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Spaccio di lieve entità: la valutazione del giudice

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per spaccio di sostanze stupefacenti. La difesa chiedeva il riconoscimento dell’ipotesi di spaccio di lieve entità, ma la Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito. È stato ribadito che per qualificare un fatto come di lieve entità, il giudice deve compiere una valutazione complessiva di tutti gli elementi: mezzi, modalità dell’azione, quantità e qualità della sostanza. La presenza di aspetti indicativi di professionalità nell’attività di spaccio è sufficiente a escludere la minima offensività del reato e, di conseguenza, l’applicazione della fattispecie attenuata.

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Pubblicato il 30 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Spaccio di Lieve Entità: Non Basta la Quantità, Conta la Professionalità

L’ipotesi di spaccio di lieve entità prevista dall’art. 73, comma 5, del Testo Unico sugli Stupefacenti è spesso al centro di accesi dibattiti processuali. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fornisce un’importante chiave di lettura, ribadendo che la valutazione del giudice deve essere globale e non può limitarsi a un singolo aspetto, come la quantità di droga. Analizziamo insieme la decisione per capire quali elementi sono determinanti.

I Fatti del Processo

Il caso trae origine dalla condanna di un individuo, confermata sia in primo grado che in appello, alla pena di quattro anni e quattro mesi di reclusione e 20.000 euro di multa per il reato di spaccio di sostanze stupefacenti. La difesa dell’imputato ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione, lamentando la mancata applicazione dell’ipotesi più lieve del reato, sostenendo che nel caso specifico ne ricorressero tutti i presupposti.

La Valutazione per lo Spaccio di Lieve Entità

Il punto centrale del ricorso era la richiesta di qualificare il fatto come spaccio di lieve entità. Questa fattispecie attenuata consente una notevole riduzione della pena, ma la sua applicazione non è automatica. La Corte di Cassazione, nel dichiarare il ricorso inammissibile per manifesta infondatezza, ha colto l’occasione per riaffermare i principi consolidati in materia.

I giudici hanno sottolineato che il riconoscimento dell’ipotesi lieve richiede una valutazione complessiva del fatto. Non si tratta di un’analisi frammentaria, ma di un giudizio d’insieme che deve tenere conto di tutti gli indici normativi previsti. Questi includono:

* I mezzi, le modalità e le circostanze dell’azione: come è stata condotta l’attività di spaccio?
* La qualità e la quantità della sostanza: che tipo di droga e in quale misura?
* Il grado di purezza: un elemento fondamentale per determinare il potenziale offensivo della sostanza.

La Decisione della Corte di Cassazione e le Motivazioni

La Corte ha stabilito che per negare l’ipotesi di spaccio di lieve entità, è sufficiente che anche uno solo di questi elementi presenti una gravità tale da escludere la minima offensività del fatto. Nel caso di specie, i giudici di merito avevano correttamente evidenziato aspetti che rivelavano la “professionalità” e la “non estemporaneità” dell’attività di spaccio condotta dall’imputato.

Secondo la Suprema Corte, la Corte d’Appello ha fornito una motivazione adeguata, valorizzando elementi che indicavano un’attività criminale strutturata e non occasionale. Questa professionalità è stata ritenuta un fattore di gravità così significativo da prevalere su altri eventuali elementi di minor peso, giustificando così il diniego della fattispecie attenuata. La decisione si allinea all’orientamento giurisprudenziale secondo cui la valutazione deve essere un approdo complessivo, e il giudice deve spiegare nella motivazione le ragioni della prevalenza accordata a specifici aspetti.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame conferma un principio fondamentale: la qualificazione di un reato di droga come spaccio di lieve entità non può basarsi su una valutazione superficiale o parziale. È un giudizio complesso che impone al giudice di esaminare ogni aspetto della condotta. L’emergere di indici di professionalità, come un’attività organizzata e continuativa, può essere decisivo per escludere l’applicazione del trattamento sanzionatorio più mite, anche in presenza di quantitativi di droga non eccezionali. Di conseguenza, la dichiarazione di inammissibilità del ricorso ha comportato la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

Quando un reato di spaccio può essere considerato di lieve entità?
Un reato di spaccio può essere considerato di lieve entità solo a seguito di una valutazione complessiva del fatto che tenga conto di mezzi, modalità e circostanze dell’azione, nonché della quantità, qualità e grado di purezza della sostanza stupefacente.

È sufficiente che un solo elemento del reato sia grave per escludere lo spaccio di lieve entità?
Sì, secondo la Corte di Cassazione, anche la presenza di un solo elemento di particolare gravità (come la professionalità nell’attività di spaccio) è sufficiente a escludere che la lesione al bene giuridico protetto sia di lieve entità, negando così l’applicazione della fattispecie attenuata.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro (in questo caso 3.000 euro) in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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