Stato di Necessità: Quando la Povertà Non Giustifica il Reato
L’ordinamento giuridico prevede delle cause di giustificazione, note come scriminanti, che rendono lecito un fatto che altrimenti costituirebbe reato. Tra queste, lo stato di necessità è una delle più invocate, specialmente in contesti di difficoltà economica. Tuttavia, una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 7820/2024) ha ribadito i confini rigorosi di questa scriminante, chiarendo che la condizione di indigenza, da sola, non è sufficiente a giustificare un furto. Analizziamo insieme la vicenda e le conclusioni dei giudici.
I Fatti del Caso
Il caso riguarda un uomo condannato in primo grado e in appello per il reato di tentato furto aggravato. L’imputato aveva cercato di asportare la batteria da un monopattino, commettendo il fatto il 21 maggio 2021. Contro la sentenza di condanna della Corte d’Appello, la difesa ha proposto ricorso per cassazione, articolando le proprie doglianze su tre punti principali: il mancato riconoscimento dello stato di necessità, l’errata applicazione dell’aggravante della violenza sulle cose e la mancata concessione delle attenuanti generiche in regime di prevalenza.
Lo Stato di Necessità e la Sua Esclusione nel Caso di Specie
Il fulcro del ricorso si basava sulla tesi difensiva secondo cui l’imputato avrebbe agito spinto da uno stato di necessità derivante dalla sua precaria condizione economica. La difesa sosteneva che tale condizione lo avesse costretto a commettere il reato per far fronte a bisogni primari. 
Tuttavia, la Corte di Cassazione ha rigettato questa tesi, definendola manifestamente infondata. I giudici hanno richiamato un principio consolidato secondo cui la situazione di indigenza non integra automaticamente la scriminante in questione. Questo perché mancano i requisiti dell’attualità e dell’inevitabilità del pericolo, elementi fondamentali dello stato di necessità. La Corte ha sottolineato che l’ordinamento prevede specifici istituti di assistenza sociale per supportare le persone in difficoltà economica. Pertanto, prima di commettere un reato, l’individuo ha a disposizione canali leciti per cercare di risolvere la propria situazione.
Le Motivazioni
La Corte Suprema ha dichiarato il ricorso inammissibile, fornendo una chiara motivazione per ciascuna delle censure sollevate.
Rifiuto dello Stato di Necessità
Come anticipato, la Corte ha escluso l’applicabilità della scriminante. Il principio di diritto applicato è netto: non si può invocare lo stato di necessità quando esistono alternative lecite, come rivolgersi ai servizi sociali, per far fronte alle proprie esigenze. La scriminante opera solo in situazioni di pericolo attuale, grave e inevitabile, condizioni non ravvisabili nel caso di una difficoltà economica cronica, per la quale lo Stato predispone specifici strumenti di supporto.
La Sussistenza dell’Aggravante della Violenza sulle Cose
La seconda censura riguardava l’aggravante della violenza sulle cose (art. 625, n. 2 c.p.). La difesa ne contestava l’applicazione. La Cassazione ha ritenuto anche questa doglianza infondata. Per rimuovere la batteria dal monopattino, l’imputato ha dovuto esercitare una forza fisica tale da danneggiare il bene o una sua componente essenziale. Questo comportamento, che rende necessario un intervento di ripristino per restituire al bene la sua piena funzionalità, integra pienamente la nozione di “violenza sulle cose” secondo la giurisprudenza di legittimità. 
Il Bilanciamento delle Circostanze
Infine, per quanto riguarda la richiesta di concedere le attenuanti generiche in misura prevalente sulle aggravanti, la Corte ha ricordato che il giudizio di comparazione tra circostanze è un’attività discrezionale del giudice di merito. Tale valutazione sfugge al sindacato di legittimità se non è palesemente illogica o arbitraria. Nel caso in esame, i giudici di merito avevano ritenuto adeguata una valutazione di equivalenza tra le circostanze opposte per commisurare una pena congrua, e tale decisione è stata ritenuta correttamente motivata e non censurabile.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame è di grande importanza pratica perché traccia una linea netta tra la difficoltà economica e la commissione di reati. La Corte di Cassazione conferma che, sebbene la povertà sia una condizione socialmente rilevante, non può diventare una giustificazione generalizzata per violare la legge, soprattutto quando esistono alternative legali per ottenere aiuto. La decisione ribadisce inoltre i criteri per l’applicazione dell’aggravante della violenza sulle cose, legandola a qualsiasi azione che richieda un successivo intervento riparatore. Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.
 
La condizione di povertà o indigenza giustifica la commissione di un furto?
No, secondo la Corte di Cassazione, la situazione di indigenza non integra di per sé la scriminante dello stato di necessità, poiché esistono istituti di assistenza sociale a cui le persone in difficoltà possono rivolgersi per ottenere aiuto.
Quando si configura l’aggravante della violenza sulle cose in un furto?
L’aggravante si realizza ogni volta che l’autore del furto usa energia fisica sulla cosa, provocandone la rottura, il danneggiamento o il distacco di una sua parte essenziale, tanto da rendere necessario un intervento di ripristino per restituirle la sua funzionalità.
Il giudice è obbligato a concedere le attenuanti generiche in misura prevalente sulle aggravanti?
No, la valutazione sul bilanciamento tra circostanze attenuanti e aggravanti è una decisione discrezionale del giudice di merito. Tale decisione non è sindacabile in Cassazione se non è frutto di arbitrio o di un ragionamento illogico e se è adeguatamente motivata.
 
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 7820 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7   Num. 7820  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 25/05/2023 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO
 che, con l’impugnata sentenza, la Corte di Appello di Palermo ha confermato la condanna inflitta a COGNOME NOME per il delitto di cui agli artt. 56, 624 e 625, comma 1, nn. 2 e 7 cod. pen. (fatto commesso in Palermo il 21 maggio 2021);
che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, tramite il difensore, articolando un solo motivo a più censure;
CONSIDERATO IN DIRITTO
– che la prima censura, che denuncia, sotto l’egida formale del vizio di motivazione, mancato riconoscimento in suo favore della scriminante dello stato di necessità, oltre ad essere generica, perché articolata senza alcun confronto con il tenore della sentenza impugnata sul punto (cfr. pagg. 2 e 3, punto 3.2. della sentenza impugnata), è anche manifestamente infondata, atteso il pacifico principio di diritto secondo cui:« la situazi di indigenza non è di per sé idonea ad integrare la scriminante dello stato di necessità pe difetto degli elementi dell’attualità e dell’inevitabilità del pericolo, atteso che alle e delle persone che versano in tale stato è possibile provvedere per mezzo degli istituti d assistenza sociale » (Sez. 5, n. 3967 del 13/07/2015, dep. 29/01/2016, Rv. 265888);
che la seconda censura, che lamenta il vizio di motivazione in relazione all’art. 625 comma 1, n.2 cod. pen., è generica e manifestamente infondata, posto che, per la giurisprudenza di legittimità «In tema di furto, la circostanza aggravante della violenza su cose si realizza tutte le volte in cui il soggetto faccia uso di energia fisica provocan rottura, il guasto, il danneggiamento, la trasformazione, il mutamento di destinazione della cosa altrui o il distacco di una componente essenziale ai fini della funzionalità, tali da ren necessaria un’attività di ripristino per restituire alla “res” la propria funzionalità. (Fat relativa al furto degli pneumatici di un’auto.» (Sez. 5, Sentenza n. 13431 del 25/02/2022, Rv. 282974), come nel caso di specie, in cui l’imputato, per rimuovere la batteria de monopattino, aveva certamente posto in essere sulla res una forza fisica tale da rendere necessario un intervento ripristinatorio (vedasi paci. 3, punto 3.3 della sentenza impugnata);
– che la terza censura, con la quale ci si duole della mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche in regime di prevalenza, è articolata senza tener conto che, per diritt vivente, le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra opposte circostanze, implican una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito, sfuggono al sindacato di legittim qualora non siano frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e siano sorrette d sufficiente motivazione, tale dovendo ritenersi quella che per giustificare la soluzio dell’equivalenza si sia limitata a ritenerla la più idonea a realizzare l’adeguatezza della p irrogata in concreto (Sez. U, n. 10713 del 25/02/2010, Rv. 2459:31), come nel caso che occupa (vedasi pag. 4, punto 3.5 della sentenza impugnata);
ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 7 febbraio 2024
Il Presidente