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Spaccio lieve entità: quantità e precedenti contano

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato condannato per detenzione di stupefacenti. La Corte ha stabilito che non è possibile qualificare il fatto come spaccio lieve entità a causa dell’ingente quantitativo detenuto (500 grammi di marijuana), dei precedenti penali specifici e dell’assenza di segnali di pentimento. Anche le attenuanti generiche sono state negate sulla base di una valutazione complessiva della condotta e della personalità dell’imputato.

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Pubblicato il 13 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Spaccio lieve entità: la Cassazione chiarisce i limiti

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione torna a delineare i confini del reato di spaccio lieve entità, confermando che la valutazione non può limitarsi al solo dato quantitativo della sostanza stupefacente. Elementi come i precedenti penali, gli strumenti per il confezionamento e l’assenza di pentimento giocano un ruolo cruciale nella decisione del giudice. Analizziamo insieme questa importante pronuncia per capire quali fattori escludono l’applicazione di questa fattispecie meno grave.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda un individuo condannato in seguito a giudizio abbreviato per la detenzione di 500 grammi di marijuana. Durante una perquisizione domiciliare, oltre all’ingente quantitativo di droga (con un principio attivo sufficiente per 3357 dosi medie singole), sono stati rinvenuti strumenti per il confezionamento delle dosi. L’imputato, al momento dei fatti, si trovava già in detenzione domiciliare e risultava gravato da precedenti specifici per reati in materia di stupefacenti. L’interessato ha proposto ricorso in Cassazione lamentando tre principali violazioni: il mancato riconoscimento dell’ipotesi di spaccio lieve entità, il diniego delle circostanze attenuanti generiche e una pena ritenuta eccessiva.

L’Analisi della Corte: dallo spaccio lieve entità alle attenuanti

La Corte di Cassazione ha esaminato punto per punto i motivi del ricorso, dichiarandolo infine inammissibile. La decisione si fonda su un’analisi complessiva della condotta dell’imputato, che va ben oltre la semplice detenzione della sostanza.

La Questione dello Spaccio di Lieve Entità

Il primo e più importante motivo di ricorso riguardava la qualificazione del reato. La difesa sosteneva che la condotta dovesse rientrare nella fattispecie più lieve prevista dal comma 5 dell’art. 73 del d.P.R. 309/1990. La Cassazione ha respinto questa tesi, confermando la valutazione del giudice di merito. Secondo la Corte, l’ipotesi di spaccio lieve entità è configurabile solo in casi di ‘piccolo spaccio’, caratterizzati da una minore portata complessiva dell’attività criminale, con ridotta circolazione di merce e denaro. Nel caso di specie, diversi elementi ostacolavano tale qualificazione:

* Il dato ponderale: 500 grammi di marijuana, con un principio attivo di 83.000 milligrammi, è un quantitativo ‘obiettivamente rilevante’.
* Gli strumenti: Il rinvenimento di materiale per il confezionamento indicava un’attività non occasionale.
* La situazione personale: L’imputato era già ai domiciliari e non disponeva di risorse economiche lecite per giustificare l’acquisto di tale quantitativo.
* I precedenti: La presenza di precedenti penali specifici è stata un fattore decisivo.

Il Diniego delle Attenuanti Generiche

Anche il secondo motivo di ricorso, relativo al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche (art. 62-bis c.p.), è stato rigettato. La Corte ha ricordato che, a seguito della riforma del 2008, per la concessione di tali attenuanti non è più sufficiente l’assenza di precedenti penali. Al contrario, il giudice deve individuare elementi positivi meritevoli di considerazione. Nel caso in esame, il giudice di merito ha legittimamente negato le attenuanti evidenziando non solo i precedenti specifici dell’imputato, ma anche la totale assenza di un ‘segnale concreto di resipiscenza’ (pentimento).

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte si basano su un principio consolidato: la valutazione dell’offensività della condotta in materia di stupefacenti deve essere globale. Non ci si può fermare al solo peso della droga, ma occorre considerare le concrete capacità di azione del soggetto, la sua rete di relazioni, le modalità operative e la sua storia criminale. La Corte ha ritenuto la valutazione del giudice di merito logica e immune da censure, in quanto fondata su una pluralità di indicatori negativi che, nel loro insieme, dipingevano un quadro di offensività tutt’altro che minima. La pena inflitta, pari a 2 anni e 9 mesi di reclusione e 12.000 euro di multa, è stata considerata adeguatamente giustificata proprio dal rilevante quantitativo di sostanza stupefacente.

Conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un insegnamento fondamentale per gli operatori del diritto e per i cittadini: la qualificazione di un fatto come spaccio lieve entità è il risultato di una valutazione complessa e non automatica. La quantità della sostanza è solo uno dei tanti tasselli del mosaico. I precedenti penali, le modalità della condotta e l’atteggiamento processuale ed extraprocessuale dell’imputato sono elementi che il giudice è tenuto a ponderare attentamente. La decisione conferma che, per beneficiare di un trattamento sanzionatorio più mite, non basta evitare le aggravanti, ma è necessario dimostrare la presenza di elementi positivi che giustifichino una minore severità della risposta penale.

Quali fattori impediscono di qualificare un reato come spaccio di lieve entità?
Secondo la Corte, la qualificazione è impedita da un insieme di elementi, tra cui un quantitativo di droga oggettivamente rilevante (in questo caso, 500 grammi di marijuana equivalenti a 3357 dosi), il possesso di strumenti per il confezionamento, la presenza di precedenti penali specifici e la mancanza di risorse economiche lecite per giustificare l’acquisto della sostanza.

Perché sono state negate le circostanze attenuanti generiche?
Le attenuanti generiche sono state negate perché il giudice non ha riscontrato alcun elemento positivo da valutare. Al contrario, ha dato peso ai precedenti penali specifici dell’imputato e alla totale assenza di un segnale concreto di pentimento (resipiscenza) riguardo alla sua condotta illecita.

La quantità di droga è l’unico criterio per valutare la gravità dello spaccio?
No, non è l’unico criterio. La giurisprudenza ha costantemente affermato che la valutazione dell’offensività della condotta deve essere complessiva e considerare, oltre al dato quantitativo, anche le capacità di azione del soggetto, la sua rete di relazioni nel mercato, il numero di acquirenti e le modalità organizzative utilizzate per commettere il reato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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