Specificità del Ricorso: Quando la Cassazione Chiude la Porta
Presentare un ricorso in Cassazione è l’ultimo grado di giudizio nel nostro ordinamento, una fase delicata che richiede un’estrema perizia tecnica. Non è sufficiente essere in disaccordo con una sentenza di appello; è fondamentale sapere come contestarla. L’ordinanza n. 2301 del 2024 della Corte di Cassazione ci offre un chiaro esempio di come la mancanza di specificità del ricorso possa portare a una declaratoria di inammissibilità, impedendo ogni discussione sul merito della questione. Vediamo insieme perché questo principio è così cruciale.
La Vicenda Processuale
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’appello di Torino. Il ricorrente sollevava due principali motivi di doglianza: il primo relativo alla valutazione delle prove che avevano fondato la sua condanna, il secondo inerente alla qualificazione giuridica del reato contestato. Tuttavia, l’esito del giudizio di legittimità è stato netto: ricorso inammissibile.
I Principi sulla Specificità del Ricorso in Cassazione
La Corte Suprema ha bocciato il primo motivo di ricorso definendolo “privo di concreta specificità”. Invece di individuare precisi vizi logici o giuridici nella sentenza impugnata, il ricorrente si è limitato a proporre una “alternativa ricostruzione dei fatti” e una diversa valutazione delle prove. Questo approccio è inammissibile davanti alla Corte di Cassazione.
Il suo ruolo, infatti, non è quello di un “terzo giudice del merito”, ma di un giudice di legittimità. Ciò significa che non può riesaminare i fatti e decidere chi ha ragione, ma deve solo verificare che i giudici dei gradi precedenti abbiano applicato correttamente la legge e abbiano motivato la loro decisione in modo logico e coerente. Un ricorso che chiede semplicemente di rivalutare le prove, senza indicare un palese “travisamento” (ovvero un errore macroscopico nella lettura di un atto), è destinato a fallire.
Inoltre, la Corte ha sottolineato che la specificità del ricorso si misura anche nella sua capacità di confrontarsi con le argomentazioni della sentenza impugnata. Non si può ignorare la motivazione del giudice e limitarsi a riproporre le proprie tesi; è necessario demolire, punto per punto, il ragionamento avversario.
La Questione non Dedotta in Appello
Anche il secondo motivo di ricorso è stato dichiarato inammissibile, ma per una ragione diversa, sebbene sempre legata al rispetto delle regole processuali. La questione relativa alla qualificazione giuridica del fatto non era mai stata sollevata come motivo di appello. L’articolo 606, comma 3, del codice di procedura penale stabilisce chiaramente che, salvo eccezioni, non è possibile presentare in Cassazione motivi che non siano già stati dedotti in appello. Si tratta di un principio di preclusione, volto a garantire un ordinato svolgimento del processo ed evitare che le parti tengano “in serbo” delle censure per giocarle solo nell’ultimo grado di giudizio.
Le Motivazioni
Le motivazioni della Corte sono state lineari e rigorose. I giudici hanno ribadito che la genericità e l’indeterminatezza dei motivi di ricorso equivalgono alla loro mancanza. Un ricorso efficace deve essere un dialogo critico con la sentenza impugnata, non un monologo che ignora le ragioni del giudice. Il ricorrente avrebbe dovuto evidenziare errori specifici, come l’errata applicazione di una norma di legge o una palese illogicità nel percorso argomentativo della Corte d’appello, anziché tentare di ottenere una terza valutazione sul fatto.
Per il secondo motivo, la motivazione si fonda su una regola procedurale inderogabile: il principio devolutivo dell’appello. Ciò che non viene contestato in appello si consolida e non può essere rimesso in discussione per la prima volta davanti alla Corte di Cassazione. Questa regola garantisce la certezza del diritto e la progressiva definizione del thema decidendum (l’oggetto della decisione).
Conclusioni
L’ordinanza in esame è un monito fondamentale per chi opera nel diritto penale. La redazione di un ricorso per cassazione non ammette improvvisazione. La specificità del ricorso non è un mero formalismo, ma l’essenza stessa dell’impugnazione di legittimità. È necessario un’analisi chirurgica della sentenza impugnata, individuando con precisione millimetrica i vizi di legge o di motivazione. In caso contrario, il risultato sarà non solo il rigetto del ricorso, ma anche la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, come avvenuto nel caso di specie, con un ulteriore aggravio per l’assistito.
Perché il primo motivo di ricorso è stato ritenuto inammissibile?
È stato giudicato privo di concreta specificità. Il ricorrente non ha individuato errori di diritto o vizi logici nella motivazione, ma ha cercato di ottenere una nuova valutazione delle prove e una ricostruzione dei fatti alternativa, attività non consentita nel giudizio di legittimità della Corte di Cassazione.
Qual è la ragione dell’inammissibilità del secondo motivo di ricorso?
Il secondo motivo, relativo alla qualificazione giuridica del fatto, è stato dichiarato inammissibile perché la censura non era stata precedentemente sollevata come motivo di appello. L’art. 606, comma 3, c.p.p. impedisce di presentare per la prima volta in Cassazione motivi che non siano stati dedotti nel grado precedente.
Quali sono le conseguenze economiche per il ricorrente quando un ricorso viene dichiarato inammissibile?
In caso di inammissibilità del ricorso, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in denaro in favore della Cassa delle ammende, che nel caso specifico è stata fissata in tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 2301 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 2301 Anno 2024
Presidente: COGNOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME, nato a Pavia il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 10/02/2023 della Corte d’appello di Torino
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME;
considerato che il primo motivo di ricorso, in punto di prova degli elementi costitutivi del reato, è privo di concreta specificità e tende a prefigurare un rivalutazione delle fonti probatorie e/o un’alternativa ricostruzione dei fat mediante criteri di valutazione diversi da quelli adottati dal giudice del merito estranee al sindacato del presente giudizio ed avulse da pertinente individuazione di specifici e decisivi travisamenti di emergenze processuali valorizzate dai giudicanti;
che, invero, la mancanza di specificità del motivo deve essere apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra la complessità delle ragioni argomentate nella decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, queste non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato, senza cadere nel vizio di mancanza di specificità;
che, nella specie, i giudici del merito hanno ampiamente esplicitato, con corretti argomenti logici e giuridici, le ragioni del loro convincimento (si vedano, in particolare, le pagg. 5-7);
ritenuto che il secondo motivo, inerente alla qualificazione giuridica del fatto, non è consentito in sede di legittimità perché la censura non risulta essere stata previamente dedotta come motivo di appello secondo quanto prescritto, a pena di inammissibilità, dall’art. 606, comma 3, cod. proc. pen., come si evince dal riepilogo dei motivi di gravame riportato nella sentenza impugnata, che l’odierno ricorrente avrebbe dovuto specificamente contestare nel ricorso, se incompleto o comunque non corretto (si veda la pag. 4);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 12 dicembre 2023.