Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 18648 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 18648 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 13/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 27/04/2023 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle
partì;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
FATTO E DIRITTO
Con la sentenza di cui in epigrafe la corte di appello di Firenze dichiarava inammissibile, “per totale genericità l’appello presentato da NOME COGNOME avverso la sentenza con cui il tribunale di Pisa, in data 1.4.2022, aveva condannato il suddetto imputato alla pena ritenuta di giustizia, in relazione al reato ex artt. 110, 56, 624, 625, co. 1, n. 2) e n. 7 bis, c.p., in rubrica ascrittogli, ordinando l’esecuzione della predetta sentenza.
Avverso tale provvedimento, di cui chiede l’annullamento, ha proposto ricorso per cassazione il NOME, lamentando violazione di legge e vizio di motivazione, in relazione all’art. 581, c.p.p., in quanto nel caso in esame nell’atto di appello erano stati specificamente individuati i punti della sentenza sottoposti a censura con riferimento alla determinazione dell’entità del trattamento sanzionatorio.
Il ricorso va dichiarato inammissibile, perché generico.
Al riguardo si osserva che, allo scopo dichiarato di chiarire “quali siano, ai fini dell’ammissibilità dell’atto di appello, i requisiti di specificità dei relativi motivi”, sono intervenute, nella vigenza della disciplina antecedente alla nuova disciplina in tema di impugnazioni introdotta dall’art. 1, co. 55, I. 23 giugno 2017, n. 103 (cd. “Riforma Orlando”) che ha riformulato il testo dell’art. 581, c.p.p., prevedendo che l’impugnazione è inammissibile nel caso in cui non contenga “l’enunciazione specifica dei motivi, con l’indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta” – le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, attraverso un arresto di fondamentale importanza, con cui si è contestata la tesi, pur emersa in passato nella giurisprudenza della Corte di Cassazione (cfr., ex p)urimis, Cass., Sez. 5, n. 41082 del 19/09/2014, Rv. 260766), secondo cui l’esigenza di specificità del motivo debba essere valutata in sede di appello con minor rigore rispetto al giudizio di legittimità.
Si è così affermato che l’appello, al pari del ricorso per cassazione, è inammissibile per difetto di specificità dei motivi quando non risultano esplicitamente enunciati e argomentati i rilievi critici rispetto alle ragioni
di fatto o di diritto poste a fondamento della decisione impugnata,, fermo restando che tale onere di specificità, a carico dell’impugnante, è direttamente proporzionale alla specificità con cui le predette ragioni sono state esposte nel provvedimento impugnato (cfr. Cass., Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, Rv. 268822, Galtelli).
Può, dunque, dirsi che la specificità dei motivi, sia nella nuova che nella previgente disciplina del codice di rito in materia di impugnazioni, deve essere valutata con il medesimo rigore, rappresentando requisito indefettibile sia dell’appello che del ricorso per cassazione, pena l’inammissibilità del motivo stesso, assumendo rilievo anche nel giudizio di appello la cd “inammissibilità estrinseca” o “relazionale”, configurabile tutte le volte in cui l’appello si appalesa generico per l’omesso confronto argomentativo con la motivazione della sentenza impugnata, onere, quest’ultimo, direttamente proporzionato alla specificità delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata.
La differenza tra il giudizio di appello e il giudizio di legittimità, in altri termini, secondo le Sezioni Unite, non consente di affermare che l’atto di appello non debba conformarsi all’esigenza di “specificità estrinseca”, definita come la esplicita correlazione dei motivi di impugnazione con le ragioni di fatto o di diritto poste a fondamento della sentenza impugnata, la cui inosservanza, pertanto, impone, anche nel giudizio di secondo grado, la dichiarazione di inammissibilità dell’appello, ai sensi dell’art. 591, c.p.p.
Il che non significa, come è stato opportunamente rilevata nella sentenza “Galtelli”, che sia di per sé causa di inammissibilità nel giudizio di appello la riproposizione di questioni già di fatto dedotte in prima istanza, ma solo che l’appello deve essere connotato da motivi caratterizzati da specificità, cioè basati su argomenti che siano strettamente collegati agli accertamenti della sentenza di primo grado di primo grado, di cui l’appellante non può non tenere conto.
Alla luce di tali principi non appare revocabile in dubbio la legittimità del percorso argomentativo seguito dalla corte territoriale, che, in relazione
ai motivi di appello articolati dall’imputato, ne ha correttamente evidenziato la mancanza di una soddisfacente specificità, in quanto l’appellante non si è affatto confrontato con la motivazione resa dal primo giudice in ordine alla fattispecie concreta.
Genericità, invero, reiterata nei motivi di ricorso, posto che il ricorrente, in realtà, non si confronta con il percorso argomentativo seguito dalla corte territoriale.
4. Alla dichiarazione di inammissibilità, segue la condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616, c.p.p., al pagamento delle spese del procedimento e della somma di euro 3000,00 a favore della cassa delle ammende, tenuto conto della circostanza che l’evidente inammissibilità dei motivi di impugnazione, non consente di ritenere quest’ultimo immune da colpa nella determinazione delle evidenziate ragioni di inammissibilità (cfr. Corte Costituzionale, n. 186 del 13.6.2000).
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 13.12.2023.