Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 22097 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 22097 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 15/05/2025
SENTENZA
Sul ricorso presentato da COGNOME NOMECOGNOME nato a Roma il 21/04/19g4,
avverso l’ordinanza del 5 dicembre 2024 della Corte di appello di Roma visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Cons. NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Dr. NOME COGNOME che ha concl
per l’inammissibilità del ricorso.
PREMESSO IN FATTO
Con ordinanza pronunciata in data 5 dicembre 2023, la Corte di appello di Roma dichiarava inammissibile l’appello presentato da NOME COGNOME avverso la sentenza del Tribunale di Rieti del 13/06/2023, che aveva condannato lo stesso in ordine al delitto di cui all’art 256-bis d. Igs. 152/2006 alla pena di anni 2 e mesi 1 di reclusione e euro 500,00 di multa.
In tale occasione, la Corte di appello romana evidenziava come l’atto di appello non fosse accompagnato da specifico mandato ad impugnare come era previsto dalla normativa processuale vigente al momento della proposizione dell’impugnazione (01/09/2023).
Avverso tale provvedimento propone ricorso il Sinceri.
5.1. Con il primo motivo lamenta violazione degli articoli 111 Cost., 162, 581-quater cod. proc. pen., 2, comma 6, 21 e 24 d. Igs. 82/2005, contestando l’interpretazione fornita dalla Corte territoriale all’articolo 581, comma 1-quater, del codice di rito, oggetto di abrogazione esplicita per effetto della legge n. 114 del 09/08/2024 e dunque non più applicabile.
5.2. Con un secondo motivo lamenta violazione degli articoli 604, 484, 525, comma 2 e 179 cod. proc. pen., 6 CEDU, in relazione alla violazione del canone normativo che impone la medesimezza dei giudici che hanno assunto le prove e di quelli che assumono la decisione.
5.3. Evidenzia infine il ricorrente la presenza di un errore nei dati anagrafici del ricorr indicato in entrambe le sentenze come nato a Roma in data 21 aprile 1977, anziché il 21 luglio 1964.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
Quanto al primo motivo, questa Corte ritiene che la c.d. “legge Nordio” (114/2024) al comma 1-quater dell’articolo 581 cod. proc. pen., dopo le parole «del difensore» ha inserito l parole «di ufficio»; pertanto, per effetto della modifica normativa occorsa, la norma non è og più applicabile nel caso di imputato assistito da difensore di fiducia.
La legge, tuttavia, non ha previsto alcuna norma transitoria tesa a disciplinare la sorte de impugnazioni proposte prima dell’entrata in vigore delle modifiche.
Ne consegue che, in base al principio tempus regit actum (che normalmente regola la successione nel tempo delle leggi processuali penali), le impugnazioni proposte nella vigenza del comma 1-quater dell’art. 581 c.p.p., come introdotto dal d. Igs. n. 150/2022, continuano ad essere valutate, sotto il profilo della loro ammissibilità, alla stregua di tali disposizioni n. 11198 del 13/03/2025, Badr, non ancora massimata).
Inoltre, le Sezioni Unite della Corte di cassazione (Sez. U., n. 13808 del 24/10/2024, dep. 2025, De Felice) hanno stabilito, in relazione all’articolo 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. ma con principio applicabile anche al caso in esame, che «la disciplina contenuta nell’art. 581 comma 1-ter, cod. proc. pen. – abrogata dalla legge 9 agosto 2024, n. 114, in vigore dal 25 agosto 2024 – continua ad applicarsi alle impugnazioni proposte sino al 24 agosto 2024», precisando che «qualora, come nel caso in esame, si discorra delle modalità di compimento di un atto processuale che, come l’atto d’impugnazione, considerato isolatamente e nel suo aspetto formale (non, dunque, nella prospettiva del diritto di proporre l’impugnazione e della legge esso applicabile), abbia effetti istantanei, che si esauriscono senza residui nel suo puntua compimento, debba, in applicazione del principio di cui all’art. 11 preleggi, aversi riguardo a disciplina vigente al momento del compimento dell’atto stesso».
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E’, pertanto, del tutto irrilevante la verifica in ordine alla effettiva presenza in aula o
dell’imputato, posto che, in applicazione dell’anzidetto principio, in entrambi i casi l’a appello avrebbe dovuto essere accompagnato da mandato
ad litem.
Il motivo è pertanto infondato e va rigettato.
3. L’infondatezza del primo motivo di doglianza ha effetto preclusivo sul secondo profilo di censura.
4. Il ricorso, in conclusione, deve essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
5. L’ordinanza gravata deve tuttavia essere corretta ai sensi dell’articolo 130 cod. proc. pen.
in quanto, da accertamenti anagrafici eseguiti dal Collegio, emerge che la data di nascita del ricorrente è stata erroneamente indicata come 21 aprile 1977, laddove cade invece nel giorno
21 luglio 1964.
Il provvedimento va pertanto corretto nei termini di cui sopra.
6. La presente motivazione viene redatta in forma semplificata ai sensi del decreto n. 68 del 28/4/2016 del Primo Presidente della Corte di cassazione.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Visto l’articolo 130 cod. proc. pen., dispone correggersi l’ordinanza pronunciata in data dicembre 2024 dalla Corte di appello di Roma nei confronti di COGNOME NOME nel senso che, laddove viene indicata la data di nascita del “21/04/1977”, deve leggersi invece “21/07/1964”.
Manda alla cancelleria della Corte di appello di Roma per l’annotazione della correzione sull’originale della predetta ordinanza.
Così deciso il 15/05/2025.