Specificità dei Motivi di Appello: La Riforma Codifica Principi Già Esistenti
L’ordinanza in esame offre un importante chiarimento sul requisito della specificità motivi appello nel processo penale. La Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale: le riforme legislative che sembrano introdurre nuovi e più stringenti requisiti procedurali, spesso non fanno altro che codificare orientamenti già consolidati nella giurisprudenza. Comprendere questa dinamica è cruciale per evitare declaratorie di inammissibilità che possono precludere la difesa nel merito.
Il Caso in Analisi
Una ricorrente si è rivolta alla Corte di Cassazione dopo che la Corte di Appello di Napoli aveva dichiarato inammissibile il suo atto di impugnazione. Il motivo dell’inammissibilità era la genericità e la mancanza di specificità dei motivi addotti, che non si confrontavano adeguatamente con la sentenza di primo grado.
La difesa della ricorrente ha basato il proprio ricorso per cassazione su un’argomentazione temporale: l’atto di appello era stato redatto prima dell’entrata in vigore della Legge n. 103 del 2017, che ha modificato l’art. 581 del codice di procedura penale, esplicitando in modo più dettagliato i requisiti di specificità. Secondo la ricorrente, applicare retroattivamente tali requisiti violerebbe il principio del tempus regit actum.
La Questione Giuridica e la Specificità Motivi Appello
Il cuore della questione era stabilire se la riforma del 2017 avesse introdotto un onere nuovo per chi propone appello o se avesse semplicemente formalizzato una prassi già richiesta dai giudici. La tesi della difesa poggiava sull’idea che le regole applicabili fossero quelle in vigore al momento della redazione dell’atto, presuntamente meno severe riguardo alla specificità motivi appello.
La Corte di Cassazione è stata quindi chiamata a decidere se la declaratoria di inammissibilità fosse legittima o se, al contrario, rappresentasse un’applicazione errata della legge nel tempo.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Corte ha ritenuto il ricorso manifestamente infondato. I giudici hanno spiegato che la declaratoria di inammissibilità per difetto di specificità non viola affatto il principio del tempus regit actum. La motivazione è chiara e si basa su un punto fermo della giurisprudenza di legittimità: la riforma del 2017 non ha introdotto modifiche sostanziali al requisito di specificità.
Al contrario, la novella legislativa ha recepito e codificato un principio già ampiamente consolidato e costantemente applicato dalla giurisprudenza, che da tempo richiedeva, a pena di inammissibilità, che i motivi di impugnazione fossero specifici, dettagliati e critici nei confronti della decisione impugnata. La Corte ha citato un proprio precedente (Sez. 6, n. 6554 del 2020) per rafforzare questa interpretazione. In sostanza, la legge ha messo nero su bianco ciò che i giudici già esigevano. Di conseguenza, l’appello della ricorrente sarebbe stato considerato inammissibile anche senza la riforma, perché non rispettava un requisito già esistente e radicato nell’ordinamento processuale.
Le Conclusioni
La decisione della Cassazione è perentoria: il ricorso è stato dichiarato inammissibile, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di tremila euro. L’implicazione pratica di questa ordinanza è un monito per tutti gli operatori del diritto: la specificità dei motivi di impugnazione non è un mero formalismo, ma un requisito sostanziale imprescindibile. Non ci si può appellare a modifiche legislative per giustificare la genericità di un atto, soprattutto quando tali riforme si limitano a formalizzare principi già vivi e operanti nella prassi giurisprudenziale. Un appello deve sempre contenere una critica argomentata e puntuale della sentenza che si intende contestare, pena la sua irrimediabile inammissibilità.
La legge del 2017 ha introdotto un nuovo requisito di specificità per i motivi di appello?
No, secondo la Corte di Cassazione, la legge n. 103 del 2017 non ha introdotto modifiche sostanziali, ma ha semplicemente recepito nel codice un principio giurisprudenziale già consolidato che richiedeva la specificità dei motivi a pena di inammissibilità.
La declaratoria di inammissibilità di un appello per difetto di specificità, redatto prima della riforma del 2017, viola il principio del ‘tempus regit actum’?
No, la Corte ha stabilito che non vi è alcuna violazione del principio ‘tempus regit actum’, poiché il requisito della specificità era già richiesto dalla giurisprudenza costante prima della modifica normativa.
Qual è stata la decisione finale della Corte di Cassazione nel caso di specie?
La Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso, condannando la ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 12167 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 12167 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 15/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME IMMACOLATA nato a ATRIPALDA il 03/12/1986
avverso la sentenza del 16/05/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
Osserva
Rilevato che RAGIONE_SOCIALE ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello di Napoli che ha dichiarato inammissibile l’appello dalla medesima proposto; con successiva memoria insiste per l’accoglimento del ricorso;
Considerato che l’unico motivo di ricorso – con il quale la ricorrente si duole dell’inosservanza della legge penale con riferimento all’applicazione di principi e novelle legislative introdotte in epoca successiva rispetto alla redazione dell’atto- è manifestamente infondato in quanto prospetta enunciati ermeneutici in palese contrasto con il dato normativo e la costante giurisprudenza di legittimità, atteso che questa Corte ha affermato che in tema di impugnazioni, non viola il principio del “tempus regit actum” la declaratoria di inammissibilità dell’appello, per difetto di specificità, adottata prima della modifica in tal senso introdotta all’art. 581 cod. proc. pen. dalla legge 23 giugno 2017, n. 103, in quanto la novella non ha introdotto modifiche sostanziali, ma ha recepito il consolidato principio giurisprudenziale che già richiedeva a pena di inammissibilità la specificità dei motivi di impugnazione (Sez. 6, n. 6554 del 30/01/2020, B., Rv. 278453);
Ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 15 gennaio 2025
Il Consigliere estensore