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Stato detentivo: obbligo di dichiarazione per il RdC

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna di una donna per non aver dichiarato, nella domanda per il reddito di cittadinanza, la presenza di un familiare convivente in stato detentivo domiciliare per reati di mafia. La Corte ha stabilito che la nozione di ‘stato detentivo’ non si limita alla reclusione in carcere, ma include anche gli arresti domiciliari. La finalità della norma non è solo economica, ma anche quella di escludere dal beneficio i nuclei familiari con componenti ritenuti socialmente riprovevoli. L’errore sulla rilevanza dell’informazione non esclude il dolo.

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Pubblicato il 24 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Stato Detentivo e Reddito di Cittadinanza: Anche gli Arresti Domiciliari Vanno Dichiarati

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 24419/2025, ha fornito un chiarimento cruciale sulla nozione di stato detentivo ai fini dell’ottenimento del Reddito di Cittadinanza. La pronuncia stabilisce che l’obbligo di dichiarare la presenza di un familiare in stato di detenzione si estende anche agli arresti domiciliari, e non solo alla reclusione in carcere. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante decisione.

I Fatti del Caso: Omissione nella Domanda per il Reddito di Cittadinanza

Il caso riguarda una donna condannata per aver omesso, nella compilazione della domanda per il Reddito di Cittadinanza, di segnalare che un suo familiare convivente si trovava agli arresti domiciliari. Tale misura era stata disposta in relazione a una grave accusa per associazione di stampo mafioso (art. 416-bis c.p.).

La difesa della ricorrente sosteneva che l’informazione non fosse dovuta, interpretando il concetto di “stato detentivo” in senso restrittivo. Secondo questa tesi, la norma mirava a escludere dal calcolo del beneficio solo le persone il cui mantenimento non gravava più sulla famiglia perché a totale carico dello Stato (come nel caso della detenzione in carcere). Poiché il familiare agli arresti domiciliari continuava a rappresentare un costo per il nucleo familiare, la sua condizione non avrebbe dovuto essere dichiarata.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha respinto integralmente il ricorso, confermando la condanna. I giudici hanno chiarito che l’interpretazione proposta dalla difesa era errata e che l’omissione integrava pienamente il reato previsto dall’art. 7 del D.L. n. 4/2019.

La nozione di stato detentivo secondo la Cassazione

Il punto centrale della sentenza è l’interpretazione estensiva del concetto di stato detentivo. La Corte ha spiegato che la ratio della norma non è meramente economica. Se da un lato è vero che si escludono dal calcolo del beneficio le persone ricoverate in strutture a totale carico dello Stato, dall’altro la legge persegue un obiettivo ulteriore.

La normativa sul Reddito di Cittadinanza prevede specifiche condizioni ostative legate alla “meritevolezza” del beneficio. La legge, infatti, mira a negare il sostegno a quei nuclei familiari in cui siano presenti soggetti condannati o sottoposti a misure cautelari per reati di particolare gravità, come quelli di mafia. Questa scelta legislativa si fonda su un criterio di “riprovevolezza sociale” e non solo sulla valutazione del carico economico.

Di conseguenza, la condizione di un familiare condannato o sottoposto a misura cautelare per reati come l’associazione mafiosa è sempre rilevante, a prescindere dal fatto che la misura restrittiva sia eseguita in carcere o presso il domicilio.

L’irrilevanza della Buona Fede e l’Errore sulla Legge Penale

La Corte ha rigettato anche il secondo motivo di ricorso, relativo all’assenza di dolo. La difesa sosteneva che l’imputata avesse agito in buona fede, ritenendo l’informazione non rilevante.

I giudici hanno qualificato tale convinzione come un irrilevante errore sulla legge penale (art. 5 c.p.). Il reato contestato è un reato di pericolo concreto volto a proteggere l’integrità delle risorse pubbliche. Si perfeziona con la semplice presentazione di una dichiarazione falsa o omissiva finalizzata a ottenere “indebitamente” il beneficio. La consapevolezza di omettere un’informazione richiesta dal modulo di domanda è sufficiente a integrare il dolo, poiché tale omissione è funzionale a conseguire un beneficio in misura superiore a quella spettante.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano su una lettura sistematica della normativa. Il legislatore ha inteso escludere dal beneficio non solo chi non rappresenta un costo per la famiglia, ma anche chi, a causa della propria condotta penale, è ritenuto socialmente immeritevole del sostegno pubblico. L’obbligo di dichiarazione dello stato detentivo di un componente del nucleo familiare, anche se agli arresti domiciliari, è quindi un requisito essenziale per consentire all’amministrazione di verificare la sussistenza di tutte le condizioni di legge, incluse quelle di carattere soggettivo e morale. L’omissione di tale informazione impedisce questo controllo e configura il reato, in quanto finalizzata a ottenere un vantaggio economico non dovuto.

Le Conclusioni

In conclusione, la sentenza ribadisce un principio di rigore e trasparenza nell’accesso alle prestazioni sociali. Lo “stato detentivo” di un familiare è un’informazione che deve sempre essere comunicata, includendo anche la detenzione domiciliare. L’erronea convinzione circa la rilevanza di tale informazione non scusa il dichiarante, configurando un errore di diritto penalmente irrilevante. Questa pronuncia serve da monito sulla necessità di compilare con la massima accuratezza e completezza le domande per l’ottenimento di benefici pubblici, pena l’incorrere in gravi conseguenze penali.

Lo ‘stato detentivo’ da dichiarare per il reddito di cittadinanza include anche la detenzione domiciliare?
Sì. La Corte di Cassazione ha chiarito che il concetto di ‘stato detentivo’ non si limita alla detenzione in carcere ma comprende anche misure come gli arresti domiciliari, poiché la norma ha finalità non solo economiche ma anche di valutazione della meritevolezza del nucleo familiare.

Perché bisogna dichiarare un familiare in detenzione domiciliare se questo grava ancora economicamente sulla famiglia?
Perché la legge mira a escludere dal beneficio i nuclei familiari in cui siano presenti soggetti ritenuti socialmente riprovevoli a causa di condanne o misure cautelari per reati di particolare allarme sociale, come l’associazione mafiosa. La valutazione, quindi, prescinde dal mero carico economico.

L’aver omesso la dichiarazione in buona fede, pensando che non fosse rilevante, esclude il reato?
No. Secondo la Corte, questa è una forma di errore sulla legge penale, che di regola non esclude la punibilità. Il reato si configura per il solo fatto di aver consapevolmente omesso un’informazione richiesta, se tale omissione è finalizzata a ottenere indebitamente il beneficio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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