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Strumento atto ad offendere: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per lesioni aggravate. La Corte ha ribadito che l’aggravante dell’uso di uno strumento atto ad offendere sussiste anche quando viene utilizzato un qualsiasi oggetto di uso comune, se impiegato concretamente per aggredire. Viene chiarito che, in tali circostanze, cessa ogni ‘giustificato motivo’ al possesso dell’oggetto, rendendo irrilevante la sua natura intrinsecamente non offensiva.

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Pubblicato il 26 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Strumento Atto ad Offendere: Anche un Oggetto Comune può Aggravare il Reato di Lesioni

L’uso di un qualsiasi oggetto durante un’aggressione può trasformare un reato di lesioni semplici in lesioni aggravate, con un conseguente aumento della pena. La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito questo principio consolidato, chiarendo la definizione di strumento atto ad offendere. La decisione sottolinea come la legge penale si concentri sull’uso concreto dell’oggetto piuttosto che sulla sua natura intrinseca, offrendo spunti fondamentali per la comprensione del reato.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un uomo, condannato sia in primo grado che in appello per il reato di lesioni personali aggravate. L’imputato sosteneva che i giudici avessero errato nell’applicare l’aggravante prevista dall’articolo 585 del codice penale, relativa all’uso di uno strumento atto ad offendere. Secondo la sua difesa, l’oggetto utilizzato nell’aggressione non poteva essere classificato come un’arma o uno strumento intrinsecamente pericoloso, e pertanto l’aggravante non avrebbe dovuto essere contestata.

La Decisione della Corte di Cassazione e l’Aggravante dello Strumento Atto ad Offendere

La Suprema Corte ha respinto categoricamente la tesi difensiva, dichiarando il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. Gli Ermellini hanno confermato l’orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità, secondo cui, in tema di lesioni personali, l’aggravante ricorre ogni volta che la condotta lesiva viene realizzata adoperando qualsiasi oggetto. Non è necessario che si tratti di un’arma in senso proprio; è sufficiente che l’oggetto, anche di uso comune e apparentemente innocuo, sia stato utilizzato come mezzo per causare un danno fisico.

Le Motivazioni

La Corte ha spiegato in modo chiaro e inequivocabile le ragioni alla base della sua decisione. Il punto centrale del ragionamento giuridico risiede nell’interpretazione dell’espressione strumento atto ad offendere. I giudici hanno specificato che questa categoria include qualsiasi oggetto che, nelle circostanze specifiche dell’azione, si rivela idoneo a potenziare l’offesa alla persona. Che si tratti di una bottiglia, un mazzo di chiavi, o una sedia, ciò che conta è l’impiego che ne fa l’aggressore.

Inoltre, la Cassazione ha smontato l’argomento difensivo basato sulla legge n. 110 del 1975, che disciplina il porto di armi od oggetti atti ad offendere. Tale legge vieta di portare questi oggetti fuori dalla propria abitazione senza un “giustificato motivo”. La difesa suggeriva che se un oggetto può essere lecitamente portato per un motivo giustificato, non può essere considerato uno strumento offensivo. La Corte ha chiarito che questo argomento non è pertinente. Nel momento stesso in cui un individuo utilizza un qualsiasi oggetto come strumento di aggressione fisica, cessa immediatamente qualsiasi “giustificato motivo” al suo possesso. L’atto violento stesso qualifica l’oggetto, in quel preciso contesto, come uno strumento la cui funzione è quella di offendere.

Le Conclusioni

Questa ordinanza consolida un principio di fondamentale importanza pratica nel diritto penale. La decisione implica che chiunque commetta un’aggressione utilizzando un oggetto, anche il più banale, vedrà quasi certamente il proprio reato qualificato come aggravato. La valutazione del giudice si concentrerà non sulla natura dell’oggetto, ma sulla sua funzione nell’azione criminale. Di conseguenza, la responsabilità penale viene valutata in base all’effettiva pericolosità della condotta, a prescindere dal mezzo utilizzato. Questo orientamento garantisce una tutela più ampia della persona offesa e serve da monito: la violenza è punita severamente, e la legge considera l’intento lesivo e l’azione concreta come gli elementi determinanti per stabilire la gravità del reato.

Un oggetto di uso comune può essere considerato un’arma ai fini del reato di lesioni aggravate?
Sì. Secondo la costante giurisprudenza della Corte di Cassazione, qualsiasi oggetto, anche di uso comune e privo di apparente idoneità all’offesa, se viene concretamente utilizzato per realizzare una condotta lesiva, integra la circostanza aggravante dello ‘strumento atto ad offendere’ prevista dall’art. 585 del codice penale.

La legge che vieta il porto di oggetti atti ad offendere senza giustificato motivo ha rilevanza in questi casi?
No. La Corte ha chiarito che la normativa sul porto di oggetti atti ad offendere (L. n. 110 del 1975) non è una difesa valida. Nel momento in cui un oggetto viene usato come strumento di aggressione fisica, cessa di esistere qualsiasi ‘giustificato motivo’ al suo possesso in quel contesto, rendendo irrilevante tale normativa ai fini della qualificazione del reato.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità significa che la Corte di Cassazione non entra nel merito della questione sollevata dal ricorrente perché il ricorso è privo dei requisiti richiesti dalla legge. Questo comporta la conferma definitiva della condanna decisa nei gradi di giudizio precedenti e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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