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Specifico mandato a impugnare: appello inammissibile

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 9460/2025, ha dichiarato inammissibile un appello a causa della mancata presentazione dello specifico mandato a impugnare da parte di un imputato giudicato in assenza. Questa formalità, introdotta dalla Riforma Cartabia, è stata ritenuta costituzionalmente legittima poiché mira a garantire che l’impugnazione sia espressione di una volontà consapevole e personale dell’interessato, applicando il principio ‘tempus regit actum’ per determinare la normativa vigente al momento del deposito dell’atto.

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Pubblicato il 18 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Specifico mandato a impugnare: la Cassazione conferma la sua necessità per l’assente

La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 9460 del 2025, ha ribadito un principio fondamentale introdotto dalla Riforma Cartabia: la necessità dello specifico mandato a impugnare per il difensore che intende proporre appello per conto di un imputato giudicato in assenza. Questa pronuncia chiarisce l’ambito di applicazione della norma e ne conferma la legittimità costituzionale, offrendo importanti spunti di riflessione per gli operatori del diritto.

I Fatti del Caso: Appello senza Mandato

Il caso trae origine da un’ordinanza della Corte di Appello di Brescia, che aveva dichiarato inammissibile l’appello proposto dal difensore di un imputato. La ragione dell’inammissibilità risiedeva nella mancanza di un requisito formale, ma sostanziale, previsto dall’articolo 581, comma 1-quater, del codice di procedura penale. La norma, nella sua formulazione applicabile all’epoca dei fatti, richiedeva che, in caso di imputato assente nel primo grado di giudizio, l’atto di appello del difensore fosse accompagnato da uno specifico mandato, rilasciato dall’assistito solo dopo la pronuncia della sentenza di condanna. Nel caso di specie, tale mandato non era stato depositato, portando la Corte territoriale a una pronuncia di inammissibilità.

La questione di costituzionalità e lo specifico mandato a impugnare

Il difensore, ricorrendo in Cassazione, ha sollevato una questione di legittimità costituzionale della norma. Secondo la difesa, l’obbligo di un mandato post-sentenza violerebbe diversi principi costituzionali, tra cui il diritto di difesa (art. 24 Cost.), il principio di uguaglianza (art. 3 Cost.) e la presunzione di non colpevolezza (art. 27 Cost.). Si sosteneva che tale onere formale limitasse ingiustamente la possibilità di impugnare, creando una disparità di trattamento e ostacolando l’effettività della tutela giurisdizionale.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, rigettando le argomentazioni della difesa e confermando la piena legittimità della normativa.

Il primo punto affrontato riguarda la legge applicabile. La Corte ha chiarito che, in base al principio tempus regit actum, la validità di un atto processuale deve essere valutata secondo la legge in vigore al momento del suo compimento. Poiché l’appello era stato depositato nel dicembre 2023, si applicavano le norme introdotte dalla Riforma Cartabia (D.Lgs. 150/2022), nonostante successive modifiche legislative (Legge n. 114/2024) abbiano in parte attenuato tali requisiti. Le nuove disposizioni, infatti, non hanno effetto retroattivo.

Nel merito della questione di costituzionalità, la Cassazione ha ritenuto la censura manifestamente infondata. I giudici hanno spiegato che l’obbligo dello specifico mandato a impugnare non limita il diritto di difesa dell’imputato, che può sempre impugnare personalmente. Piuttosto, la norma regola le modalità di esercizio della facoltà del difensore. La ratio è quella di garantire che l’impugnazione, specialmente per un imputato che non ha partecipato al processo, derivi da una ‘opzione ponderata e personale’. In altre parole, il legislatore ha voluto assicurarsi che l’imputato assente sia stato effettivamente informato dell’esito del giudizio e abbia consapevolmente deciso di contestarlo, evitando impugnazioni meramente dilatorie o non volute dall’interessato.

Le Conclusioni

La sentenza consolida un orientamento rigoroso sull’ammissibilità delle impugnazioni penali. L’obbligo del mandato specifico per l’imputato assente non è una mera formalità, ma un presidio a garanzia della volontà effettiva dell’imputato di proseguire nel percorso giudiziario. Per gli avvocati, ciò si traduce nella necessità di un contatto diretto e tempestivo con il proprio assistito dopo la sentenza di primo grado, al fine di ottenere il mandato necessario per non incorrere in una declaratoria di inammissibilità. La pronuncia sottolinea come il bilanciamento tra il diritto di difesa e le esigenze di efficienza del processo penale passi anche attraverso la responsabilizzazione delle parti e la certezza della loro volontà.

Per quale motivo l’appello è stato dichiarato inammissibile?
L’appello è stato dichiarato inammissibile perché il difensore dell’imputato, processato in assenza, non ha depositato lo specifico mandato a impugnare, rilasciato dal suo assistito dopo la pronuncia della sentenza, come richiesto dall’art. 581, comma 1-quater, del codice di procedura penale nella versione applicabile all’epoca dei fatti.

La norma che richiede il mandato specifico per l’imputato assente è costituzionale?
Sì, secondo la Corte di Cassazione la norma è costituzionalmente legittima. Non limita il diritto di difesa dell’imputato, ma regola le modalità con cui il difensore può esercitare il diritto di impugnazione, assicurando che l’atto derivi da una scelta ponderata e personale dell’assistito.

Si applica la nuova legge che ha in parte abrogato questi oneri formali?
No. In base al principio tempus regit actum (il tempo regola l’atto), si applica la legge in vigore al momento in cui l’atto di appello è stato depositato. Poiché l’impugnazione è stata proposta prima dell’entrata in vigore della legge modificativa, le nuove e più favorevoli disposizioni non sono applicabili al caso di specie.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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