Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 45835 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 45835 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/09/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME nato 1’11/08/1982 a Sassari
Carta NOMECOGNOME nato il 12/11/1960 a Sassari
COGNOME NOMECOGNOME nata il 28/11/1959 a Sassari
COGNOME NOME nata il 20/05/1985 a Sassari
COGNOME NOMECOGNOME nato il 21/08/1979 a Sassari
COGNOME NOMECOGNOME nato il 30/04/1974a Sassari
Avverso la sentenza in data 20/09/2023 della Corte di appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari visti gli atti, la sentenza impugnata e i ricorsi; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udite le conclusioni del Pubblico ministero in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso di COGNOME Angelo, COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOME e COGNOME NOME e per l’inammissibilità dei ricorsi di COGNOME NOME e COGNOME NOMECOGNOME uditi i difensori, Avv. NOME COGNOME e Avv. NOME COGNOME che hanno chiesto l’accoglimento dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 20/09/2023 la Corte di appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari, ha giudicato sugli appelli proposti avverso la sentenza pronunciata in data 05/10/2022 con rito abbreviato dal G.u.p. del Tribunale di Sassari nei confronti di NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME: in particolare la Corte ha confermato la condanna di NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME dai reati di detenzione illegale e cessione di sostanze stupefacenti del tipo eroina e cocaina, di cui agli artt. 81 cod. pen. e 73 d.P.R. 309 del 1990, contestati ai capi da 1 a 351 (esclusi i capi 31, 32, 37, 46, 47), aggravati ai sensi dell’art. 112, comma primo, n. 1 e dalla recidiva contestata ad NOME COGNOME, a NOME COGNOME e NOME COGNOME; ha assolto NOME COGNOME dai reati di cui ai capi 16, 36, 38 nonché da 336 a 351, in aggiunta all’assoluzione in primo grado dai capi 13, 31, 32, 37, 46, 47, confermando la condanna del predetto per gli ulteriori reati di detenzione e spaccio di stupefacenti, aggravati ai sensi dell’art. 112, comma primo, n. 1 e dalla recidiva, contestati ai capi da 1 a 351; ha confermato la condanna di Nurra e di Caggiano per il reato di cui agli artt. 56 e 629, cod. pen., aggravato dalla recidiva, contestato al capo 352; ha riqualificato ai sensi dell’art. 73, comma 5, d.P.R. 309 del 1990 i reati di cui ai capi 14, 15, 16, 35 e 36, per i quali è stata pronunciata condanna di COGNOME; ha rideterminato le pene nei confronti di COGNOME e COGNOME.
Hanno proposto ricorso, tramite i rispettivi difensori /NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME
Carta NOME: inflitta pena di anni otto e mesi uno di reclusione ed euro 56.417,00 per reati di cui agli artt. 81 cod. pen. e 73 d.P.R. 309 del 1990 (capi da 1 a 30, da 33 a 36, da 38 a 45, da 48 a 351).
Con unico motivo denuncia violazione di legge in relazione all’art. 73, comma 5, d.P.R. 309 del 1990.
I giudici di merito avevano escluso l’ipotesi della lieve entità dando rilievo al numero dei concorrenti e alla reiterazione delle condotte, in particolare ritenendo tale ipotesi incompatibile con il numero delle condotte (350), con il contesto temporale di circa un mese e mezzo e con il numero delle persone coinvolte.
Ma si imponeva una valutazione globale di tutti gli indici normativi, ferma restando la compatibilità dell’ipotesi lieve con l’abitualità e l’organizzazione all base dell’attività.
Nei casi in cui era stata contestata la detenzione non era stato fatto riferimento a quantità o qualità della sostanza, salvo che nel capo 13, riferito a 15 grammi di eroina e 6,4 grammi di cocaina.
Relativamente alle ipotesi di cessione erano indicate quantità imprecisate e, quando accertate, si trattata di una o due dosi oppure in alcuni casi tre fino ad un massimo di sette.
Non erano stati individuati quantitativi incompatibili con quelli che la Cassazione aveva ritenuto inquadrabili nell’ipotesi della lieve entità (sentenza n. 45061 del 3/11/2022).
Non erano state rinvenute risorse economiche in possesso degli imputati.
Non erano stati evidenziati contatti con fornitori all’ingrosso o con associazioni criminali o comunque con grandi canali di approvvigionamento.
Non erano state rinvenute e sequestrate consistenti scorte di stupefacenti.
Di qui la qualificabilità delle condotte ai sensi dell’art. 73, comma 5, d.P.R. 309 del 1990.
Carta NOME: inflitta pena di anni nove mesi dieci giorni dieci di reclusione ed euro 75.633,00 di multa per reati di cui agli artt. 81 cod. pen., 73 d.P.R. 309 del 1990 (capi da 1 a 30, da 33 a 36, da 38 a 45, da 48 a 351).
Con unico motivo ripropone le stesse censure del ricorso di COGNOME.
NOME NOME COGNOME NOME: NOME, inflitta pena di anni otto mesi uno giorni dodici di reclusione ed euro 42.600,00 di multa per reati di cui agli artt. 73 d.P.R. 309 del 1990 (capi da 1 a 15, da 17 a 30, 33, 34, 35, da 39 a 45, da 47 a 335) e per il reato di cui agli artt. 56, 629 (capo 352), tutti unificati ex art. cod. pen; Caciciiari, inflitta pena di anni due mesi due giorni venti di reclusione ed euro 555,00 di multa per reato di cui agli artt. 56, 629 cod. pen. (capo 352).
Deducono vizio di motivazione in relazione al capo 352.
I Giudici di merito avevano riportato un risultato probatorio divergente da quello emergente dalle intercettazioni effettuate: si era ritenuto che COGNOME fosse il mandante dell’attentato incendiario in danno di COGNOME a fronte di un credito per acquisti di stupefacenti non onorato e che il fatto non fosse riconducibile a ragioni sentimentali. Ma le conversazioni intercettate attestavano che mandante era stato COGNOME, soggetto estraneo al sodalizio, il quale aveva offerto una somma a COGNOME, capace di compiere azioni delittuose su commissione.
Era ravvisabile un travisamento della prova, non potendosi reputare attendibile la versione della persona offesa, incentrata sul debito per acquisti di droga, anche perché COGNOME non aveva venduto droga a Lopez e non risultava che gliene avessero venduta i membri della famiglia COGNOME.
NOME: inflitta pena di anni sette mesi quattro e giorni tre di reclusione ed euro 50.700,00 di multa per reati di cui agli artt. 81 cod. pen., 73 d.P.R. 309 del 1990 (capi da 1 a 30, da 33 a 36, da 38 a 45, da 48 a 351).
6.1. Con il primo motivo denuncia vizio di motivazione in relazione alla responsabilità della ricorrente con riguardo ai capi da 1 a 12, da 15 a 30, da 33 a 36, da 38 a 45 e da 48 a 351.
A fronte della deduzione difensiva secondo cui la ricorrente veniva in rilievo solo in due conversazioni intercettate, la Corte, pur dando atto che la predetta era interlocutrice in poche telefonate, aveva comunque ravvisato la prova della partecipazione di lei all’interno dell’organizzazione dedita al traffico criminoso, ma senza indicare per ciascun episodio, diverso da quelli del 17-18 maggio 2021 e del 21 aprile 2021, gli elementi attestanti il suo consapevole contributo al compimento dei reati.
6.2. Con il secondo motivo deduce violazione di legge in relazione agli artt. 42 cod. pen. e 27 Cost. con riguardo all’affermata responsabilità per i reati attribuiti, salvo quelli di cui ai capi 13 e 14.
Era stato violato il canone della personalità della penale responsabilità e quello della colpevolezza quale volontà cosciente e libera alla base della condotta.
Era stata formulata una valutazione incentrata sulla consapevolezza delle condotte dei congiunti, alcuni dei quali neppure conviventi, ma non sull’individuazione del contributo consapevole della ricorrente, al di là di due soli episodi.
6.3 Con il terzo motivo denuncia vizio di motivazione in ordine all’affermazione della penale responsabilità per i reati di cui ai capi 1, 2, 4, 5, 17 29, 30, 34, nonché per i reati da 38 a 45 e da 48 a 351.
La condanna si era basata sulla consapevolezza della condotta del convivente NOME COGNOME, pur in assenza di conversazioni a lei riferibili, in ragione de complesso delle intercettazioni, dei numerosi episodi, ascrivibili al compagno con cui condivideva la casa, della conoscenza delle vicende, della manipolazione del prodotto che avveniva in casa di NOME COGNOME, elementi ritenuti tali da implicare la sua partecipazione ai reati.
Alla resa dei conti si sarebbe potuto affermare che la ricorrente avesse consapevolezza della detenzione dello stupefacente manipolato nell’abitazione, ma non delle autonome condotte di cessione effettuate dal compagno e di quelle effettuate da NOME COGNOME in luogo diverso da quell’abitazione.
Dunque, la penale responsabilità avrebbe potuto riguardare i fatti di cui ai capi 3, 6, 16, da 18 a 28, 33, 35, 36, 46, ma non gli altri delitti contestati, rife
a fatti di cessione commessi da un solo soggetto, non in prossimità del luogo di abitazione.
6.4. Con il quarto motivo deduce violazione di legge in relazione all’art. 73, comma 5, d.P.R. 309 del 1990.
Si riproducono argomenti esposti nel motivo di ricorso presentato nell’interesse di NOME COGNOME e di NOME.
Si aggiunge che era stata esclusa l’ipotesi della minima partecipazione al fatto, valorizzandosi il divieto imposto dall’art. 114 cod. pen., ma omettendosi di considerare che la condotta della ricorrente avrebbe dovuto valutarsi in modo diverso, cosicché i fatti a lei ascritti nei diversi capi erano idonei ad integrare fattispecie di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. 309 del 1990, anche considerando che il medesimo fatto storico può essere ascritto ad un imputato ai sensi dell’art. 73, comma 1 d.P.R. 309 del 1990 ed ad un altro imputato ai sensi dell’ad 73, comma 5, d.P.R. 309 cit., quando il contesto complessivo in cui si colloca la condotta del singolo assuma caratteri differenziali rispetto ai concorrenti, acquisendo rilevanza il disvalore complessivo del fatto, delineato dalle modalità dell’azione.
Sechi NOME: inflitta pena di anni cinque mesi sette e giorni venti di reclusione ed euro 42.300,00 di multa per reati di cui agli artt. 81 cod. pen. e 73 d.P.R. 309 del 1990 (capi da 1 a 30, da 33 a 36, da 38 a 45, da 48 a 351).
7.1. Con il primo motivo denuncia mancanza di motivazione in ordine all’affermazione della penale responsabilità per i reati di cui a capi da 2 a 5, 14, 17, 29, 30, 34, da 38 a 45, da 48 a 351.
La ricorrente era stata individuata come protagonista in relazione ai fatti di cui ai capi 1, 7, 15, 24.
A fronte delle censure formulate, volte a segnalare la mancanza di elementi riferibili agli altri reati, la Corte aveva ritenuto dimostrato che la ricorren custodiva la droga in casa sua e provvedeva a consegnarla al corriere. Ma in tal modo non era stata offerta alcuna argomentazione idonea a comprovare il contributo offerto nelle ulteriori autonome condotte di cessione da parte di NOME COGNOME e di NOME COGNOME.
7.2. Con il secondo motivo deduce violazione di legge in relazione all’art. 73, comma 5, d.P.R. 309 del 1990.
Riproduce gli stessi argomenti su cui si fonda il quarto motivo di ricorso di NOME COGNOME in punto di qualificazione giuridica.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Cominciando dall’analisi dei motivi che concernono le posizioni di NOME COGNOME (primo motivo) e di NOME COGNOME (primo, secondo e terzo motivo), se ne rileva l’infondatezza.
1.1. I Giudici di merito hanno dato conto degli elementi che valgono a delineare il ruolo rivestito dalle due ricorrenti e segnalato come le predette fossero consapevolmente partecipi di un piano criminoso incentrato su una sistematica attività di spaccio a base familiare, connotata da specifiche modalità organizzative a tutti note, dal costante approvvigionamento di sostanze stupefacenti del tipo eroina e cocaina, dall’affidamento della droga in custodia ad NOME COGNOME, dalla manipolazione della droga e dalla predisposizione delle dosi, curata da NOME COGNOME presso la sua abitazione, coadiuvato dalla convivente NOME COGNOME dalla successiva consegna della droga ad NOME COGNOME che primariamente provvedeva allo spaccio nei pressi della sua abitazione, dal trasporto della droga dall’una all’altra abitazione assicurato da NOME COGNOME e talvolta da NOME COGNOME.
Inoltre, è stato sottolineato come tutti i partecipi al progetto criminoso condividessero i profitti dell’attività di spaccio, che costituivano, con il reddito cittadinanza, un’importante fonte di sostentamento per l’intera famiglia, essendo tenuta una contabilità da NOME COGNOME ed essendo assicurata la movimentazione del denaro tra i correi, talvolta anche con il contributo di NOME COGNOME recatasi a prelevare somme da NOME COGNOME.
Tale ricostruzione si fonda su dati probatori di inequivoca valenza e ampiamente esaminati dai Giudici di merito, che hanno richiamato le numerose conversazioni intercettate e le risultanze di attività di videoripresa, suffragate da taluni mirati interventi, che avevano condotto al recupero di sostanze stupefacenti presso taluni acquirenti e in una circostanza presso NOME COGNOME che era stato per questo tratto in arresto.
1.2. A fronte di ciò, correttamente è stato ravvisato il concorso anche di NOME COGNOME e di NOME COGNOME nelle varie condotte di detenzione, trasporto e cessione di stupefacenti, comprese quelle primariamente attribuibili ad NOME COGNOME, contestate ai capi da 48 a 351, frutto della condivisa, consapevole e organizzata attività preparatoria posta in essere dagli altri imputati.
Non illogicamente i Giudici di merito hanno invero ritenuto che gli elementi a carico di ciascuno dei protagonisti assumessero un significato tale da travalicare lo specifico episodio e da attestare la piena condivisione del progetto criminoso, attuato da tutti con modalità consolidate.
In tale prospettiva sono stati in effetti valorizzati, quanto ad NOME COGNOME le continue conversazioni con il figlio NOME, riferite anche alla presenza di
acquirenti, i riferimenti all’attività di spaccio curata nei pressi dell’abitazione d marito NOME COGNOME, la circostanza che ella fosse la custode della droga, avente come sicura destinazione lo spaccio, la cura della contabilità, mentre, con riguardo a NOME COGNOME è stato attribuito rilievo alla circostanza che ella fosse attivamente impegnata nella predisposizione delle dosi (operazione che in una circostanza le aveva procurato dolore ad un polso), alle discussioni sui viaggi che ella e il compagno NOME COGNOME dovevano fare per prelevare la droga presso NOME COGNOME (ad es. pag. 108 della sentenza impugnata), al fatto che ella contribuisse all’occorrenza a prelevare presso NOME COGNOME denaro da destinare a cospicui approvvigionamenti (come nell’episodio oggetto del capo 12), ai commenti formulati in occasione di eventi avversi, come l’arresto di Nurra o il controllo nei confronti di Salaris: si tratta di elementi che con valutazione non / manifestamente illogica / sono stati ritenuti espressivi di un contributo sia morale sia materiale alla commissione non solo dei reati specificamente correlati a singole conversazioni o a singoli momenti, ma di tutti i reati contestati, propiziati dalla comune condivisione del progetto e dunque, in primo luogo, dalla coscienza e volontà di compiere operazioni di spaccio in misura corrispondente ai quantitativi di droga di cui NOME COGNOME poteva disporre, droga poi preparata e confezionata e infine trasferita in funzione del remunerativo spaccio primariamente curato da NOME COGNOME.
1.3. Ciò vale a superare il rilievo formulato nei motivi di ricorso, concernente la mancanza di conferme di un contributo riguardante reati ulteriori rispetto a quelli desumibili dai dati probatori più specificamente coinvolgenti le due ricorrenti. Relativamente a Sechi non è stata presa in considerazione la sola qualità di custode della droga, che è stata comunque correttamente inquadrata nel complessivo progetto, in varia guisa alimentato con il contributo di tutti; allo stesso modo, con riguardo a COGNOME, al di là delle poche conversazioni che direttamente la riguardano, è stato escluso che potesse limitarsi la responsabilità di lei alla sola droga in concreto manipolata nell’occasione emersa da una conversazione e che potesse per contro darsi rilievo al fatto che NOME COGNOME spacciasse nei pressi dell’abitazione di INDIRIZZO e non nei pressi dell’abitazione di INDIRIZZO ove la ricorrente dimorava con NOME COGNOME: alla luce del quadro fattuale ricostruito dai Giudici di merito, arricchito dal rinvenimento di denaro presso l’abitazione di INDIRIZZO e di bilancini di precisione presso l’abitazione di INDIRIZZO, quadro che non è stato fatto oggetto di specifiche censure, è stata dunque correttamente prospettata una comune ideazione, ulteriormente qualificata da un fattivo contributo anche di tipo materiale, comunque sorretto dalla coscienza e volontà di dare corso ad una continuativa serie di condotte di spaccio, utilizzando la droga di cui si aveva concreta disponibilità, in funzione della condivisione dei
relativi profitti, il che consente di escludere l’ipotesi della mera connivenza e di ravvisare, nel contempo, il coefficiente psicologico del dolo, a conferma del giudizio formulato nella sentenza impugnata.
Venendo ora ai motivi riguardanti il tema della qualificazione dei fatti (ricorsi di NOME COGNOME e di NOME COGNOME, quarto motivo del ricorso di NOME COGNOME e secondo motivo del ricorso di NOME COGNOME), deve parimenti rilevarsene l’infondatezza.
2.1. Viene invocata l’ipotesi della lieve entità del fatto, ai sensi dell’art. 7 comma 5, d.P.R. 309 del 1990, in ragione della modesta consistenza dei quantitativi di droga, oggetto di spaccio, e dei profitti ricavati, in assenza d collegamento con ambienti della criminalità organizzata, essendo inconferente la mera reiterazione delle condotte.
Deve al riguardo osservarsi che / sulla base di un ormai consolidato orientamento giurisprudenziale / ai fini del giudizio sulla tenuità del fatto occorre prendere in considerazione tutti gli elementi sintomatici evocati dalla fattispecie (mezzi, modalità, circostanze dell’azione, qualità e quantità delle sostanze), in modo da giungere una valutazione di sintesi, riferita alla concreta offensività della condotta, nella quale i singoli profili possono anche assumere una valenza diversa così da imporre un confronto tra essi e l’eventuale compensazione del significato a ciascuno di essi attribuibile (in tal senso l’analisi formulata da Sez. U, n. 51063 del 27/09/2018, Murolo, Rv. 274076).
D’altro canto, costituisce principio consolidato che una continuativa attività di spaccio non è incompatibile con l’ipotesi della lieve entità (Sez. 3, n. 14017, del 20/02/2018, Caltabiano, Rv. 272706; Sez. 6, n. 39374 del 03/07/2017, COGNOME, Rv. 270849), affermazione oggi avvalorata (dopo la modifica introdotta dal d.l. 123 del 2023, convertito con modificazioni dalla legge 159 del 2023) anche dalla inclusione nell’art. 73, comma 5, d.P.R. 309 del 1990 dell’ipotesi della non occasionalità della condotta.
2.2. Sta di fatto che / nel caso di specie / i giudici di merito hanno proceduto correttamente alla sincronica valutazione di tutti gli elementi sintomatici, segnalando che l’attività di spaccio costituiva il risultato di un progetto criminale attuato attraverso predisposte e consolidate modalità operative, già in precedenza descritte, implicanti una diversificazione dei contributi, anche al fine di eludere possibili controlli, una costante capacità di approvvigionamento e la messa a disposizione di un vasto numero di acquirenti di due diversi tipi di sostanze stupefacenti, tanto da aver dato corso in poco più di un mese a più di trecento condotte di spaccio, pur riguardanti di per sé quantitativi modesti.
Inoltre, è stato posto in risalto come / dalle prove acquisite fosse venuta in i rilievo una condotta di approvvigionamento del valore di seimila euro (oggetto del capo 12), cui in varia guisa ciascuno dei ricorrenti aveva fornito un consapevole contributo, provvedendo alla raccolta della necessaria provvista.
Non veniva dunque in rilievo, sulla base di tali rilievi, la mera continuità di un’attività di piccolo spaccio, ma la frenetica attuazione di un progetto criminale basato sul convergente e sincronico contributo di più persone, capaci di rifornirsi di quantitativi significativi e di riversarli poi rapidamente sul mercato, a beneficio di un numero elevato di acquirenti, in funzione dell’acquisizione di corrispondenti profitti.
2.3. A fronte della modestia dei quantitativi singolarmente spacciati, assumono dunque decisivo rilievo nel caso in esame sia le modalità e circostanze dell’azione sia la capacità di approvvigionamento anche di quantitativi significativi, profili peraltro condivisi dai protagonisti della vicenda.
Correttamente, dunque, è stata esclusa l’ipotesi della lieve entità del fatto, fermo restando che, a fronte del più grave e di per sé significativo episodio di cui al capo 12, relativamente alla cui ricostruzione non sono state formulate censure specifiche, idonee a vulnerarne la valenza, tutti gli altri reati sono stati unificat sotto il vincolo della continuazione con computo a titolo di aumento di una pena minima pari a giorni uno di reclusione ed euro 10,00 di multa per ciascuno di essi.
2.4. Né potrebbe nel caso di specie invocarsi una diversa qualificazione del fatto in relazione a taluno dei concorrenti, evocata nel quarto motivo di ricorso di NOME COGNOME
E’ noto che con recente pronuncia le Sezioni Unite della Corte di cassazione hanno affermato che «in tema di concorso di persone nel reato di cessione di sostanze stupefacenti, il medesimo fatto storico può configurare, in presenza dei diversi presupposti, nei confronti di un concorrente il reato di cui all’art. 73, comma 1 ovvero comma 4, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, e nei confronti di altro concorrente il reato di cui all’art. 73, comma 5, del medesimo d.P.R.» (Sez. U, n. 27727 del 14/12/2023, dep. 2024, COGNOME, Rv. 286581): ma ciò implica che il fatto sia connotato in modo da poter risultare diversamente valutabile in capo a ciascun concorrente, in relazione al tipo di contributo correlato al rispettivo coefficiente psicologico.
Nel caso di specie, tuttavia, si è già rilevato come tutte le condotte siano state riferite ad un progetto condiviso, attuato sulla base di modalità consolidate, e come per giunta il reato di cui al capo 12, considerato il più grave, avesse visto la partecipazione consapevole dei vari ricorrenti, in varia guisa impegnati nell’acquisizione della necessaria provvista, con NOME COGNOME incaricata di recarsi a prelevare denaro da NOME COGNOME.
Ciò significa che non v’è margine per una valutazione autonoma e differenziata del contributo morale e materiale fornito da ciascuno e in particolare dalla ricorrente COGNOME dovendosi ritenere che correttamente sia stata esclusa in parte qua non solo l’ipotesi del contributo di minima importanza ex art. 114 cod. pen. -comunque preclusa dal concorso nei reati di almeno cinque persone-, ma anche la configurabilità della lieve entità del fatto in capo a taluno degli imputati.
Venendo infine al ricorso presentato nell’interesse di COGNOME e di COGNOME, se ne rileva l’inammissibilità.
Ha costituito oggetto di censura la motivazione con cui la Corte territoriale ha confermato la condanna dei predetti in ordine al delitto di tentata estorsione di cui al capo 352, essendosi al riguardo invocato un travisamento probatorio in ordine all’attribuzione del ruolo di mandante.
Si tratta di censura che in realtà non considera che la stessa imputazione muove dal presupposto della veste di mandante di COGNOME e di esecutore materiale di Nurra e non si confronta con la motivazione delle sentenze di merito, dalle quali risulta che l’azione incendiaria è stata ricondotta ad un movente estorsivo e non a quello sentimentale, confusamente addotto da COGNOME, in ragione delle credibili dichiarazioni della persona offesa COGNOME che non avrebbe avuto alcun motivo di negare il movente sentimentale e che invece aveva fatto riferimento al suo costante uso di cocaina e ad un residuo debito derivante da acquisti di sostanze stupefacenti nel quartiere di Santa Maria di Pisa, dichiarazioni tali da esporlo a possibili sanzioni connesse ad un illecito amministrativo.
In tale quadro era stata segnalata anche la residenza e l’operatività di Caggiari e Nurra nel quartiere di Santa Maria di Pisa, al di là del riferimento della Corte territoriale ad una intercettazione da cui sarebbe emerso il ruolo di mandante ricoperto da COGNOME, riferimento certamente erroneo, a fronte della nitida rappresentazione dei fatti, di per sé non smentita, emergente dalla sentenza di primo grado e dalla prima parte della stessa sentenza impugnata (cfr. pagg. 114 e segg.), e comunque inidoneo a disarticolare il complessivo ragionamento alla base del giudizio di penale responsabilità dei due ricorrenti.
In conclusione, si impone il rigetto dei ricorsi di NOME, COGNOME Angelo, COGNOME NOME e COGNOME NOME, di cui va disposta la condanna al pagamento delle spese processuali. Deve invece dichiararsi l’inammissibilità dei ricorsi di COGNOME NOME e di COGNOME NOME, che devono essere condannati al pagamento delle spese processuali e, in ragione dei profili di colpa sottesi alla causa dell’inammissibilità, a quello della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Rigetta i ricorsi di NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, che condanna al pagamento delle spese processuali. Dichiara inammissibili i ricorsi di COGNOME NOME e di COGNOME NOME che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, 1’11/09/2024