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Specifico mandato: la Cassazione chiarisce i requisiti

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza di inammissibilità di un appello. La Corte d’Appello aveva respinto l’impugnazione per mancanza di uno specifico mandato ad impugnare, requisito per l’imputato giudicato in assenza. La Cassazione ha chiarito che un nuovo mandato difensivo, conferito dopo la sentenza e indirizzato alla corte competente, è sufficiente a dimostrare la conoscenza della condanna e la volontà di appellare, senza necessità di formule rigide.

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Pubblicato il 18 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Specifico Mandato ad Impugnare: La Cassazione Fa Chiarezza sulla Riforma Cartabia

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 20365/2024) offre un’interpretazione cruciale di una delle novità più discusse della Riforma Cartabia: il requisito dello specifico mandato ad impugnare per l’imputato giudicato in assenza. La decisione chiarisce che la sostanza prevale sulla forma, valorizzando la volontà effettiva dell’imputato di contestare la sentenza di condanna.

Il Contesto: Un Appello Dichiarato Inammissibile

Il caso nasce da un’ordinanza della Corte d’Appello di Bologna, che aveva dichiarato inammissibile l’impugnazione proposta dal difensore di un imputato. Quest’ultimo era stato condannato in primo grado dal Tribunale di Parma per un reato fiscale e il processo si era svolto in sua assenza.
La Corte territoriale aveva motivato la sua decisione sulla base del nuovo art. 581, comma 1-quater, del codice di procedura penale, introdotto dal d.lgs. n. 150/2022 (la Riforma Cartabia). La norma prevede che, in caso di imputato assente, il difensore debba depositare, insieme all’atto di impugnazione, uno specifico mandato rilasciato dal suo assistito dopo la pronuncia della sentenza. In mancanza di tale mandato, l’appello è inammissibile. Nel caso di specie, la Corte d’Appello non aveva ravvisato la presenza di questo specifico atto.

Il Requisito dello Specifico Mandato ad Impugnare nella Riforma Cartabia

Per comprendere la portata della decisione, è essenziale capire la ratio legis della norma. Lo scopo del legislatore è quello di assicurare che la presentazione di un’impugnazione sia sempre espressione di una scelta ponderata e consapevole dell’imputato, specialmente quando questi non ha partecipato al processo. La norma mira a evitare le impugnazioni presentate d’ufficio o per iniziativa del solo difensore, senza che vi sia la certezza che l’imputato sia a conoscenza della sentenza e intenda realmente contestarla. Si vuole, in sostanza, selezionare all’origine le impugnazioni, garantendo che solo quelle supportate da una volontà concreta e attuale dell’interessato procedano.

La Decisione della Corte di Cassazione: La Volontà Prevale sul Formalismo

Il difensore dell’imputato ha proposto ricorso per cassazione, sostenendo che la Corte d’Appello avesse interpretato la norma in modo eccessivamente formalistico. Infatti, dopo la sentenza di primo grado, l’imputato aveva conferito un nuovo mandato difensivo al suo avvocato, eleggendo domicilio presso il suo studio, con un atto espressamente indirizzato alla Corte d’Appello di Bologna.

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, annullando l’ordinanza di inammissibilità. Gli Ermellini hanno stabilito che il requisito dello specifico mandato ad impugnare non richiede l’uso di ‘formule sacramentali’ o di un atto separato e intitolato in quel modo. Ciò che è fondamentale è che dal tenore dell’atto si possa desumere con certezza la conoscenza della sentenza da parte dell’imputato e la sua inequivocabile volontà di impugnarla.

Le Motivazioni

La Corte ha osservato che l’atto prodotto nel caso concreto – un nuovo mandato difensivo, conferito in data successiva alla sentenza di condanna e indirizzato specificamente all’organo giurisdizionale dell’appello – conteneva tutti gli elementi significativi della finalità perseguita dalla norma. Questo atto dimostrava in modo chiaro che l’imputato:
1. Era venuto a conoscenza della sentenza di condanna emessa nei suoi confronti.
2. Aveva rinnovato la sua fiducia nel difensore per la fase successiva del giudizio.
3. Intendeva manifestare la sua volontà di procedere con l’impugnazione.

Di conseguenza, interpretare la norma in modo da richiedere un documento formale ulteriore sarebbe contrario alla sua stessa logica, che è quella di accertare la volontà effettiva della parte e non di creare ostacoli burocratici all’esercizio del diritto di difesa.

Conclusioni

Questa sentenza rappresenta un importante punto di equilibrio nell’applicazione delle nuove norme processuali. Da un lato, conferma la validità dell’obiettivo della Riforma Cartabia di responsabilizzare l’imputato assente; dall’altro, evita che un’applicazione troppo rigida e formalistica della legge possa compromettere il diritto fondamentale all’impugnazione. Per gli avvocati, il messaggio è chiaro: pur essendo sempre consigliabile redigere un mandato specifico e dettagliato, un atto post-sentenza che manifesti in modo inequivocabile la volontà dell’assistito di appellare deve essere considerato valido ed efficace ai fini dell’ammissibilità dell’impugnazione. La sostanza della volontà dell’imputato, quindi, prevale sulla mera forma dell’atto.

È sempre necessario un atto formale intitolato ‘specifico mandato ad impugnare’ per l’appello di un imputato assente?
No. Secondo la sentenza, non sono richieste ‘formule sacramentali’. Ciò che conta è che dall’atto presentato (come un nuovo mandato difensivo rilasciato dopo la sentenza) si possa ricavare con certezza la conoscenza della condanna e la volontà dell’imputato di impugnarla.

Qual è la finalità della norma che richiede un mandato specifico per impugnare in caso di assenza?
Lo scopo è garantire che l’impugnazione sia il risultato di una scelta ‘ponderata e rinnovata’ dell’imputato. La legge vuole assicurarsi che la persona condannata in assenza sia effettivamente a conoscenza della sentenza e voglia personalmente procedere con l’appello, evitando impugnazioni presentate unicamente su iniziativa del difensore.

Un nuovo mandato difensivo, conferito dopo la sentenza, può essere considerato sufficiente per impugnare?
Sì. La sentenza ha stabilito che un nuovo mandato difensivo conferito dopo la condanna, con elezione di domicilio e indirizzato alla corte competente per l’appello, contiene tutti gli elementi significativi richiesti dalla norma e dimostra la volontà dell’imputato di procedere con l’impugnazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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