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Spaccio di lieve entità: quando non si applica?

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per spaccio di stupefacenti, confermando la decisione dei giudici di merito di non qualificare il reato come spaccio di lieve entità. La Corte ha sottolineato che elementi come la frequenza delle cessioni, la pluralità di clienti e la continua disponibilità di droga indicano una professionalità incompatibile con la minima offensività richiesta per l’ipotesi attenuata.

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Pubblicato il 11 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Spaccio di lieve entità: i criteri per escluderlo secondo la Cassazione

La distinzione tra lo spaccio di stupefacenti e l’ipotesi delittuosa di spaccio di lieve entità rappresenta una delle questioni più dibattute nel diritto penale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 13924/2024, offre chiarimenti preziosi sui criteri che i giudici devono seguire per valutare se un’attività di spaccio possa essere considerata di minore gravità. La Suprema Corte ha rigettato il ricorso di un imputato, confermando che la professionalità e la continuità dell’attività illecita sono elementi ostativi al riconoscimento della fattispecie più lieve.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine dalla condanna di un individuo per il reato di spaccio di sostanze stupefacenti, previsto dall’art. 73, comma 1, del D.P.R. 309/90. La difesa dell’imputato aveva presentato ricorso in Cassazione, lamentando l’erroneità della motivazione dei giudici di merito, i quali avevano rifiutato di riqualificare il reato nella fattispecie attenuata dello spaccio di lieve entità (art. 73, comma 5). Secondo il ricorrente, la Corte d’Appello aveva ricostruito in modo inesatto i fatti e interpretato erroneamente le prove a suo carico.

L’Analisi della Cassazione sullo Spaccio di Lieve Entità

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo la sentenza impugnata sorretta da una motivazione logica e coerente. I giudici hanno evidenziato che le argomentazioni della difesa non erano altro che una riproposizione di censure già attentamente esaminate e respinte dalla Corte d’Appello. Soprattutto, il ricorso si concentrava su una rivalutazione dei fatti, attività preclusa in sede di legittimità.
Il punto cruciale della decisione riguarda i criteri utilizzati per escludere la lieve entità del fatto. La Corte ha confermato che i giudici di merito hanno correttamente considerato una serie di indicatori che, nel loro complesso, delineavano un quadro ben diverso da un’attività di spaccio occasionale o minima.

Le Motivazioni della Decisione

La Suprema Corte ha avallato il ragionamento della Corte d’Appello, secondo cui l’esclusione della fattispecie di spaccio di lieve entità era giustificata da elementi concreti e inequivocabili. In particolare, sono stati valorizzati:
1. La frequenza delle cessioni: l’attività non era sporadica, ma si svolgeva con regolarità.
2. La pluralità di clienti: l’imputato riforniva un numero non trascurabile di acquirenti.
3. La continua disponibilità di sostanza stupefacente: la costante detenzione di eroina indicava un’organizzazione stabile e non un possesso occasionale.

Questi fattori, letti congiuntamente, sono stati ritenuti indicativi della ‘professionalità’ dell’attività illecita. Secondo la Corte, tale livello di organizzazione e la rilevante capacità di diffusione della droga sul mercato sono incompatibili con la nozione di ‘minima offensività’ che caratterizza l’ipotesi del comma 5 dell’art. 73. Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Conclusioni

L’ordinanza in esame ribadisce un principio fondamentale: la valutazione sulla lieve entità del fatto non può basarsi unicamente sul dato quantitativo della sostanza ceduta, ma richiede un’analisi complessiva della condotta dell’imputato. La professionalità, desumibile dalla continuità delle vendite, dal numero di clienti e dalla disponibilità di droga, è un elemento determinante che può impedire l’applicazione della norma più favorevole. Questa decisione fornisce un’utile guida per distinguere le condotte di spaccio meritevoli di un trattamento sanzionatorio più mite da quelle che, per la loro struttura e portata, rivelano una maggiore pericolosità sociale.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le argomentazioni della difesa erano una mera riproposizione di censure già valutate e respinte dalla Corte di merito e si basavano su una richiesta di rivalutazione dei fatti, che non è consentita in sede di giudizio di Cassazione.

Quali elementi sono stati decisivi per escludere lo spaccio di lieve entità?
Gli elementi decisivi sono stati la frequenza delle cessioni di droga, la pluralità di clienti serviti e la continua disponibilità di sostanza stupefacente (eroina). Questi fattori, nel loro insieme, indicavano un’attività professionale e non occasionale.

Cosa si intende per ‘minima offensività’ in relazione allo spaccio?
Secondo la Corte, la ‘minima offensività’ è incompatibile con una condotta che dimostra professionalità e una rilevante capacità di diffusione degli stupefacenti sul mercato. Non si tratta solo della quantità di droga, ma dell’intera modalità con cui viene svolta l’attività illecita.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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