Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 43686 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 43686 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 29/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a TIVOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 28/03/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale, NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
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RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’appello di Roma ha confermato la pronuncia di primo grado di condanna del ricorrente per il reato di cui all’art. 455 cod. pen., per la detenzione e la spendita di due banconote false di euro 100,00 ciascuna, aventi lo stesso numero seriale, di cui una era stata ceduta in pagamento ad un negozio di articoli da regalo di Fiuggi e l’altra in cambio ad un Bar nella medesima cittadina, nonché per il rinvenimento presso l’abitazione dello stesso di un’altra banconota falsa recante un diverso numero di serie.
Avverso la richiamata sentenza della Corte d’appello di Roma, propone ricorso per cassazione il COGNOME, mediante il difensore di fiducia, AVV_NOTAIO, assumendo violazione degli artt. 455 e 457 cod. pen.
A fondamento della doglianza pone in rilievo di aver ricevuto le banconote false in buona fede, come attestato dalla non ricorrenza, nella specie, degli indici, individuati anche nella giurisprudenza di legittimità, rivelatori dell consapevolezza della falsità.
In particolare, sottolinea di aver speso le monete in esercizi commerciali conosciuti, di non aver acquistato oggetti di modesto valore con banconote di grosso taglio e di essersi limitato a cambiare una delle banconote per l’acquisto della benzina.
Deduce, inoltre, che la propria buona fede nella spendita delle banconote falsificate ricevute era emersa anche a fronte della esigenza di effettuare una perizia per stabilire se la banconota rinvenuta presso la sua abitazione era o meno falsa.
Di qui assume che l’erroneità della decisione impugnata deriverebbe dalla qualificazione del delitto in quello più grave di cui all’art. 455 cod. pen. in luogo di quello contemplato dall’art. 457 cod. pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso non è fondato per le ragioni di seguito indicate.
Occorre premettere che la differenza tra l’ipotesi delittuosa di cui all’art. 457 cod. pen. e quella di cui all’art. 455 stesso codice consiste nel fatto che per tale ultimo reato la scienza della falsità delle monete o titoli equipollenti deve
sussistere nel colpevole all’atto della ricezione, mentre per il reato previsto dall’art. 457 tale scienza è posteriore al ricevimento della moneta falsa (tra le altre, Sez. 5, n. 11489 del 24/04/1990, COGNOME, Rv. 185113 – 01; Sez. 5, n. 4716 del 20/01/1982, COGNOME, Rv. 153580 – 01).
In forza di tale assunto, nella giurisprudenza di legittimità è stato più volte affermato che, in tema di detenzione di monete contraffatte al fine di metterle in circolazione, di cui all’art. 455 cod. pen., la consapevolezza della falsità del denaro al momento della sua ricezione, che vale a distinguere il reato dalla diversa ipotesi di buona fede prevista dall’art. 457 cod. pen., può essere desunta dalla pluralità delle banconote contraffatte detenute nonché dal difetto di una qualsiasi indicazione, da parte dell’imputato, sia della provenienza del denaro che di un qualunque diverso e lecito fine della sua detenzione (ex ceteris, Sez. 5, n. 40994 del 19/05/2014, COGNOME, Rv. 261246 – 01; Sez. 5, n. 10539 del 31/10/2014, dep. 2015, Rv. 262684 – 01; Sez. 5, n. 32914 del 12/07/2011, COGNOME, Rv. 250946 – 01).
D’altra parte, poiché nella fattispecie in esame la condotta del COGNOME si è sostanziata nella spendita delle monete false, sul piano dell’elemento soggettivo occorre considerare che non era necessario, come egli assume, il dolo specifico, che è invero richiesto, nel reato di cui all’art. 455 cod. pen., soltanto in relazione alle condotte di importazione, acquisto o detenzione di monete contraffatte o alterate, come fine di metterle in circolazione, e non anche per le condotte di spendita o messa in circolazione (Sez. 5, n. 38599 del 10/07/2009, COGNOME e altro, Rv. 245320 – 01).
Sicché risultano congrue le argomentazioni addotte dalla Corte territoriale sulla sussistenza dell’elemento soggettivo del delitto di cui all’art. 455 cod. pen., nel senso che la consapevolezza della falsità poteva essere ritratta da una serie di convergenti elementi, quali il numero di serie identico delle banconote false utilizzate in due diversi esercizi commerciali, e il rinvenimento di un’ulteriore banconota falsa presso l’abitazione dell’imputato nell’ambito della successiva perquisizione.
Decisiva, al lume dei ripercorsi principi giurisprudenziali, appare, di poi, la considerazione, compiuta dalla stessa sentenza impugnata, nel senso che il ricorrente – che non lo fa, del resto, neppure con il ricorso in sede di legittimità non ha fornito alcuna giustificazione sulle ragioni del possesso delle banconote false.
Il ricorso deve dunque essere rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso in Roma il 29 ottobre 2024
Il Consigliere Estensore