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Spaccio di lieve entità: quando viene escluso?

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna per spaccio, escludendo l’ipotesi di spaccio di lieve entità. Nonostante un quantitativo non elevato di cocaina (8,57 grammi), le modalità della condotta, come la suddivisione in 39 dosi, la presenza di un bilancino e l’organizzazione dell’attività, sono state ritenute indicative di una professionalità incompatibile con la fattispecie attenuata.

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Pubblicato il 27 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Spaccio di lieve entità: non basta poca droga per ottenerlo

L’ipotesi di spaccio di lieve entità, prevista dall’articolo 73, comma 5, del Testo Unico sugli Stupefacenti, rappresenta una questione centrale nel diritto penale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce quali sono i criteri per escludere questa fattispecie meno grave, sottolineando che non è sufficiente considerare solo il quantitativo di droga detenuto. Vediamo insieme cosa ha stabilito la Suprema Corte.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda un individuo condannato in primo e secondo grado per la detenzione a fini di spaccio di 8,57 grammi di cocaina. La sostanza era già suddivisa in 39 dosi pronte per la vendita. Durante la perquisizione, le forze dell’ordine avevano rinvenuto una parte della droga sulla sua persona e a bordo dell’auto, e un’altra parte nella sua abitazione. Insieme allo stupefacente, sono stati sequestrati anche materiale per il confezionamento, un bilancino di precisione e denaro contante di piccolo taglio, tutti elementi tipicamente associati all’attività di spaccio.

L’imputato, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso in Cassazione chiedendo la derubricazione del reato nell’ipotesi più lieve, sostenendo che le circostanze del fatto non fossero così gravi da giustificare la condanna per lo spaccio ordinario.

L’analisi della Corte: i criteri per escludere lo spaccio di lieve entità

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile per manifesta infondatezza. I giudici hanno ribadito un principio consolidato nella giurisprudenza: la qualificazione di un fatto come spaccio di lieve entità non può basarsi unicamente sulla quantità della sostanza. È necessaria, invece, una valutazione complessiva che tenga conto di tutti gli indicatori del caso concreto.

Questi indicatori, come precisato dalle Sezioni Unite, includono:

* Mezzi e modalità dell’azione: Come viene svolta l’attività? È occasionale o strutturata?
* Circostanze dell’azione: Il contesto in cui avviene il fatto.
* Qualità e quantità della sostanza: Non solo il peso lordo, ma anche il grado di purezza e il numero di dosi ricavabili.

Nel caso specifico, la Corte territoriale aveva correttamente evidenziato una serie di elementi che, letti insieme, delineavano un quadro di spaccio tutt’altro che lieve.

Le Motivazioni della Decisione

La decisione della Corte si fonda su una motivazione logica e coerente. I giudici di merito avevano posto l’accento su aspetti che rivelavano la finalità di spaccio e, soprattutto, la professionalità dell’imputato. Gli elementi decisivi sono stati:

1. Le modalità della condotta: La suddivisione della cocaina in ben 39 dosi già pronte indicava una preparazione finalizzata a una vendita al dettaglio rapida e continuativa.
2. La strumentazione: Il possesso di un bilancino di precisione e di materiale per il confezionamento è un chiaro segnale di un’attività organizzata e non improvvisata.
3. L’organizzazione stabile: La combinazione di tutti questi elementi (dosi pronte, strumenti, denaro contante) suggeriva un’attività strutturata e un volume d’affari rilevante, incompatibile con la nozione di lieve entità.

La Cassazione ha concluso che il giudice d’appello ha fornito una motivazione adeguata, senza vizi logici, spiegando perché tali fattori fossero ostativi al riconoscimento della fattispecie meno grave. Le lamentele del ricorrente, al contrario, si limitavano a riproporre una valutazione di merito già esaminata e respinta nei gradi precedenti, senza individuare veri errori di diritto.

Conclusioni

Questa pronuncia conferma che per ottenere il riconoscimento dello spaccio di lieve entità non è sufficiente appellarsi a un quantitativo di droga modesto. I giudici devono effettuare un’analisi a 360 gradi del fatto, valorizzando tutti gli indizi che possono rivelare il grado di offensività della condotta. La professionalità, l’organizzazione e la predisposizione di mezzi, anche in presenza di pochi grammi di sostanza, possono essere elementi decisivi per escludere l’applicazione della norma più favorevole e confermare la condanna per lo spaccio ordinario.

Quali elementi impediscono di qualificare un reato come spaccio di lieve entità?
Secondo la Corte, elementi come le modalità organizzate della condotta (es. droga già divisa in numerose dosi), la presenza di strumenti professionali (es. bilancino di precisione), un’attività stabile e un volume d’affari rilevante sono ostacoli alla qualificazione del fatto come di lieve entità.

La sola quantità di droga è sufficiente per determinare la lieve entità del fatto?
No. La quantità è solo uno dei parametri. La valutazione deve essere complessiva e considerare anche i mezzi, le modalità e le circostanze dell’azione, in modo da valutare l’effettiva offensività e proporzionalità della condotta.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile per manifesta infondatezza, poiché non evidenziava errori di diritto o vizi logici nella decisione del giudice d’appello, ma si limitava a riproporre una valutazione dei fatti già compiutamente esaminata e motivata nei gradi di merito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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