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Tempus regit actum e appello: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso, ribadendo che, in base al principio del “tempus regit actum”, le nuove norme sui limiti all’appello delle sentenze di proscioglimento non si applicano retroattivamente a decisioni emesse prima della loro entrata in vigore. La legge applicabile è quella vigente al momento della pronuncia della sentenza, poiché è in quel momento che sorge il diritto all’impugnazione.

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Pubblicato il 23 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Tempus Regit Actum: Quando si Applica una Nuova Legge sulle Impugnazioni?

Il principio del tempus regit actum, letteralmente “il tempo regola l’atto”, è un cardine del nostro ordinamento giuridico, specialmente in ambito processuale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre l’opportunità di approfondire come questa regola si applichi alle modifiche legislative in materia di impugnazioni penali. La questione centrale è: una nuova legge che limita il potere di appello si applica anche a sentenze emesse prima della sua entrata in vigore? La risposta della Suprema Corte è netta e conferma un orientamento consolidato.

I Fatti del Caso

La vicenda processuale ha origine con una sentenza di proscioglimento di primo grado emessa nel giugno del 2022. Contro tale decisione, il Pubblico Ministero proponeva appello. Successivamente, entrava in vigore una nuova legge (la n. 114 del 9 agosto 2024) che, a partire dal 25 agosto 2024, introduceva nuove limitazioni al potere del pubblico ministero di appellare le sentenze di proscioglimento per determinati reati.

Nonostante la nuova normativa, la Corte d’Appello procedeva con il giudizio. L’imputato, a seguito della decisione di secondo grado, presentava ricorso per cassazione, sostenendo che l’appello del PM non avrebbe dovuto essere esaminato, in virtù della nuova preclusione introdotta dalla legge del 2024.

Il Principio del Tempus Regit Actum nell’Appello Penale

Il nucleo del ricorso si fondava sull’applicabilità della nuova, e più favorevole, disciplina legislativa a un procedimento di appello pendente. Secondo la difesa, la sopravvenuta limitazione normativa avrebbe dovuto rendere inammissibile l’impugnazione del Pubblico Ministero.

La Corte di Cassazione, tuttavia, è stata chiamata a pronunciarsi sulla corretta interpretazione e applicazione nel tempo delle norme processuali, facendo leva proprio sul principio del tempus regit actum. Questo principio stabilisce che la validità e gli effetti di un atto giuridico devono essere valutati secondo la legge in vigore nel momento in cui l’atto stesso è stato compiuto.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si allinea perfettamente con la giurisprudenza consolidata in materia. I giudici hanno stabilito che l’argomento del ricorrente era in palese contrasto con i principi che regolano la successione delle leggi processuali nel tempo.

Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

Le Motivazioni della Corte

Il ragionamento della Cassazione è lineare e si fonda su un punto fermo: il diritto a impugnare una sentenza sorge nel momento in cui questa viene pronunciata. Pertanto, il regime giuridico applicabile, ovvero l’insieme di regole, condizioni e termini per proporre appello, è quello in vigore in quel preciso momento. Nel caso di specie, la sentenza di primo grado era stata emessa nel 2022, ben prima dell’entrata in vigore della legge n. 114/2024. Al momento della decisione, la legge consentiva pienamente al Pubblico Ministero di proporre appello. La modifica legislativa successiva non può, quindi, avere un’efficacia retroattiva e andare a incidere su un diritto all’impugnazione già sorto e legittimamente esercitato. In assenza di una specifica disciplina transitoria che disponga diversamente, vige la regola generale del tempus regit actum.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza riafferma un principio fondamentale di certezza del diritto: le regole del gioco processuale non possono cambiare a partita in corso, a meno che non sia il legislatore stesso a prevederlo espressamente. La decisione garantisce che la validità degli atti processuali sia valutata sulla base del quadro normativo esistente al momento del loro compimento. Per gli operatori del diritto e per i cittadini, ciò significa che il diritto di impugnare una sentenza è cristallizzato dalle norme vigenti al momento della sua emissione, indipendentemente da future modifiche legislative. Questo approccio evita incertezze e garantisce la stabilità dei rapporti giuridici processuali.

Una nuova legge che limita la possibilità di appello si applica anche a sentenze emesse prima della sua entrata in vigore?
No, in base al principio tempus regit actum, si applica la legge in vigore al momento della pronuncia della sentenza, poiché è in quel momento che sorge il diritto all’impugnazione.

Qual è il principio guida per determinare la legge applicabile alle impugnazioni penali?
Il principio è “tempus regit actum” (il tempo regola l’atto). Ciò significa che il regime impugnatorio applicabile è quello vigente al momento in cui la sentenza viene emessa, non quello derivante da leggi successive.

Perché il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile?
Perché l’unico motivo del ricorso si basava sull’errata convinzione che la nuova legge del 2024, che limitava l’appello, dovesse applicarsi retroattivamente a una sentenza di primo grado emessa nel 2022, un’argomentazione in contrasto con la giurisprudenza consolidata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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