Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 3763 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 3763 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 21/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME, nato in Romania il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 22/09/2023 della Corte d’appello di Bologna
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 22/09/2023, la Corte d’appello di Bologna dichiarava inammissibile l’appello che era stato proposto da NOME COGNOME contro la sentenza del 13/02/2023 del Tribunale di Modena che aveva condannato lo stesso COGNOME.
La Corte d’appello di Bologna dichiarava tale inammissibilità d’ufficio, ai sensi dell’art. 591, comma 2, cod. proc. pen., per difetto di specificità dei motivi dell’appello che era stato proposto dal COGNOME – con riguardo sia all’affermazione della sua responsabilità sia alla determinazione del trattamento sanzionatorio sia “intrinseca”, in quanto erano stati addotti rilievi in fatto e argomenti giuridic generici, sia “estrinseca”, in quanto i motivi di appello si dovevano ritenere non riferiti al caso concreto ma valevoli per qualsiasi processo.
Avverso l’indicata ordinanza del 22/09/2023 della Corte d’appello di Bologna, ha proposto ricorso per cassazione, per il tramite del proprio difensore, NOME COGNOME, affidato a due motivi.
2.1. Con il primo motivo, il ricorrente lamenta, in relazione all’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., l’erronea applicazione degli artt. 127, 581, 591 e 610, comma 5 -bis, dello stesso codice, per avere la Corte d’appello di Bologna pronunciato l’inammissibilità dell’appello con procedura de plano, così violando il diritto al contraddittorio.
Dopo avere richiamato il comma 9 dell’art. 127 cod. proc. pen., il ricorrente deduce che una non specificata pronuncia delle Sezioni unite della Corte di cassazione – relativa al procedimento applicabile con riguardo all’impugnazione dei provvedimenti che applicano misure cautelari nei confronti degli enti gravemente indiziati di responsabilità per un illecito amministrativo dipendente da reato (art. 52, comma 1, del d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231) – avrebbe ribadito il principio secondo cui lo snellimento delle procedure per la declaratoria di inammissibilità dell’atto introduttivo del procedimento sono accettabili, sul piano costituzionale e della CEDU, «soltanto qualora la decisione sull’inammissibilità sia di pronta soluzione ovvero attenga esclusivamente a profili formali» (così il ricorso), mentre «la declaratoria de plano di inammissibilità entra in rotta di collisione con il principio del contraddittorio quando siano da valutare aspetti più complessi, che richiedono un approfondimento maggiore e per questa ragione non possono prescindere dall’intervento delle parti» (così sempre il ricorso).
Ad avviso del ricorrente, tale principio non sarebbe stato rispettato dalla Corte d’appello di Bologna, con la conseguente lesione del diritto al contraddittorio, il cui rispetto, nel caso di specie, avrebbe consentito la produzione dell’ordinanza del Tribunale di sorveglianza di Bologna di ammissione del COGNOME all’affidamento in prova, nella prospettiva dell’ottenimento dell’accoglimento del secondo motivo di appello.
La Corte d’appello di Bologna, inoltre, non avrebbe rispettato la procedura prevista dal comma 5 -bis dell’art. 610 cod. proc. pen., che sarebbe stata «indicata anche dalla Sezioni unite quale paradigma per distinguere le cause di inammissibilità ai fini della declaratoria de plano» e dalla quale si evincerebbe che «il legislatore ha fatto riferimento alla tradizionale distinzione tra cause d inammissibilità formale e cause di inammissibilità sostanziale, richiamata anche dalla Suprema Corte quale criterio discretivo per la corretta individuazione del percorso procedimentale».
In tale prospettiva, le Sezioni unite avrebbero ritenuto che «il contraddittorio debba essere valorizzato come metodo da seguire per la verifica sull’ammissibilità dell’impugnazione ogni qualvolta i difetti dell’atto introduttivo non siano riconoscibili prontamente e inequivocabilmente e, soprattutto, quando l’intervento
della parte, come nel presente caso, possa fornire elementi decisivi. Dunque, solo le cause di inammissibilità formali possono essere dichiarate de plano».
Il ricorrente conclude che la lettura congiunta degli artt. 127, 581, 591 e 610, comma 5-bis, cod. proc. pen., nei termini fatti propri dalle Sezioni unite della Corte di cassazione, indurrebbe a ritenere che l’ordinanza impugnata sia stata emessa in camera di consiglio con procedura de plano «in ipotesi non consentite e ledendo il diritto al contraddittorio e di difesa dell’imputato nonché in contrasto con il favor impugnationis».
2.2. Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta, in relazione all’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., l’erronea applicazione degli artt. 581 e 591 dello stesso codice, per avere la Corte d’appello di Bologna ritenuto il difetto di specificità dei motivi del proprio appello.
Il ricorrente afferma di ritenere «che l’ordinanza impugnata va annullata atteso che i motivi d’appello, seppur brevi e concisi siano comunque dotati del carattere della specificità intrinseca ed estrinseca ed adeguati ad ingenerare un successivo giudizio a fronte della motivazione fornita in primo grado in merito alla concessione delle attenuanti generiche e della quantificazione della pena».
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo è manifestamente infondato.
La Corte di cassazione ha chiarito che il difetto di specificità dei motivi, ricompreso fra le ipotesi che consentono di dichiarare de plano l’inammissibilità dell’appello ai sensi dell’art. 591, comma 2, cod. proc. pen., si deve intendere come la manifesta carenza di una censura, di legittimità o di merito, chiaramente identificabile (Sez. 3, n. 12355 del 07/01/2014, Palermo, Rv. 259742-01, la quale, in motivazione, ha precisato che i casi di inammissibilità de plano dell’appello devono essere oggetto di interpretazione restrittiva, atteso che in tali ipotesi le garanzie della difesa sono ridotte alla sola possibilità di ricorrere per cassazione avverso la relativa declaratoria. Successivamente, nello stesso senso: Sez. 2, n. 2241 del 08/01/2019, COGNOME, Rv. 275606-01, la quale ha precisato che la suddetta carenza di una censura, oltre a essere chiaramente identificabile, deve investire tutti i capi e i punti della sentenza impugnata).
Ciò in quanto l’esigenza di garanzia del contraddittorio impone di interpretare il presupposto della specificità dei motivi di appello, nella prospettiva dell’ammissibilità della procedura de plano di cui all’art. 591, comma 2, cod. proc. pen., come manifesta carenza di detto requisito, nel senso del difetto, come si è detto, di una censura, di legittimità o di merito, chiaramente identificabile, «sicché, proprio in ragione di tale manifesta mancanza di specificità della formulazione della censura, in realtà nessuna risposta, di merito o di legittimità, il giudice d’appello è
chiamato a rendere su impulso dell’atto d’impugnazione» (Sez. 3, n. 12355 del 07/01/2014, Palermo, cit.).
Così inteso il difetto di specificità dei motivi che consente alla corte d’appello di seguire la procedura de plano di cui all’art. 591, comma 2, cod. proc. pen., occorre quindi verificare, con riguardo al caso di specie, la sussistenza o no del menzionato presupposto della stessa procedura.
Nel caso in esame, la corte d’appello di Bologna ha ritenuto l’inammissibilità dell’appello per il palese difetto di specificità dei motivi in quanto essi, a fronte d una motivazione del Tribunale di Modena che aveva ampiamente argomentato con riguardo sia alle prove della responsabilità dell’imputato sia agli aspetti che aveva ritenuto di valorizzare ai fini della determinazione della misura della pena a esso irrogata, le doglianze dell’appellante: a) con riguardo all’affermazione di responsabilità, si limitavano a un’assertiva censura in ordine all’insufficienza, a tale fine, della riconducibilità dell’indicata utenza telefonica, senza offrire alcuna argomentazione a supporto di tale unica asserzione e senza prendere in considerazione gli ulteriori elementi di prova e le ragioni in fatto e in diritto ch erano state poste a fondamento della sentenza di primo grado; b) con riguardo alla determinazione della misura della pena, si limitavano a una censura generica, la quale non si confrontava criticamente con gli aspetti che erano stati valorizzati dal Tribunale di Modena, e a riproporre, in modo, peraltro, superficiale, i medesimi elementi che erano stati esaminati dallo stesso Tribunale. Da ciò la conclusione della Corte d’appello di Bologna che i motivi di appello del COGNOME difettavano sia di specificità intrinseca, in quanto allegavano argomenti in fatto e in diritto generici e valevoli per qualsiasi processo, sia di specificità estrinseca, in quanto non si confrontavano con le argomentazioni del giudice di primo grado. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
A fronte di questa puntuale motivazione, la censura del ricorrente si appalesa generica, in quanti si limita a contestare in astratto la possibilità di dichiarare l’inammissibilità del proprio appello ai sensi dell’art. 591, comma 2, cod. proc. pen.; possibilità che, invece, con i limiti che si sono detti, sussiste.
Né può condurre a una diversa conclusione Sez. U, n. 51515 del 27/09/248, R., Rv. 273935-02 – alla quale fa verosimilmente riferimento il ricorrente – atteso che tale pronuncia riguarda la diversa fattispecie, in tema di responsabilità da reato degli enti, della dichiarazione di inammissibilità dell’appello avverso una misura interdittiva la quale, nelle more dell’impugnazione, era stata revocata a seguito dell’adempimento delle condotte riparatorie di cui agli artt. 17 e 49 del d.lgs. n. 231 del 2001 e ha comunque ribadito la compatibilità costituzionale e convenzionale del contestato procedimento de plano.
Il secondo motivo non è consentito perché è del tutto generico.
Il ricorrente si limita infatti a sostenere, in modo meramente assertivo, la specificità dei propri motivi di appello concernenti, in particolare, il diniego dell circostanze attenuanti generiche e la determinazione della misura della pena, senza neppure indicare quale fosse il contenuto di tali motivi e il perché, alla luce dello stesso, si dovesse ritenere l’erroneità dell’argomentata valutazione della Corte d’appello di Bologna in ordine al difetto di specificità degli stessi motivi.
Pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento, nonché, essendo ravvisabili profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 21/12/2023.