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Spaccio di lieve entità: quando è escluso?

La Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato che chiedeva il riconoscimento dello spaccio di lieve entità. La Corte ha confermato la decisione di merito, escludendo la lieve entità a causa dell’attività organizzata, continuativa, con vasta clientela e disponibilità costante di droga, elementi che ne dimostrano la non occasionalità.

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Pubblicato il 10 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Spaccio di Lieve Entità: Quando l’Organizzazione Esclude l’Attenuante

L’ipotesi di spaccio di lieve entità, prevista dall’articolo 73, comma 5, del Testo Unico Stupefacenti, rappresenta una circostanza fondamentale per mitigare la risposta sanzionatoria nei confronti di condotte di modesta offensività. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica e dipende da una valutazione complessiva di diversi fattori. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito quali elementi ostacolano il riconoscimento di tale fattispecie, sottolineando l’importanza dell’organizzazione e della continuità dell’attività criminale.

I Fatti del Caso: Un’Attività di Spaccio Strutturata

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un ricorso presentato da un individuo condannato per spaccio di sostanze stupefacenti, nello specifico hashish e cocaina. La difesa sosteneva che la condotta dovesse essere inquadrata nella fattispecie di spaccio di lieve entità, con una conseguente riduzione della pena.

La Corte d’Appello, tuttavia, aveva già respinto questa tesi, evidenziando come l’attività non fosse affatto occasionale o di minima importanza. Le indagini avevano infatti rivelato un quadro ben diverso: lo spaccio avveniva in un luogo specifico, gestito insieme a dei complici, con modalità operative collaudate che includevano una precisa ripartizione dei compiti nel prelievo e nella consegna della droga. L’attività si protraeva da un lungo periodo, servendo una vasta clientela e garantendo una disponibilità costante di sostanze, stimata in circa 50-70 dosi di cocaina sempre pronte per la vendita.

La Decisione della Corte di Cassazione sul tema dello spaccio di lieve entità

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno ritenuto che i motivi presentati fossero generici e meramente reiterativi di censure già esaminate e motivatamente respinte nel giudizio d’appello. La Corte ha confermato la correttezza e la logicità della valutazione operata dalla Corte territoriale, che aveva escluso la possibilità di qualificare il fatto come spaccio di lieve entità.

Le Motivazioni

La motivazione della Cassazione si fonda sulla completa e logica analisi svolta dalla Corte d’Appello, che ha correttamente valorizzato una serie di indici oggettivi incompatibili con la lieve entità del fatto. In particolare, sono stati considerati decisivi i seguenti elementi:

* Modalità Organizzate: L’attività non era improvvisata, ma strutturata, con una divisione dei ruoli tra l’imputato e i suoi complici.
* Continuità Temporale: Lo spaccio si protraeva per un lungo arco di tempo, dimostrando una professionalità criminale e non un episodio sporadico.
* Vasta Clientela: La convergenza di numerosi acquirenti nel luogo di spaccio indicava un’attività ben avviata e redditizia.
* Disponibilità di Sostanza: La costante disponibilità di un quantitativo significativo di droga (50-70 dosi) escludeva la minima offensività della condotta, come confermato anche dalle dichiarazioni degli acquirenti che riferivano di acquisti ripetuti nel tempo, anche più volte al giorno.
* Eterogeneità delle Sostanze: La cessione di droghe diverse (hashish e cocaina) è un ulteriore elemento che depone a sfavore della lieve entità.

Secondo la Corte, l’insieme di questi fattori delinea un’attività criminale con un grado di offensività tale da non poter rientrare nella fattispecie attenuata prevista dalla legge.

Conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un principio consolidato nella giurisprudenza: la valutazione sulla lieve entità del fatto non può limitarsi alla quantità di droga ceduta nella singola occasione, ma deve estendersi a un’analisi globale della condotta. L’organizzazione, la sistematicità, la durata dell’attività e il volume d’affari complessivo sono elementi cruciali che, se presenti, escludono in radice la possibilità di riconoscere lo spaccio di lieve entità. La decisione serve come monito: un’attività di spaccio strutturata e professionale, anche se basata su singole cessioni di modiche quantità, sarà sempre considerata un reato grave, con tutte le conseguenze sanzionatorie che ne derivano.

Quando un’attività di spaccio non può essere considerata di lieve entità?
Secondo la Corte, un’attività di spaccio non può essere considerata di lieve entità quando presenta caratteristiche di organizzazione e continuità, come l’operare in un luogo controllato, la presenza di complici, una vasta clientela, modalità collaudate e una durata prolungata nel tempo.

La quantità di droga venduta in ogni singola cessione è l’unico fattore determinante per lo spaccio di lieve entità?
No, dal provvedimento emerge che la valutazione non si basa solo sulla singola cessione. Vanno considerati tutti gli indici oggettivi, incluse le modalità organizzative, la continuità dell’attività e la disponibilità costante di sostanze (nel caso specifico, 50-70 dosi), che nel complesso escludono la minima offensività.

Cosa succede se un ricorso in Cassazione si limita a ripetere le stesse argomentazioni già respinte in appello?
Un ricorso di questo tipo viene dichiarato inammissibile per genericità e reiterazione. La Cassazione non riesamina i fatti, ma valuta solo la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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