Stato degli Atti: Perché un Giudice Decide Solo sui Documenti Presenti
Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sent. n. 12744/2025) ha ribadito un principio fondamentale del nostro ordinamento processuale: il principio dello stato degli atti. Questo principio stabilisce che la legittimità di una decisione giudiziaria deve essere valutata esclusivamente sulla base della documentazione e delle prove presenti nel fascicolo al momento della sua emissione. Nel caso di specie, la Corte ha rigettato il ricorso di un Procuratore Generale che contestava la concessione della detenzione domiciliare a un condannato, basando la propria impugnazione su un documento emesso in data successiva alla decisione del giudice.
I Fatti del Caso: Una Detenzione Domiciliare Contestata
Il Tribunale di Sorveglianza di Catania accoglieva l’istanza di un condannato, disponendo la prosecuzione della sua pena in regime di detenzione domiciliare. La decisione veniva presa il 9 ottobre 2024.
Successivamente, il Procuratore Generale presso la Corte di Appello proponeva ricorso per cassazione avverso tale provvedimento. La motivazione del ricorso si fondava sulla presunta violazione dell’art. 47-ter dell’ordinamento penitenziario. Secondo il Procuratore, il condannato non avrebbe avuto diritto alla misura alternativa perché il suo residuo di pena era superiore ai due anni. A sostegno della propria tesi, il Procuratore allegava un certificato di esecuzione emesso il 15 ottobre 2024, quindi sei giorni dopo la decisione del Tribunale di Sorveglianza.
Il Principio dello Stato degli Atti secondo la Cassazione
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso infondato, centrando la propria argomentazione sul principio dello stato degli atti. I giudici supremi hanno spiegato che il Tribunale di Sorveglianza ha correttamente deliberato sulla base della documentazione contenuta nel fascicolo a quella data. Al 9 ottobre 2024, il certificato di esecuzione prodotto dal Procuratore, datato 15 ottobre, non poteva materialmente essere presente agli atti.
La decisione del Tribunale, pertanto, è stata ritenuta legittima in quanto assunta sulla base della posizione giuridica del detenuto come risultava dalla documentazione disponibile in quel preciso momento. L’impugnazione, al contrario, si basava su un elemento ‘sopravvenuto’, che non poteva essere considerato per valutare la correttezza della decisione originaria.
Le Motivazioni
La Suprema Corte ha chiarito che il provvedimento impugnato, essendo stato emesso ‘allo stato degli atti’ e in pieno contraddittorio tra le parti, deve considerarsi legittimo. L’impugnazione proposta dal Procuratore Generale introduceva elementi e fattori successivi alla decisione, i quali non possono avere rilievo nel giudizio di legittimità sulla correttezza di quella pronuncia.
La Corte ha inoltre precisato che, qualora emergano elementi nuovi che modifichino i presupposti per la concessione di una misura (come un ricalcolo della pena), la legge prevede strumenti specifici per intervenire. In particolare, si sarebbe dovuto procedere ai sensi dell’art. 47-ter, comma 7, ord. pen., che disciplina i casi di revoca della misura, ma non contestare la legittimità originaria della decisione con un ricorso basato su dati successivi.
Le Conclusioni
La sentenza n. 12744/2025 rafforza un caposaldo della procedura giudiziaria: la valutazione di un provvedimento è ancorata al momento storico e documentale in cui esso viene emesso. Non è possibile invalidare a posteriori una decisione corretta sulla base di informazioni emerse successivamente. Questo garantisce certezza e stabilità alle decisioni giudiziarie, incanalando eventuali revisioni basate su nuovi fatti nelle procedure appositamente previste dalla legge, senza mettere in discussione la legittimità dell’operato del giudice che ha deciso sulla base di quanto a sua disposizione.
Un giudice può considerare un documento prodotto dopo la sua decisione per valutarne la legittimità?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che la legittimità di un provvedimento deve essere valutata esclusivamente in base allo “stato degli atti”, cioè ai documenti e alle informazioni disponibili nel fascicolo al momento in cui la decisione è stata presa.
Cosa succede se dopo una decisione emergono nuovi elementi che ne metterebbero in discussione i presupposti?
Secondo la sentenza, i nuovi elementi non rendono illegittima la decisione originaria. Per tali situazioni, la legge (in questo caso, l’art. 47-ter, comma 7, ord. pen.) prevede procedure specifiche per la revisione o la revoca della misura, ma non la possibilità di annullare la decisione iniziale sulla base di fatti sopravvenuti.
Su quale base il Procuratore Generale ha impugnato l’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza?
Il Procuratore Generale ha impugnato l’ordinanza sostenendo la violazione dell’art. 47-ter ord. pen., poiché, secondo un certificato di esecuzione, il condannato doveva scontare un residuo di pena superiore a due anni. Tuttavia, tale certificato era stato emesso in data successiva all’ordinanza impugnata.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 12744 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 12744 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 08/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: AVV_NOTAIO Generale presso la Corte di Appello di Catania COGNOME NOME nato a Bari il DATA_NASCITA avverso l’ordinanza del 09/10/2024 del Tribunale di Sorveglianza di Catania udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; lette le conclusioni del AVV_NOTAIO NOME COGNOME per l’annullamento con rinvio del
provvedimento impugnato.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di sorveglianza di Catania, con ordinanza del 9 ottobre 2024, ha accolto l’istanza proposta da NOME COGNOME e ha disposto che l’esecuzione della pena prosegua in regime di detenzione domiciliare.
Avverso il provvedimento ha proposto ricorso il AVV_NOTAIO generale che ha dedotto la violazione dell’art. 47-ter ord. pen. in quanto dal certificato di esecuzione emesso il 15 ottobre 2024 risulta che il condannato deve scontare un residuo di pena superiore a due anni.
In data 6 dicembre 2024 è pervenuta in cancelleria la requisitoria scritta con la quale il AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO ha chiesto il l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
Il AVV_NOTAIO generale deduce la violazione dell’art. 47 -ter ord. pen. in quanto emesso in assenza dei presupposti di legge poiché il condannato deve scontare un residuo di pena superiore a due anni.
La doglianza, che prende le mosse da un certificato di esecuzione emesso in data successiva alla pronuncia del provvedimento impugnato, è infondata.
Il Tribunale, infatti, ha dato atto di avere considerato e valutato quanto era presente i atti e la decisione è stata assunta in base alla posizione giuridica del detenuto desunta dalla documentazione (certificati e relazioni) contenuta nel fascicolo nel quale, in data 9 ottobre 2024, non poteva essere presente il certificato di esecuzione del 15 ottobre 2024 citato dall’organo dell’accusa e allegato al ricorso.
Sotto tale profilo, pertanto, il provvedimento, emesso allo stato degli atti è contraddittorio tra le parti, deve ritenersi legittimo e, conseguentemente, l’attuale impugnazion -nella quale non possono avere evidentemente rilievo fattori ed elementi sopravvenuti per cui si dovrebbe in caso procedere ai sensi dell’art. 47 -ter, comma 7, ord. pen.- deve essere rigettato.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Così deciso 1’8 gennaio 2025
RAGIONE_SOCIALE