introdotto dalla Riforma Cartabia (D.Lgs. 150/2022).
A partire da quale data si applica il nuovo termine a comparire di 40 giorni per l’appello penale?
Sulla base di una precedente sentenza delle Sezioni Unite, la Corte ha confermato che il nuovo termine di 40 giorni si applica esclusivamente agli atti di impugnazione (appelli) proposti a far data dal 1° luglio 2024.
Perché il ricorrente, pur avendo perso il ricorso, non è stato condannato al pagamento di una somma alla cassa delle ammende?
Il ricorrente è stato esonerato dal pagamento della sanzione pecuniaria perché la Corte ha riconosciuto l’assenza di colpa. L’incertezza sulla norma era tale da aver richiesto un intervento chiarificatore delle Sezioni Unite, giustificando l’errore interpretativo del ricorrente.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 426 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 426 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 29/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CUSANO MUTRI il 28/11/1978
avverso la sentenza del 12/02/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
OSSERVA
ritenuto che il motivo di ricorso proposto nell’interesse di NOME Francesco con il quale si eccepisce il mancato rispetto del termine di 40 giorni in ordine notifica dell’avviso di citazione in appello all’imputato, notificato presso il difens gennaio 2024 per l’udienza dell’8 febbraio 2024, e l’omessa motivazione sul punto, benché oggetto di apposita memoria diretta alla Corte di appello, è superato ed ormai inammissibile a seguito della pronuncia delle Sezioni Unite, che /risolvendo il problema interpretativo postosi sul punto, con sentenza del 27 giugno 2024 hanno chiarito che la disciplina dell’art. 60 comma 3, cod. proc. pen., introdotta dall’art. 34, comma 1, lett. g), d.lgs. 10 ottobre 2 n. 150, che individua in quaranta giorni il termine a comparire nel giudizio di appel applicabile agli atti d’impugnazione proposti a far data dall’I. luglio 2024, mentre nel ca specie l’appello risulta proposto prima di tale data, tant’è che il decreto di citazione in è del 28 novembre 2023;
ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con conseguent condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, ma, dovendo escludersi profili di colpa per le ragioni esposte, va esonerato dal versamento di una somma in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spes processuali.
Così deciso il 29 novembre 2024 Il consigliere .estensore
1V Prèsidente