Tardività della querela: quando è troppo tardi per sollevarla in Cassazione?
La questione della tardività della querela rappresenta un tema cruciale nel diritto processuale penale, poiché incide direttamente sulla procedibilità dell’azione penale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 22209/2024) offre un importante chiarimento sui limiti entro cui tale eccezione può essere sollevata per la prima volta dinanzi al giudice di legittimità. La decisione sottolinea una distinzione fondamentale: la possibilità di dedurre la tardività è subordinata all’assenza della necessità di un accertamento di fatto, attività preclusa alla Suprema Corte.
I Fatti del Processo
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’appello. L’unico motivo di doglianza sollevato dinanzi alla Corte di Cassazione riguardava la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione alla presunta tardività della querela presentata nei suoi confronti. Si trattava di una questione che, a quanto pare, non era stata eccepita nei precedenti gradi di giudizio.
La tardività della querela secondo la Cassazione
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno ribadito un principio consolidato: sebbene la questione sulla procedibilità dell’azione penale sia rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento, e quindi anche per la prima volta in Cassazione, tale facoltà incontra un limite invalicabile. Questo limite si manifesta quando, per decidere sulla tempestività della querela, è necessario determinare il cosiddetto dies a quo, ossia il giorno esatto da cui è iniziato a decorrere il termine per proporla. Se tale determinazione richiede un ‘giudizio di fatto’ – cioè un’analisi e una valutazione delle prove e delle circostanze concrete – la questione non può essere affrontata dalla Corte di Cassazione.
Le Motivazioni della Corte
Il cuore della motivazione risiede nella natura stessa della Corte di Cassazione quale giudice di legittimità e non di merito. Il suo compito non è quello di riesaminare i fatti del processo, ma di assicurare la corretta interpretazione e applicazione della legge.
Nel caso specifico, accertare il momento preciso in cui la persona offesa ha avuto conoscenza del fatto costituente reato (momento da cui decorre il termine per querelare) avrebbe implicato una valutazione fattuale, come l’analisi di testimonianze, documenti o altre prove. Questa attività è di esclusiva competenza dei giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello). Introdurre tale accertamento per la prima volta in sede di legittimità snaturerebbe la funzione della Cassazione, trasformandola in un terzo grado di giudizio di merito, cosa che l’ordinamento non consente.
La Corte ha richiamato un proprio precedente (Sez. 5, n. 23689 del 2021), rafforzando l’idea che l’eccezione di tardività della querela è ammissibile in Cassazione solo se la sua risoluzione emerge pacificamente dagli atti processuali già acquisiti, senza la necessità di ulteriori indagini fattuali.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame offre una lezione pratica fondamentale per la difesa tecnica: le questioni che richiedono un accertamento dei fatti, come la determinazione del dies a quo per la proposizione della querela, devono essere sollevate e provate nei gradi di merito. Attendere di arrivare in Cassazione per eccepire la tardività della querela è una strategia processuale destinata al fallimento se la data di decorrenza del termine non è già chiaramente e indiscutibilmente stabilita negli atti del processo. La decisione, pertanto, conferma la rigorosa ripartizione di competenze tra giudici di merito e giudice di legittimità, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria per aver proposto un ricorso inammissibile.
È possibile sollevare la questione della tardività della querela per la prima volta in Cassazione?
Sì, la questione attinente alla procedibilità dell’azione penale è rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento, quindi anche davanti alla Corte di Cassazione.
Qual è il limite principale a questa possibilità?
Il limite consiste nel fatto che la questione non può essere dedotta per la prima volta in Cassazione se, per essere decisa, richiede la determinazione del ‘dies a quo’ (il giorno di inizio del termine) attraverso un giudizio di fatto, attività che è preclusa al giudice di legittimità.
Qual è stata la decisione finale della Corte nel caso specifico?
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 22209 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 22209 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME, nato a San Giorgio a Cremano il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 09/05/2023 della Corte d’appello di Napoli
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME;
ritenuto che l’unico motivo di ricorso, con il quale si deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in ordine alla tempestività della querela, non è consentito poiché in tema di applicazione delle disposizioni di cui all’art. 129 cod. proc. pen., la questione attinente alla procedibilità dell’azione penale è rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento e, quindi, può essere dedotta per la prima volta davanti alla Corte di cassazione, purché, nel caso in cui si affermi la tardività della querela, il dies a quo non debba essere determinato con un giudizio di fatto – necessario nella specie – che, come tale, è precluso al giudice di legittimità (Sez. 5, n. 23689 del 06/05/2021, Cavallin, Rv. 281318-01);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento de spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa de ammende.
Così deciso, in data 23 aprile 2024.