Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 5849 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 5849 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 03/12/2024
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a Gioia Tauro il 15/01/1958 rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME di fiducia
avverso la sentenza emessa in data 23/01/2024 dalla Corte di appello di Reggio Calabria;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
preso atto che non è stata richiesta dalle parti la trattazione orale ai sensi degli artt. 611, comma 1-bis cod. proc. pen., 23, comma 8, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con modificazioni dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, prorogato in forza dell’art. 5-duodecies del d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2022, n. 199 e, da ultimo, dall’art. 17 del d.l. 22 giugno 2023, n. 75, convertito con modificazioni dalla legge 10 agosto 2023, n. 112 e che, conseguentemente, il procedimento viene trattato con contraddittorio scritto;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria scritta ex art. 23, comma 8, del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176 e succ. modif., depositata in data 11/11/2024 con la quale il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME ha chiesto declaratoria di inammissibilità del ricorso; lette le conclusioni scritte depositate in data 27/11/2024 dall’avv. NOME COGNOME difensore del ricorrente che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Reggio Calabria ha dichiarato inammissibile l’appello proposto avverso la sentenza emessa dal Tribunale di Palmi in data 16/06/2016 che aveva riconosciuto NOME NOME responsabile del delitto di ricettazione con conseguente irrogazione della pena di anni due mesi quattro di reclusione ed euro 4.000,00 di multa.
Il Collegio ha rilevato il difetto di specificità dei motivi proposti con l’atto appello nel quale non erano esplicitamente enunciati e argomentati i rilievi critici rispetto alle ragioni di fatto e di diritto poste a fondamento della decisione impugnata. In particolare, ha evidenziato che l’atto di gravame si limitava a censurare in modo del tutto generico il giudizio di responsabilità sostenendo che esso era stato formulato dal Tribunale in contrasto con i “fatti e le deposizioni testimoniali”, senza tuttavia indicare specificamente alcunchè in ordine alla erronea valutazione della prova in cui era incorso il primo giudice.
Ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, tramite il difensore di fiducia, articolando un unico motivo con il quale si deduce la violazione dell’art. 606, comma 1 lett. e), cod. proc. pen.
Rileva il ricorrente che quanto dedotto nell’atto di appello, seppur sintetico, rappresentava “in modo chiaro e conciso” le doglianze dedotte in ordine al giudizio di colpevolezza a cui il Tribunale era pervenuto, ancorchè le prove raccolte in dibattimento avessero condotto ad una diversa ricostruzione dei fatti.
La semplice lettura della sentenza di primo grado evidenzia palesi criticità atteso che il primo giudice non ha tenuto in alcuna considerazione l’ultima versione dei fatti resa da NOME COGNOME (prenditore dell’assegno oggetto della contestata ricettazione) che è concordante con quella rese dai testimoni e che attesta come la firma di girata apposta da COGNOME sul titolo di credito aveva avuto la valenza di garanzia impropria per l’acquisto di un veicolo; il Tribunale ha ritenuto non attendibile il portato dichiarativo di COGNOME in quanto teso a favorire l’imputato e a scaricare le responsabilità sull’emittente dell’assegno (Consolato COGNOME, ormai deceduto), incorrendo tuttavia in un errore di motivazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato e, per questo, inammissibile.
2. Già sotto il vigore del previgente testo dell’art. 581 lett. d) cod. proc. pen. le Sezioni Unite, con la pronuncia n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822, avevano affermato il principio secondo cui l’appello (al pari del ricorso per cassazione) è inammissibile per difetto di specificità dei motivi quando non risultano esplicitamente enunciati e argomentati i rilievi critici rispetto alle ragio di fatto o di diritto poste a fondamento della sentenza impugnata, fermo restando che tale onere di specificità, a carico dell’impugnante, è direttamente proporzionale alla specificità con cui le predette ragioni sono state esposte nel provvedimento impugnato.
L’art. 1, comma 55, della legge 23 giugno 2017 n. 103 ha riformulato l’art. 581 cod. proc. pen. prevedendo che, a pena di inammissibilità, l’atto di impugnazione deve indicare, con enunciazione specifica, i capi ed i punti della decisione oggetto di gravame, le prove delle quali si deduce l’inesistenza, l’omessa assunzione o l’omessa o erronea valutazione, le richieste, anche istruttorie avanzate al giudice a quo ed i motivi, con indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta.
Alla luce di tale novella legislativa, questa Corte di legittimità ha ribadito che il giudice d’appello deve dichiarare l’inammissibilità dell’impugnazione quando i motivi difettino di specificità o non siano validamente argomentati ovvero quando essi non affrontino la motivazione spesa nella sentenza impugnata (Sez. 5, n. 34504 del 25/05/2018, COGNOME, Rv. 273778; Sez. 5, n. 11942 del 25/02/2020, COGNOME Rv. 278859; Sez. 4, n. 36533 del 15/09/2021, Oddo, Rv. 281978).
La più recente riforma al codice di rito attuata con il D.L.vo 10 ottobre 2022 n. 150 ha introdotto il comma 1-bis dell’art. 581 cod. proc. pen. il quale prevede, proprio con riferimento all’atto di appello, che esso è inammissibile per mancanza di specificità dei motivi, quando, per ogni richiesta, non sono enunciati in forma puntuale ed esplicita i rilievi critici in relazione alle ragioni di fatto o di espresse nel provvedimento impugnato, con riferimento ai capi e punti della decisione ai quali si riferisce l’impugnazione.
Tanto premesso, nel caso di specie l’atto di appello proposto dal difensore dell’odierno ricorrente non presentava i crismi della ammissibilità nei termini normativamente richiesti.
A fronte di una pronuncia di primo grado particolarmente articolata nell’illustrazione e valutazione degli elementi di prova raccolti, nonché nella
esplicitazione dei principi di diritto applicabili alla fattispecie concreta, l’at gravame era, testualmente, del seguente tenore: “la sentenza merita di essere censurata con riferimento alla assoluta mancanza di prova sulla responsabilità. La sentenza si diffonde ampiamente in ordine a quello che è il libero convincimento del giudice, che contrasta con quelli che sono i fatti e le deposizioni testimoniali, agli atti del processo”.
Pare evidente l’assoluta aspecificità dell’impugnazione proposta che non indicava minimamente le ragioni idonee a confutare e sovvertire le valutazioni del primo giudice e non contrapponeva alcun argomento agli specifici passaggi dell’articolato costrutto motivazionale contenuto nella decisione appellata.
Il gravame censurava il “decisum” con considerazioni generiche ed astratte e cioè sostenendo tout court l’erronea valutazione delle prove da parte del giudicante, senza neppure richiamarne i profili non correttamente considerati, a dire dell’appellante, e senza sviluppare alcun specifico rilievo critico al riguardo.
Solo con il presente ricorso si tenta un qualche confronto con la sentenza di primo grado laddove si argomenta in ordine alla attendibilità del testimone NOME COGNOME le cui dichiarazioni (riscontrate da altre prove dichiarative) escluderebbero la responsabilità dell’imputato per il contestato delitto di ricettazione. In tal modo, tuttavia, si cerca tardivamente di “ovviare” al difetto di onere di specificit proponendo, in sede di legittimità, una rivalutazione nel merito e cioè una rilettura del compendio probatorio, non consentito in sede di legittimità, meno che mai in assenza di un provvedimento di secondo grado.
Alla inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali relative al presente grado di giudizio e al versamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Così deciso il giorno 03/12/2024